Corruzione all’Aca, altri 2 anni di stipendio al presidente arrestato
Il 9 settembre l’assemblea per la nomina del nuovo cda A Di Cristoforo 103 mila euro in caso di licenziamento
PESCARA. Si sta per aprire uno scontro senza precedenti per il rinnovo dei vertici dell’Aca. L’assemblea dei sindaci che dovrebbe procedere alla sostituzione del consiglio di amministrazione della società dell’acqua roccaforte del Pd, richiesta a gran voce dal primo cittadino di Pescara Luigi Albore Mascia, è stata finalmente convocata: la riunione si terrà il prossimo 9 settembre.
E si preannuncia una riunione infuocata, perché i sindaci di centrodestra dei Comuni soci dell’Aca, intendono procedere alla sfiducia dell’attuale presidente Ezio Di Cristoforo, finito agli arresti domiciliari il 17 luglio e ora agli obblighi di dimora a Bolognano, nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti e appalti truccati, per poi procedere alla nomina di un nuovo amministratore o, addirittura, di un commissario.
Ma questa operazione rischia di costare un occhio della testa alla società, che potrebbe essere costretta a pagare lo stipendio a Di Cristoforo sino alla fine del suo mandato tra due anni. Una norma del Diritto societario prevede l’obbligo del pagamento delle indennità se la revoca del mandato dell’amministratore di una società pubblica dovesse avvenire senza giusta causa. Per questo c’è chi insiste per farlo dimettere, ma lui non sembra intenzionato a prendere in considerazione questa ipotesi. Considerando che il presidente percepisce 4.332 euro al mese di stipendio e il suo mandato scade nell’agosto del 2015, l’azienda dovrebbe rimborsargli, in caso di licenziamento, 103.968 euro.
L’amministrazione comunale di Pescara sostiene, invece, una tesi diversa. A suo dire, Di Cristoforo sarebbe già decaduto dalla sua carica perché, ai sensi dell’articolo 15 dello statuto della società, il presidente decade alla scadenza del mandato o in seguito alle dimissioni degli altri due componenti del consiglio di amministrazione. Infatti, la consigliera Concetta Di Luzio si è dimessa mentre il vice presidente Giuseppe Di Michele è in scadenza. Inoltre, sempre secondo il Comune di Pescara, l’applicazione delle norme della Spending review comporterebbe l’azzeramento dell’attuale management e la nomina di un nuovo consiglio che veda la presenza di due rappresentanti dei Comuni soci a costo zero per l’ente.
Ma queste tesi creano qualche perplessità. L’Avvocatura della Regione e il commissario dell’Ato Pierluigi Caputi avrebbero già avvertito dei rischi che potrebbe comportare un eventuale licenziamento di Di Cristoforo. In sostanza, l’Aca si troverebbe a pagare un doppio stipendio, al presidente uscente e quello che dovrebbe essere nominato in sostituzione di Di Cristoforo.
Quello che è certo, sino ad ora, è che il 9 settembre si terrà un’assemblea «informale» dei sindaci dei 64 Comuni soci dell’Aca per affrontare il tema della nuova governance aziendale, anche alla luce dei guai giudiziari in cui è rimasto coinvolto Di Cristoforo. La convocazione è stata firmata dal vice presidente dell’azienda Giuseppe Di Michele, ottemperando così alla richiesta sottoscritta lo scorso 8 agosto da 12 sindaci soci, tra cui Pescara e Chieti. La convocazione è stata inoltrata, oltre che ai vertici dell’Aca, anche al presidente del collegio sindacale, all’Ato e, per conoscenza, al prefetto. «Una riunione», ha commentato il sindaco Mascia, «che ci auguriamo non sia solo ed esclusivamente interlocutoria, come lascerebbe presagire il termine assemblea informale, ma che ci consenta di giungere al giro di vite atteso e necessario per garantire la continuità operativa dell’azienda».
Cosa potrà accadere alla riunione è difficile dirlo. Il Pd non sembra intenzionato a rinunciare alla guida dell’Aca, da sempre roccaforte dei democratici. Non tutti i sindaci di centrosinistra, però, sarebbero propensi a revocare l’incarico a Di Cristoforo. Tuttavia, già circola il nome del direttore generale Candeloro Forestieri, anche lui vicino alle posizioni del centrosinistra, come suo probabile successore alla presidenza.
Il Pdl si accontenterebbe, in compenso, della nomina di due dirigenti di fiducia.
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