Crisi del tessile senza fine: altre due chiusure nel pescarese
Si ferma Alice Confezioni a Cepagatti: 35 dipendenti a casa. Il gruppo Zegna annuncia lo stop della Inco a Montesilvano
PESCARA. È un settore «devastato», che ha già perso 1.200 posti di lavoro in cinque anni, con la chiusura di 35 aziende. E il declino del tessile non si arresta, tant’è che proprio in questi giorni si registra un altro addio. È quello della Alice Confezioni di Villereia di Cepagatti, che ha dato occupazione a circa 35 dipendenti, mentre per un'altra azienda che conta all'incirca lo stesso organico, cioè la In.co di Montesilvano, del gruppo Zegna, la situazione si fa sempre più nera.
Sono due esempi significativi di una «crisi che permane ed è molto grave», dice Domenico Ronca, della Filctem Cgil di Pescara. È stato ed è proprio lui a seguire le vicende di queste realtà produttive e a lanciare un appello alle istituzioni. «La Alice Confezioni di Cepagatti», dice, «chiude in questi giorni ma l'attività è già ferma da oltre un anno, tra cassa integrazione e solidarietà. Ora si conclude il percorso degli ammortizzatori sociali e non ci sono più margini di manovra».
Ad aggravare il quadro generale sono le prospettive a cui va incontro la In.co di Montesilvano, che non sono proprio rosee. «I 34 lavoratori (tutte donne, a parte due uomini) sono in contratto di solidarietà al 60 per cento, e si andrà avanti così fino a maggio 2016, quando scadranno i tre anni previsti», spiega sempre il sindacalista.
L'azienda, che è l'unica del gruppo a realizzare cravatte, «ci ha comunicato che non ha intenzione di proseguire, anche se c'è la possibilità di accedere ad altri ammortizzatori sociali. L'intenzione è quella di chiudere l'attività, mantenendo comunque la produzione in zona ricorrendo alla esternalizzazione», con la possibilità di reimpiego dell'organico. La trattativa è già in corso, in Regione, con la partecipazione dell'assessorato alle Attività produttive, e se ne riparlerà a fine mese, considerato che l'incontro di due giorni fa è saltato.
Il problema si proporrà concretamente a maggio del prossimo anno, alla scadenza dei contratti di solidarietà, ma è in corso il confronto sulle soluzioni prospettate dall’azienda nell'ultimo incontro, a luglio. Tra queste c’è la possibilità di spostamento delle maestranze nei poli che il Gruppo Zegna andrà a creare a Biella, Novara e Parma, oppure l'incentivo all'uscita per la ricollocazione».
Di fronte a questo bollettino di guerra, che cresce sempre più, Ronca chiede alle istituzioni di esserci. «Le cose potrebbero andare diversamente», osserva, «se ci fosse una strategia sul Made in Italy e sul made in Abruzzo, cioè sulla qualità delle imprese, dei prodotti. Avremmo più possibilità di contrapporci alla crisi, secondo me, quindi ritengo che si debba pensare a un utilizzo delle risorse pubbliche finalizzato alle aziende, attraverso attività di sostegno al marketing, all'utilizzo di internet, all'accesso ai mercati esteri. È vero che la situazione internazionale mette in difficolta anche le grandi aziende ma le possibilità da sfruttare ci sono, più che altrove. Se si puntasse su formazione, comunicazione e incentivi per le ristrutturazioni e le assunzioni, sarebbe già qualcosa». Il sindacalista ricorda poi una opportunità persa, cioè il «progetto del polo dell’alta moda, che langue da sette anni».
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