«Cure palliative, rete domiciliare decisiva» 

Il direttore dell’Hospice della Asl, Donatella Bosco: liste di attesa lunghissime, importante collaborare

PESCARA. Proseguono i lavori per l'ampliamento dell'hospice Bouganville, da 10 a 16 posti letto, per pazienti adulti. Resterà sempre aperta l'unica stanza di degenza dedicata ai bambini, mentre c’è in progetto di realizzare un hospice pediatrico all’ospedale di Pescara. Sono gli obiettivi a cui sta lavorando la Asl di Pescara per ristrutturare un luogo, l’hospice, la struttura a carattere residenziale dove i pazienti terminali, affetti da malattia oncologica e cronico-degenerativa che non rispondono più ai trattamenti specifici, ricevono assistenza h24 con terapie palliative, supporto psicologico e spirituale. Con loro, vengono seguiti anche familiari e persone vicine impreparati rispetto alla malattia. L’hospice Bouganville, nei padiglioni esterni all’ospedale, ma complementare al presidio sanitario, è anche una “casa” per i malati che possono svolgere attività ricreative, letture, giardinaggio e palestra all'aperto, pittura e lavoretti a mano. Il dipartimento è nato nel 2010 da una intuizione dell'allora primario Giovanni Bosco, a capo del dipartimento di Anestesia, Rianimazione, Cure palliative e Terapia del dolore, e della dottoressa Cristina Rebuzzi, e inaugurato nel 2012 dal primario di allora Tullio Spina. Dal 2018 la struttura è in capo al dipartimento dei servizi territoriali. Attualmente l'hospice conta 10 posti letto (che arriveranno a 16 quando i lavori di ristrutturazione iniziati lo scorso anno saranno terminati) per pazienti adulti e un appartamentino per la degenza di pazienti in età pediatrica. Altri 300 pazienti, tra cui 4 bambini, sono seguiti a domicilio con il supporto integrato dell’Adi, dai 4 medici in servizio (compreso il primario), 17 infermieri e un caposala, 8 Oss (operatori socio sanitari) , fisioterapisti e psicologi.
«Gli hospice nascono negli anni Settanta in Inghilterra», spiega l'attuale direttore del Bouganville, Donatella Bosco, «negli anni ’80 sono nate le cure palliative, terapie farmacologiche calibrate per ogni paziente, che migliorano la qualità della vita delle persone affette da malattie croniche inguaribili. Dobbiamo sfatare il mito che negli hospice si va a morire. I nostri pazienti sono malati oncologici, cronici, con demenze, arrivano dalla Stroke unit e dal pronto soccorso, hanno problematiche cardiopolmonari progressive e tutti i sintomi associati a quelle malattie, dispnea, insonnia, fatica a respirare. Ricevono assistenza h24 dal punto di vista terapeutico, ma anche supporti psicologici e c’è un assistente spirituale multireligioso che segue pazienti e familiari. La paura della morte è un tabù di questa società, se ne parla poco», prosegue la dottoressa, «invece è importante e il nostro lavoro è anche quello di aiutare le persone a superare la disperazione che solo dopo il sostegno, diventa accettazione».
«I pazienti arrivano dai reparti ospedalieri, dal pronto soccorso, segnalati dai medici di famiglia, abbiamo liste di attesa lunghissime, per questo puntiamo molto sull'assistenza domiciliare». La rete delle collaborazioni è fondamentale.
Il direttore dell’hospice auspica che l'ampliamento della struttura sia completata entro il 2025, «poi avremo bisogno di altro personale».