Droga, spaccio a Pescara: ecco la mappa dei clan

Le case popolari di Rancitelli attirano tossicodipendenti da tutto l’Abruzzo Gli interessi delle famiglie Ciarelli e Spinelli, di tunisini e marocchini

PESCARA. Custodisce «un centro commerciale della droga» la Pescara città abruzzese dello shopping. Se corso Umberto, corso Vittorio Emanuele e via Nicola Fabrizi sono le strade delle griffe, via Tavo, via Lago di Capestrano e via Lago di Borgiano sono le strade dello spaccio: «Qui ci sono i negozi della droga», rivela un investigatore che, per 10 anni, è stato in prima linea. Negozi in serie per soddisfare i bisogni di droga non soltanto di Pescara ma anche del resto d’Abruzzo. È il Ferro di cavallo di via Tavo, l’agglomerato di case popolari dipinte di giallo, il fortino dello spaccio che copia il modello Scampia, a Napoli: qui, le famiglie rom tengono in mano le redini dello spaccio e i tossicodipendenti come fantasmi cercano un rifugio per iniettarsi la dose appena acquistata. Il parco dell’Infanzia, abbandonato, e i ruderi dei palazzi ex Clerico sono i posti che si riempiono di siringhe. L’ultima operazione dei carabinieri contro lo spaccio di droga, 9 arresti il 25 giugno scorso, porta proprio a Rancitelli e ai Ciarelli.

«Ma negli appartamenti del Ferro di cavallo», spiega l’investigatore, «non troverai mai tanti chili di droga: la roba si vende al dettaglio. I depositi, che sono custoditi dagli insospettabili, stanno da un’altra parte. La verità è che la miseria porta devianza». Così, è del 16 maggio scorso, la scoperta che un ragazzo di 20 anni, incensurato e residente al Ferro di cavallo, ha fatto da custode alla droga degli zingari. Significa che, all’apice della piramide, ci sono i rom e, scendendo verso gli ultimi gradini della manovalanza, si trovano anche i ragazzi che non trovano e non vogliono trovare lavoro. Fanno i pali, pronti a fischiare se arriva una pattuglia.

«A Rancitelli, la droga è arrivata dal 1985 e l’hanno portata i parenti di Massimo e Angelo Ciarelli», dice l’investigatore. Sono 2 i fratelli finiti in carcere per gli ultimi 2 omicidi commessi a Pescara, i delitti di Domenico Rigante e Tommaso Cagnetta: «Il primo a commerciare, proprio in via Vico Moro, è stato Domenico Ciarelli, detto Attila, capostipite della famiglia ormai morto», spiega la fonte riservata. Nel giro di un pugno di anni, il commercio è esploso: anche gli Spinelli hanno fiutato l’affare, partendo da San Donato. Anno dopo anno, la concorrenza ha fatto il posto all’alleanza tra i clan. I signori della droga si riforniscono dagli albanesi. Se Rancitelli è il negozio, le trattative per i grandi carichi si fanno da un’altra parte: un’indagine dei carabinieri nel 2008 ha dimostrato la presenza di un boss albanese, detto Cravattone, a Montesilvano, in via Marche, a casa di Guerino e Maria Spinelli.

A San Donato, oggi, lo spaccio è calato e quello che resta è in mano ai tossicodipendenti. A Zanni, dopo anni di blitz con i traffici filmati dalle telecamere della polizia e le denunce delle madri, la droga è quasi scomparsa. Così, dopo Rancitelli, c’è Fontanelle con un gruppo di rom e piccoli malavitosi che riforniscono il mercato e lo fanno con prepotenza come dicono gli atti intimidatori inferti a chi ha denunciato reati. Il 2 maggio scorso, proprio qui sono stati sequestrati quasi 750 grammi di droga e più di 12 mila euro.

«Il centro non ha padroni», racconta l’investigatore. È qui che si mischiano i pescaresi, i tunisini e i marocchini che si contendono lo spaccio nei locali della movida, in piazza Salotto e nei giardini di piazza Primo maggio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA