Ecco com'è ridotto Eriberto, l'ex il locale dei vip pescaresi
Dalla dolce vita con Galeone al ristorante chiuso dal 2008, anche gli ultimi proprietari si arrendono: "Abbiamo comprato questa struttura per proseguire una tradizione di mezzo secolo, ma è morta"
PESCARA. Raccontano che la notte momorabile di Eriberto fu quella del 1° giugno 1990 quando nello stabilimento tirarono fino all’alba i giocatori del Brasile e dell’Italia reduci dall’amichevole all’Adriatico per l’addio al calcio di Leo Junior.
Di quella notte di 23 anni fa con i primi bagnanti che andarono in spiaggia nel marasma di piatti, bicchieri e bottiglie vuote resta un pianoforte buttato in un angolo a mo’ di orchestra del Titanic, retaggio dei fasti di un tempo che, per Eriberto, lo stabilimento capofila della riviera adriatica, si è fermato al 2008. A quell’anno risalgono le pile di sedie e di pentole in cucina e, fermo a cinque anni fa, è il salone delle feste di quasi mille metri quadrati, chicca pescarese sul mare, ritrovo mondano della città, bigliettino da visita dove accogliere Ayrton Senna e ambiente appartato per riunioni tra politici e industriali.
Che fine ha fatto Eriberto? Il glorioso stabilimento chiamato come lui, Eriberto Mastromattei, l’inventore delle palme, il primo a portare i campi da tennis a due passi dal mare, è morto, passato di mano in mano tra una selva di gestori e finito invischiato in un intoppo burocratico che non vede la luce e che lascia, in centro, a ridosso della chiesa di Sant’Antonio, un quasi rudere che non di rado, negli ultimi anni, è diventato ritrovo di barboni. Eppure, Anna Di Giambattista insieme al marito Gianni Di Francesco – dopo aver comprato già la spiaggia e i campi da tennis diventati “Tartarughino” – avevano mirato allo stabilimento, alla grande struttura che ospitava il bar e il ristorante vista mare, proprio per la sua tradizione e per rinverdirla. «A noi non interessava comprare uno stabilimento», dice Di Giambattista, «a noi interessava comprare Eriberto». Così, il 26 maggio 2008, quando la storia di Eriberto non era più da tempo legata al suo animatore, i due comprano la Ristorazione srl, la società titolare dello stabilimento per 850 mila euro con l’idea, come spiega Di Giambattista, «di avere una proprietà unica per la spiaggia, i campi da tennis e il ristorante e poter sfruttare il complesso per trasformarlo in una struttura ricettiva per il turismo». «All’epoca», prosegue la titolare, «mi dicevo “non lascerò mai Eriberto”, adesso sto cercando di vendere il ristorante: sono in trattativa». L’inghippo, secondo Di Giambattista che, nel frattempo è titolare con il marito di Tartarughino che gestisce spiaggia e campi, nascerebbe da alcuni abusi che vengono riscontrati e «di cui non ne ero a conoscenza», dice. Da qui, la titolare avvia con la vecchia gestione un contenzioso ancora in corso da cinque anni e che riguarda anche la titolarità della concessione. «Prima il Comune», illustra, «ci ha notificato un ordine di demolizione di due gradinate che portano al piano inferiore, perché ritenute abusive. Poi, abbiamo depositato una sanatoria con permesso a costruire, ma tutto è bloccato».
All’ombra di tante carte, ricorsi e sentenze che, per il momento hanno detto che la concessione è ancora del vecchio gestore – «ma è stata pagata da me», aggiunge Di Giambattista – resta uno stabilimento chiuso almeno dal 2008, un altro simbolo di Pescara abbandonato e scomparso in cui, negli anni passati, era di casa Giovanni Galeone mentre, recentemente, come aggiunge la donna, è diventato uno spazio scelto dai senzatetto. «Le attività chiudono», aggiunge la titolare, «perché c’è la crisi. Eriberto, invece, sta morendo per la burocrazia». «Non è stato possibile tenere alto il nome di questo posto e, adesso, sto cercando di venderlo», continua Di Giambattista rassegnata al declino: «Non do la colpa a nessuno ma ho tentato in ogni modo».
Racconta la donna di essersi già rivolta varie volte alle istituzioni, agli avvocati, ai politici rimasti indifferenti di fronte a un “caso”, allo stabilimento passato dalla dolce vita alle pile di piatti, a un materassino appoggiato a terra, alle sedie alla parete, a un pianoforte chiuso, a una cucina in cui il tempo si è fermato al 2008. Dopo la gestione di Mastromattei, interrotta nel 1989 quando comprò il Jambo, lo stabilimento in centro è stato gestito da varie persone fino a un lento declino iniziato nel 2006. A sopravvivere sono stati la spiaggia e i campi da tennis che non sono più sotto l’insegna Eriberto ma sotto quella di Tartarughino della coppia.
«Il mio ennesimo appello? Di non restare indifferenti a uno stabilimento che i politici conoscono bene e in cui hanno cenato per una vita. Di questo passo, Eriberto diventerà un campo profughi».
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