D'Alfonso prova l'inciucio con l'Udc
Trattativa per un seggio alla Camera, ma i centristi stoppano l'ex sindaco di Pescara
PESCARA. Le elezioni politiche possono apparire vicine o lontane, dipende da come uno le guarda. Luciano D'Alfonso, ex sindaco di Pescara, le vede vicinissime, e dalla sua falegnameria (lui che si dice «falegname della politica») alle elezioni dedica energie inesauribili.
Il problema di D'Alfonso è però trovare una lista che lo candidi, passando sopra gli appuntamenti giudiziari che prima o poi andranno a scadenza. L'ex sindaco si sente soprattutto dalfonsiano prima che bersaniano, veltroniano o generalmente democratico, e con questa ottica si sta muovendo (facendosi molto notare) nella scombinata attrezzeria della politica regionale, paralizzata dalle vicende romane.
Nei giorni scorsi D'Alfonso ha provato a mettere a punto un piano di attacco con un altro ambizioso e giovane politico, il presidente della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, al quale l'idea di invecchiare in corso Marrucino a Chieti risulta deprimente.
Se si dovesse andare alle elezioni e se il terzo polo si presentasse unito al voto, in Abruzzo otterrebbe con l'attuale legge elettorale tre seggi sicuri, uno al Senato e due alla Camera. Uno dei due seggi alla Camera andrà certamente all'Udc, e a questo sta puntando Di Giuseppantonio. L'attuale presidente della Provincia vuole il seggio sicuro, perché per correre dovrà dimettersi riportando il suo ente al voto (ai suoi il presidente dice che le dimissioni sarebbero giustificate dal mutamento del quadro politico nazionale e quindi anche della tenuta delle alleanze in giunta).
Ma il secondo seggio a chi andrà? Difficile che vada all'Udc. E' qui che si inserisce D'Alfonso, che chiede semplicemente di poter correre candidato nella zona d'ombra della scheda, quella dei "primi non eletti" dove solo un successo elettorale significativo porterebbe un seggio in più ai centristi. «Io porto i miei voti, dammi la possibilità di farli pesare», ha detto a Di Giuseppantonio.
Senza attendere la risposta, D'Alfonso si è anche messo al lavoro per aprire la giunta di Pescara all'Udc. Da qui l'irritazione del sindaco Luigi Albore Mascia, che non fidandosi del suo partito in Abruzzo, ha scritto direttamente a Berlusconi per sentirsi tutelato dalle manovre dalfonsiane e dalla disattenzione se non dalla tentazione dell'inciucio manifestata dai suoi (la lettera di Mascia e dei suoi assessori è dunque più fondata di quanto apparisse all'inizio).
Ma nell'Udc la cosa non sembra essere andata per il verso giusto. Se Di Giuseppantonio può dire di contare qualcosa in provincia di Chieti non è lo stesso a Pescara (e in Abruzzo) dove a pesare è il coordinatore regionale Rodolfo De Laurentiis, che è apparso molto irritato dalle iniziative dell'ex sindaco. De Laurentiis è tra l'altro uno dei più accreditati candidati di un eventuale cartello centrosinistra-terzo polo alle regionali del 2013 e qualsiasi azione corsara nel recinto dei potenziali alleati rischia di pregiudicargli il gioco.
In casa Pd si guarda a D'Alfonso con qualche preoccupazione. L'unica cosa di cui si è certi è che il partito è orientato a non candidarlo al Parlamento. D'Alfonso potrebbe chiedere che a decidere siano le primarie, appellandosi allo statuto del partito abruzzese, ma da Roma gli avrebbero già detto di lasciar perdere.
Il problema di D'Alfonso è però trovare una lista che lo candidi, passando sopra gli appuntamenti giudiziari che prima o poi andranno a scadenza. L'ex sindaco si sente soprattutto dalfonsiano prima che bersaniano, veltroniano o generalmente democratico, e con questa ottica si sta muovendo (facendosi molto notare) nella scombinata attrezzeria della politica regionale, paralizzata dalle vicende romane.
Nei giorni scorsi D'Alfonso ha provato a mettere a punto un piano di attacco con un altro ambizioso e giovane politico, il presidente della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, al quale l'idea di invecchiare in corso Marrucino a Chieti risulta deprimente.
Se si dovesse andare alle elezioni e se il terzo polo si presentasse unito al voto, in Abruzzo otterrebbe con l'attuale legge elettorale tre seggi sicuri, uno al Senato e due alla Camera. Uno dei due seggi alla Camera andrà certamente all'Udc, e a questo sta puntando Di Giuseppantonio. L'attuale presidente della Provincia vuole il seggio sicuro, perché per correre dovrà dimettersi riportando il suo ente al voto (ai suoi il presidente dice che le dimissioni sarebbero giustificate dal mutamento del quadro politico nazionale e quindi anche della tenuta delle alleanze in giunta).
Ma il secondo seggio a chi andrà? Difficile che vada all'Udc. E' qui che si inserisce D'Alfonso, che chiede semplicemente di poter correre candidato nella zona d'ombra della scheda, quella dei "primi non eletti" dove solo un successo elettorale significativo porterebbe un seggio in più ai centristi. «Io porto i miei voti, dammi la possibilità di farli pesare», ha detto a Di Giuseppantonio.
Senza attendere la risposta, D'Alfonso si è anche messo al lavoro per aprire la giunta di Pescara all'Udc. Da qui l'irritazione del sindaco Luigi Albore Mascia, che non fidandosi del suo partito in Abruzzo, ha scritto direttamente a Berlusconi per sentirsi tutelato dalle manovre dalfonsiane e dalla disattenzione se non dalla tentazione dell'inciucio manifestata dai suoi (la lettera di Mascia e dei suoi assessori è dunque più fondata di quanto apparisse all'inizio).
Ma nell'Udc la cosa non sembra essere andata per il verso giusto. Se Di Giuseppantonio può dire di contare qualcosa in provincia di Chieti non è lo stesso a Pescara (e in Abruzzo) dove a pesare è il coordinatore regionale Rodolfo De Laurentiis, che è apparso molto irritato dalle iniziative dell'ex sindaco. De Laurentiis è tra l'altro uno dei più accreditati candidati di un eventuale cartello centrosinistra-terzo polo alle regionali del 2013 e qualsiasi azione corsara nel recinto dei potenziali alleati rischia di pregiudicargli il gioco.
In casa Pd si guarda a D'Alfonso con qualche preoccupazione. L'unica cosa di cui si è certi è che il partito è orientato a non candidarlo al Parlamento. D'Alfonso potrebbe chiedere che a decidere siano le primarie, appellandosi allo statuto del partito abruzzese, ma da Roma gli avrebbero già detto di lasciar perdere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA