Dragaggio, le barche mettono radici

I marinai si preparano al ritorno in mare, ma spuntano piante e fiori tra le reti. Leardi: 50 portuali a rischio licenziamento

PESCARA. Sono cresciute le piante tra le reti ammucchiate da dieci mesi nella stiva delle barche. Erba spontanea e in mezzo qualche fiore giallo. Se ne sono accorti ieri mattina i pescatori, quando con l’avvio dei lavori della draga “Cobra” si sono convinti a riprendere in mano gli attrezzi da pesca e a provvedere a quei lavori di manutenzione indispensabili per preparare le imbarcazioni al ritorno in mare aperto. Una risata amara accompagna la conta dei danni: dopo 435 giorni di chiusura del porto è necessario ricomprare gli estintori, acquistare le provviste, riparare i cavi arrugginiti e mettersi in regola con le nuove disposizioni comunitarie, che prevedono l’obbligo di nuovi strumenti a bordo. «Altri soldi», commentano amari i lupi di mare, chiedendosi quando potranno finalmente scrivere il segno più sulla lista delle entrate e delle uscite. La vegetazione spontanea adesso è in bella mostra sul ponte della barca “Padre Mariano”. Le piante hanno trovato terreno fertile nella sabbia rimasta attaccata alle reti, da troppo tempo rimaste inutilizzate. I marinai che annodano le reti le indicano col dito ai passanti, per mostrare il segno del tempo e dell’usura. «Ci vogliono almeno 3 anni per rimetterci in carreggiata», prova a fare una stima l’armatore Mario Camplone, «per il momento dobbiamo solo pagare: 400 euro per la revisione, altri 300 per i due estintori e non si sa quanto per il logbook elettronico. Ma dove li prendiamo noi i soldi?».

Il ritorno in mare è stimato per il 6 maggio, «salvo imprevisti», ripetono i portuali. In attesa che vengano predisposti i nuovi allacci per l’approvvigionamento idrico ed elettrico sulla banchina sud, dove dovranno essere spostate le imbarcazioni, la Direzione marittima ha già delimitato con le boe rosse e verdi lo specchio d’acqua all’imbocco del canale. Quella zona, cioè, dove sono stati rimossi i primi 25mila metri cubi di sedimenti e dove dovranno transitare le barche per evitare di incagliarsi a causa dei fondali troppo bassi. Da ieri mattina anche la seconda draga, la “Cobra”, ha iniziato a rimuovere il fango dall’avamporto e dal canale. Il mezzo, di proprietà della ditta romana Sidra affiancherà la “Fioravante” nelle operazioni di scavo. L’obiettivo è completare la prima parte dell’intervento in 65-70 giorni. Resta da sciogliere il nodo della darsena commerciale, il cui dragaggio dovrebbe iniziare dopo l’estate. Per la terza estate i 50 portuali che lavorano come operai e amministrativi si troveranno senza entrate né garanzie. «A febbraio gli ammortizzatori sociali sono terminati», spiega Gianni Leardi della Sanmar, «e non potendo fare altro arriveranno i licenziamenti». Gli imprenditori Nicolaj, coinvolti nell’inchiesta del dragaggio, hanno chiesto tramite il loro avvocato Sabatino Ciprietti il dissequestro di 107 mila euro: la somma era stata sequestrata sui conti perché, per l’accusa, sarebbe stata il «profitto ingiusto del reato di truffa».

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