Crollo di incassi quando ci sono le partite
L’intercettazione su un giro di ragazze cinesi: la mia “cameriera” ha fatto 450 euro, così va bene
PESCARA. «Questa ragazza non parla italiano e, prima di fare questo lavoro, faceva la baby sitter: ha poca esperienza. Però, sa fare i prezzi: un giorno, ha fatto tre clienti a 70 euro ognuno, due a 50 euro a persona, un altro a 60 euro, a un altro cliente ancora gli ha fatto pagare 80 euro. Se questi sono i prezzi, sono contentissima». Così parla una cinese intercettata durante un’indagine sulle case d’appuntamento orientali a Pescara: 450 euro con una ragazza con «poca esperienza». Se non ci sono storie di sfruttamento dietro alle ragazze sudamericane, dell’Est Europa e alle italiane che si prostituiscono negli appartamenti, non è affatto così per le cinesi. L’inchiesta della squadra mobile, risalente a 4 anni fa, è ancora allo scoglio del processo e documenta una condizione di asservimento con le ragazze trattate come oggetti.
Dalle intercettazioni emerge come i cinesi pensino che Pescara sia una capitale del sesso a pagamento: «A Pescara c’è parecchio lavoro», commenta uno dei capi con un amico che gli chiede perché abbia aperto una casa di appuntamenti proprio a Pescara. Due le case squillo cinesi scoperte nel 2006 (una in via Venezia, l’altra piazza dei Martiri lancianesi); 5 nel 2007 (viale Kennedy, via D’Annunzio, via Salara Vecchia e via Antinori a Pescara e corso Umberto a Montesilvano); l’ultima nel 2010 in via Rossini. A Montesilvano, nel 2013, 6 i centri massaggi orientali sequestrati perché trasformati in «case della prostituzione».
Nelle telefonate intercettate, così racconta la donna che gestisce il lavoro delle prostitute, le ragazze sono trattate come macchine da soldi. «Da quando sono cominciate le partite dei mondiali, il lavoro è cominciato a scendere», dice a un’amica cinese interessata a fare la prostituta, «la ragazza mi ha detto, che un giorno ha fatto 6 clienti, 50 euro cadauno. Io sono rimasta un po’ male, perché 300 euro al giorno, sono pochi. La ragazza si è giustificata dicendo che lei non può fare nulla, se i clienti non tirano fuori più soldi».
Ma la padrona cinese è soddisfatta degli affari a Pescara perché i clienti pagano, eccome, soprattutto per non usare preservativi: «Io ho aperto da tre, quattro mesi. Comunque, va abbastanza bene e il prezzo è abbastanza alto... La mia “cameriera” ha detto che fa 70/80 euro a cliente». L’amica chiede se la tariffa base è di 50 euro. «Si, è normale 50 euro a cliente. Anche 50 euro, non è poco. Tu lo sai che io non ho mai fatto 30 euro a un cliente, minimo 50 euro. A Venezia come va?». «Non va tanto bene», risponde l’amica. La padrona: «Forse non va bene, perché c’è la partita dei mondiali. Io ho sentito i miei amici e tutti mi hanno detto la stessa cosa. A Verona avevo una casa di appuntamento, poi chiusa dalla polizia. Però, io ho aperto un’altra casa di appuntamento e anche là, c’è poco lavoro: la sera la gente non viene perché guarda la partita in televisione. Che dici, vuoi cambiare città?». «Sì, voglio cambiare», dice l’amica. «Vuoi venire a Pescara?», ecco la domanda che fotografa gli interessi che ruotano intorno alla città.
La condizione di sfruttamento – i capi dell’organizzazione «sottovalutano» la vita degli altri, così dice un rapporto della polizia – emerge anche dal racconto di una prostituta, aggredita in casa e violentata da un cliente che si è finto un poliziotto. In una telefonata con una centralinista, cioè una cinese con il compito di smistare gli appuntamenti, la prostituta racconta che «un cliente, dopo essere entrato in casa, si è presentato come appartenente alla polizia, prima mi ha violentata, non ha pagato e poi ha girato per tutta la casa cercando il denaro ma non è riuscito a trovare i soldi perché ben nascosti. Mi ha minacciato di portarmi via con le manette». (p.l.)
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