il processo
Discarica Bussi, la sentenza prevista per il 19 dicembre
La replica dell’accusa al processo in Corte d'Assise a Chieti per la megadiscarica della Montedison: "Gli imputati erano consapevoli di avvelenare"
CHIETI. Sarà emessa il prossimo 19 dicembre, come da calendario fissato dalla Corte d'Assise di Chieti, la sentenza del processo per le cosiddette discariche dei veleni della Montedison scoperte a Bussi sul Tirino. Oggi l'intera udienza, conclusasi in serata, è stata dedicata alle repliche dei pubblici ministeri e dell'Avvocatura dello Stato, Avvocatura alle cui conclusioni si sono richiamate anche le altre parti civili. Il 19 dicembre è prevista una replica della difesa, quindi il collegio si ritirerà in camera di consiglio. Gli imputati sono 19, accusati di disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Le partici civili sono 27, tra queste la Presidenza del Consiglio, il ministero dell'Ambiente, la Regione, enti territoriali e associazioni
Quella della pubblica accusa è stata una lunga replica: iniziata questa mattina con il pm Giuseppe Bellelli e proseguita, anche nel pomeriggio dalla sua collega Annarita Mantini. «I legali degli imputati, invece di difendersi sui fatti incontrovertibili, hanno utilizzato gli stratagemmi shopenhaueriani dell'arte di ottenere ragione trattando i giudici della Corte come delle persone incolte». È questo in sintesi quanto espresso dal Pm Giuseppe Bellelli nella sua contro requisitoria oggi in Corte d'Assise a Chieti per il processo della mega discarica dei veleni della Montedison di Bussi sul Tirino ( Pescara). Il processo è giunto alle sue fasi finali e la sentenza potrebbe essere emessa prima di Natale.
Nella sua contro requisitoria il pm Giuseppe Bellelli ha citato anche una canzone scritta dalla coppia Dario Fo-Enzo Jannacci, “Ho visto un re”.
Bellelli ha recitato parte del testo riferendosi agli imputati e alla Montedison, ossia «“...e sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco al cardinale, diventan tristi se noi piangiam...”, ed abbiamo precisato nel nostro caso “al ricco”».
I pm non hanno rilasciato dichiarazioni nelle pause del loro intervento. Secondo uno dei legali di parte civile, Lino Sciambra, la pubblica accusa ha smantellato tutto l'impianto difensivo degli imputati, sostenendo in punto di diritto un fatto importante e cioè che non è vera la tesi della difesa secondo cui la normativa ambientale è diventata stringente dal 1982 in poi ma che già nel codice civile, nel codice penale, nelle direttive della comunità europea, c'erano e ci sono norme che impedivano ciò che è stato commesso. E sul dolo i pubblici ministeri hanno sottolineato che vi era la consapevole volontà di avvelenare al fine di risparmiare sui costi della bonifica.
In Aula sono entrati, salvo poi andare via per altri impegni, anche il presidente della Regione Luciano D'Alfonso con gli assessori Silvio Paolucci e Mario Mazzocca, e il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio. Rispondendo alla domanda su cosa si stia facendo per la bonifica dei siti inquinati, D'Alfonso ha sottolineato che: «Ci si sta determinando in maniera tale che ciascuno faccia la sua parte, a partire da coloro i quali hanno le competenze delle amministrazioni centrali», ha detto. Quindi ha aggiunto: «Noi teniamo a quel patrimonio di acqua che è il fiume Pescara ma anche alla vita che circonda quel patrimonio di acqua. Noi vogliamo primo che si completi la caratterizzazione ambientale, secondo che si attivi la bonifica dei siti, terzo che in maniera efficace si completi anche la messa sicurezza; quarto, ad opera della Regione, che si insedi un Osservatorio epidemiologico che tenga da conto il fatto straordinariamente, demolitivo, distruttivo che si è verificato».