Don Palmerino, da 70 anni al servizio dei suoi fedeli
Il sacerdote ha festeggiato ieri con un’affollata messa nella chiesa del Rosario l’anniversario della sua ordinazione, avvenuta a San Cetteo il 29 giugno del 1949
PESCARA. Tutti i pomeriggi, nonostante i suoi 92 anni e i problemi alla vista che da anni ormai gli impediscono di leggere, don Palmerino non risparmia di celebrare la messa nella sua chiesa della Beata Vergine Maria del Rosario, in via Cavour. Un rito, quello della celebrazione eucaristica di uno dei sacerdoti più longevi d’Abruzzo, che si ripete anche la domenica mattina. E, se gli capita di incontrare per strada o fra i banchi della chiesa qualche suo ex alunno del liceo classico divenuto ormai adulto, non ci pensa due volte e gli chiede subito di recitargli a memoria il Padre Nostro in greco come avveniva ai tempi della scuola.
Ieri, don Palmerino Di Sciascio ha tagliato il traguardo del 70° anniversario dall’ordinazione sacerdotale. Per festeggiare la ricorrenza nel pomeriggio è stata celebrata una messa solenne, con l’arcivescovo Tommaso Valentinetti nella chiesa che lo stesso sacerdote ha contribuito a fondare l’8 maggio 1956, giorno della posa della prima pietra, e intorno alla quale oggi è cresciuto un intero quartiere. Icona della cristianità pescarese e uomo simbolo della diocesi di Pescara-Penne, don Palmerino Di Sciascio a pochi giorni dal suo 93° compleanno (compirà gli anni il 18 luglio) è attivo a tutto tondo nella sua parrocchia, assieme al parroco Rodolfo Soccio al quale ha lasciato il testimone. Come raccontano le nipoti che si prendono cura di lui, Maria e Donatella, con la sua visione religiosa aperta e accogliente, in linea con il messaggio di fede, entusiasmo e umiltà di papa Francesco, don Palmerino continua a essere un punto di riferimento per la comunità religiosa di piazza Duca degli Abruzzi e per l’intera famiglia. Laureato in Diritto canonico e Diritto civile è stato anche avvocato rotale.
«Zio Palmerino è sempre stato presente», racconta la nipote Maria, «in ogni momento della nostra vita, ci ha trasmesso valori come il rispetto, la serietà e la convivialità nel rapporto con gli altri, oltre alla gioia e alla bellezza del messaggio cristiano».
Il nome, Palmerino, che vuol dire portatore di palma, gli fu dato dai genitori Filomena Colasante e Luigi Di Sciascio come atto di riguardo verso il medico che lo fece nascere all’ospedale di Guardiagrele, Palmerino Liberatoscioli. La vocazione religiosa, come racconta anche il cugino Sergio Di Sciascio, lo raggiunse a 11 anni quando decise di frequentare il seminario diocesano a Chieti. Dopo la parentesi del secondo conflitto mondiale, proseguì gli studi e fu nominato sacerdote a Pescara, il 29 giugno 1949, nella cattedrale di San Cetteo, alla presenza del vescovo di Chieti – Vasto, Giovanni Battista Bosio. Dopo l’ordinazione sacerdotale iniziò subito il lavoro pastorale a Pescara e, in contemporanea, cominciò a insegnare religione nelle scuole medie e al liceo classico. «È un uomo di cultura», aggiunge la nipote Donatella, «un umanista in senso lato. Il problema alla vista che gli impedisce di leggere è un dolore con cui deve convivere da anni. Conserva un’ottima memoria nonostante l’età, racconta spesso delle sue esperienze da insegnante di religione al liceo classico D’Annunzio e riconosce sempre gli ex alunni che spesso vengono a trovarlo».
La costruzione della chiesa in via Cavour risale a un incontro fra don Palmerino e il vescovo Benedetto Falcucci, che gli confidò il proposito di edificare nella periferia nord di Pescara, nella zona delle tribune della mitica “Coppa Acerbo”, una nuova parrocchia da dedicare alla “Beata Vergine Maria del Rosario”. Come primo atto, don Palmerino aprì una cappella provvisoria in una casa e diede inizio alle funzioni religiose il 7 dicembre 1951 ma, quando il tempo lo permetteva, la messa si svolgeva in piazza. Alla cerimonia della posa della prima pietra partecipò anche l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Lercaro, mentre l’allora sindaco Vincenzo Chiola si occupò della parte burocratica. In anni recenti il Comune gli ha assegnato un’onorificenza quale «sincero atto di ringraziamento da parte della città per una persona che si è distinta per un’azione di grande valore e di profondo interesse per la comunità e per l’opera pastorale svolta in questi decenni a Pescara».
«Ha sempre vissuto l’ortodossia religiosa in maniera aperta», conclude Donatella Di Sciascio, «non l’ho mai sentito giudicare una persona o esprimere un giudizio negativo nei confronti delle situazioni che gli sono capitate, forse perché anche grazie alla sua esperienza di avvocato rodale è venuto in contatto le vicende umane più disparate. Sotto questo punto di vista è sempre stato molto moderno».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Ieri, don Palmerino Di Sciascio ha tagliato il traguardo del 70° anniversario dall’ordinazione sacerdotale. Per festeggiare la ricorrenza nel pomeriggio è stata celebrata una messa solenne, con l’arcivescovo Tommaso Valentinetti nella chiesa che lo stesso sacerdote ha contribuito a fondare l’8 maggio 1956, giorno della posa della prima pietra, e intorno alla quale oggi è cresciuto un intero quartiere. Icona della cristianità pescarese e uomo simbolo della diocesi di Pescara-Penne, don Palmerino Di Sciascio a pochi giorni dal suo 93° compleanno (compirà gli anni il 18 luglio) è attivo a tutto tondo nella sua parrocchia, assieme al parroco Rodolfo Soccio al quale ha lasciato il testimone. Come raccontano le nipoti che si prendono cura di lui, Maria e Donatella, con la sua visione religiosa aperta e accogliente, in linea con il messaggio di fede, entusiasmo e umiltà di papa Francesco, don Palmerino continua a essere un punto di riferimento per la comunità religiosa di piazza Duca degli Abruzzi e per l’intera famiglia. Laureato in Diritto canonico e Diritto civile è stato anche avvocato rotale.
«Zio Palmerino è sempre stato presente», racconta la nipote Maria, «in ogni momento della nostra vita, ci ha trasmesso valori come il rispetto, la serietà e la convivialità nel rapporto con gli altri, oltre alla gioia e alla bellezza del messaggio cristiano».
Il nome, Palmerino, che vuol dire portatore di palma, gli fu dato dai genitori Filomena Colasante e Luigi Di Sciascio come atto di riguardo verso il medico che lo fece nascere all’ospedale di Guardiagrele, Palmerino Liberatoscioli. La vocazione religiosa, come racconta anche il cugino Sergio Di Sciascio, lo raggiunse a 11 anni quando decise di frequentare il seminario diocesano a Chieti. Dopo la parentesi del secondo conflitto mondiale, proseguì gli studi e fu nominato sacerdote a Pescara, il 29 giugno 1949, nella cattedrale di San Cetteo, alla presenza del vescovo di Chieti – Vasto, Giovanni Battista Bosio. Dopo l’ordinazione sacerdotale iniziò subito il lavoro pastorale a Pescara e, in contemporanea, cominciò a insegnare religione nelle scuole medie e al liceo classico. «È un uomo di cultura», aggiunge la nipote Donatella, «un umanista in senso lato. Il problema alla vista che gli impedisce di leggere è un dolore con cui deve convivere da anni. Conserva un’ottima memoria nonostante l’età, racconta spesso delle sue esperienze da insegnante di religione al liceo classico D’Annunzio e riconosce sempre gli ex alunni che spesso vengono a trovarlo».
La costruzione della chiesa in via Cavour risale a un incontro fra don Palmerino e il vescovo Benedetto Falcucci, che gli confidò il proposito di edificare nella periferia nord di Pescara, nella zona delle tribune della mitica “Coppa Acerbo”, una nuova parrocchia da dedicare alla “Beata Vergine Maria del Rosario”. Come primo atto, don Palmerino aprì una cappella provvisoria in una casa e diede inizio alle funzioni religiose il 7 dicembre 1951 ma, quando il tempo lo permetteva, la messa si svolgeva in piazza. Alla cerimonia della posa della prima pietra partecipò anche l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Lercaro, mentre l’allora sindaco Vincenzo Chiola si occupò della parte burocratica. In anni recenti il Comune gli ha assegnato un’onorificenza quale «sincero atto di ringraziamento da parte della città per una persona che si è distinta per un’azione di grande valore e di profondo interesse per la comunità e per l’opera pastorale svolta in questi decenni a Pescara».
«Ha sempre vissuto l’ortodossia religiosa in maniera aperta», conclude Donatella Di Sciascio, «non l’ho mai sentito giudicare una persona o esprimere un giudizio negativo nei confronti delle situazioni che gli sono capitate, forse perché anche grazie alla sua esperienza di avvocato rodale è venuto in contatto le vicende umane più disparate. Sotto questo punto di vista è sempre stato molto moderno».
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