Crisi e sfratti, alla Caritas ora anche i commercianti
Ecco come è cambiata nell’ultimo anno l’utenza del centro d’ascolto La responsabile: si pensa prima a mangiare, poi alle bollette e infine all’affitto
PESCARA. «Qui arrivano edicolanti e fiorai, carrozzieri e proprietari di panifici. E poi titolari di ristoranti e pizzerie, non si può immaginare quanti. Sono tanti quelli che soffrono». La crisi economica che spesso porta a perdere il lavoro e a ruota la casa è tutta nelle parole di Monica D’Allevo, responsabile del centro d’ascolto Caritas. «Nell’ultimo anno», racconta, «abbiamo avuto molte più famiglie vittima di sfratti. Con la perdita del lavoro non si riescono più a pagare i canoni. E se con l’Ater si riesce a ottenere disponibilità a non cacciare la gente con i privati è ovviamente più difficile». Finire in mezzo alla strada quando i soldi sono pochi è paradossalmente l’unica possibilità per sopravvivere: «chi è in difficoltà pensa prima a mangiare, poi alle bollette e alla fine all’affitto», spiega la D’Allevo.
Ma una volta che si diventa morosi e poi sfrattati la difficoltà non sta soltanto nell’aver perso la casa, ma anche nel trovare una nuova sistemazione. «Chi ha perso il lavoro ed è stato sfrattato ovviamente non ha i soldi per dare la cauzione, fare il trasloco e pagare le prime mensilità», spiega la responsabile Caritas. Capita così che le famiglie siano costrette a chiedere aiuto ai parenti, spesso separandosi, oppure finiscano nelle strutture pubbliche: madri e figli da una parte e padri dall’altra.
Di storie così alla Caritas ne sono passate tante, così come tante sono state le persone che una volta erano addirittura benestanti e sono finite a chiedere aiuto al centro d’ascolto. C’è una coppia di pensionati, professionista lui impiegata lei, che si è ipotecata la casa per aprire un’attività col figlio e adesso sta perdendo tutto, ci sono i genitori con due pensioni alte che si ritrovano a mantenere i figli con famiglia rimasti disoccupati e, nonostante una casa di proprietà, chiedono i pacchi viveri.
Si vergognano, e tanto, i nuovi poveri. «Vedo ragazzi giovani, di 30/40 anni che mai si sarebbero aspettati di finire qua. La Caritas, poi, fa paura di per sè. E secondo me in tanti non arrivano per questo. Spesso arrivano quando sono troppo indebitati», spiega la D’Allevo.
Eppure ci sono opportunità per ottenere un aiuto prima che sia troppo tardi. «Noi abbiamo due possibilità per aiutare chi è in difficoltà. La prima è il Prestito della speranza che viene fatto alle coppie sposate che hanno difficoltà per la crisi. Vengono erogati 500 euro al mese per un anno al massimo, poi appena si trova lavoro si deve iniziare a restituire 120 euro al mese. Per chi ha un problema momentaneo invece c’è il progetto Pro vita grazie al quale si possono avere somme fino a 5 mila euro per pagare l’anticipo di una casa o le bollette. Ma può averlo soltanto chi ha un’entrata fissa e si restituisce dal mese successivo».
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