Delitto Neri, la svolta a un passo: nell’auto l’impronta dell’assassino
Il reperto trovato dagli esperti del Ris apparterrebbe a uno degli indagati già sentiti dal pm Sciarretta È uno dei personaggi che gravitava nell’ambiente dello spaccio di droga, presunto movente del delitto
PESCARA. Si stringe il cerchio della procura di Pescara attorno all'assassino di Alessandro Neri, ucciso a 28 anni. Questa volta il pm Luca Sciarretta pare sia a un passo dall’incastrare chi il 5 marzo del 2018 uccise il giovane Nerino, come lo chiamavano gli amici, con due colpi di pistola: un delitto che si scoprì solo tre giorni dopo, con il ritrovamento del corpo in una zona di campagna di Fosso Vallelunga.
La svolta arriva da una impronta, nitida, che gli esperti del Ris dei carabinieri ritrovarono nell’auto della vittima: quella Fiat 500 rossa che venne parcheggiata in pieno centro a Pescara, in via Mazzini. Era stata ben ripulita, ma gli esperti sono riusciti a trovare quella impronta, e il magistrato a individuare chi l'avrebbe lasciata. Un personaggio che era già nel mirino degli inquirenti e che adesso sarebbe stato formalmente indagato per omicidio e addirittura sembra già sentito dal pm Sciarretta e dai carabinieri del Ros che da oltre un anno hanno preso in mano le redini delle indagini portate avanti in assoluta riservatezza. Lo spazio di manovra degli investigatori è sempre lo stesso: quello che sin dal primo momento aveva fatto indirizzare le indagini fra la cerchia di amicizie pericolose di Alessandro Neri e in particolare di chi gravita nel mondo dello spaccio di droga. Quella impronta è però un passaggio fondamentale dell'inchiesta, perché potrebbe collegare l’indagato principale al delitto.
Quel pomeriggio, quando Nerino uscì di casa con diecimila euro in contanti, che probabilmente dovevano servire per un affare andato male, lasciò la macchina parcheggiata in centro e qualcuno lo accompagnò all'incontro con il suo assassino. Gli inquirenti in questo ultimo periodo hanno impresso una accelerazione alle indagini, e stanno agendo con una strategia ben precisa: quella di accerchiare l'omicida. Si può leggere in questo modo anche l’interrogatorio che il magistrato ha fatto qualche settimana fa con i primi due iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio (il numero totale adesso sarebbe comunque salito a cinque): due che avevano una stretta conoscenza con Nerino e che frequentavano con lui un circolo legato alla tifoseria del Pescara.
Due pedine che verosimilmente servivano per arrivare al vero obiettivo della procura che sarebbe quest’ultimo indagato. Quel pomeriggio Neri venne portato in quel luogo fuori mano proprio per chiarire evidentemente qualche aspetto del loro legame affaristico. Ma poi la cosa degenerò e da una semplice intimidazione con la pistola si arrivò al colpo mortale in testa, dopo che la vittima era stata raggiunta al fianco, forse per un colpo partito per sbaglio. Ma una volta partito quel primo colpo non si poteva più tornare indietro. E da qui la decisione di mettere in atto l'esecuzione.
La svolta arriva da una impronta, nitida, che gli esperti del Ris dei carabinieri ritrovarono nell’auto della vittima: quella Fiat 500 rossa che venne parcheggiata in pieno centro a Pescara, in via Mazzini. Era stata ben ripulita, ma gli esperti sono riusciti a trovare quella impronta, e il magistrato a individuare chi l'avrebbe lasciata. Un personaggio che era già nel mirino degli inquirenti e che adesso sarebbe stato formalmente indagato per omicidio e addirittura sembra già sentito dal pm Sciarretta e dai carabinieri del Ros che da oltre un anno hanno preso in mano le redini delle indagini portate avanti in assoluta riservatezza. Lo spazio di manovra degli investigatori è sempre lo stesso: quello che sin dal primo momento aveva fatto indirizzare le indagini fra la cerchia di amicizie pericolose di Alessandro Neri e in particolare di chi gravita nel mondo dello spaccio di droga. Quella impronta è però un passaggio fondamentale dell'inchiesta, perché potrebbe collegare l’indagato principale al delitto.
Quel pomeriggio, quando Nerino uscì di casa con diecimila euro in contanti, che probabilmente dovevano servire per un affare andato male, lasciò la macchina parcheggiata in centro e qualcuno lo accompagnò all'incontro con il suo assassino. Gli inquirenti in questo ultimo periodo hanno impresso una accelerazione alle indagini, e stanno agendo con una strategia ben precisa: quella di accerchiare l'omicida. Si può leggere in questo modo anche l’interrogatorio che il magistrato ha fatto qualche settimana fa con i primi due iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio (il numero totale adesso sarebbe comunque salito a cinque): due che avevano una stretta conoscenza con Nerino e che frequentavano con lui un circolo legato alla tifoseria del Pescara.
Due pedine che verosimilmente servivano per arrivare al vero obiettivo della procura che sarebbe quest’ultimo indagato. Quel pomeriggio Neri venne portato in quel luogo fuori mano proprio per chiarire evidentemente qualche aspetto del loro legame affaristico. Ma poi la cosa degenerò e da una semplice intimidazione con la pistola si arrivò al colpo mortale in testa, dopo che la vittima era stata raggiunta al fianco, forse per un colpo partito per sbaglio. Ma una volta partito quel primo colpo non si poteva più tornare indietro. E da qui la decisione di mettere in atto l'esecuzione.