Ecco il rapporto che blocca il rimboschimento milionario

15 Settembre 2017

Il Servizio Foreste della Regione denuncia: «Alimenta il racket degli incendi e costa 206 milioni». Il dossier, consegnato a D’Alfonso, è stato determinante per fermare gli appalti d’oro post-roghi

PESCARA. Il rimboschimento alimenta il racket degli incendi. Costa più dell’oro: nel caso dell’Abruzzo 206 milioni di euro. E i risultati, anche dopo venti o trent’anni, sono deludenti. Per di più non risolve, in alcun modo, il pericolo del dissesto idrogeologico. In trenta pagine, di un rapporto riservato, gli esperti della Regione Abruzzo demoliscono il business del rimboschimento artificiale, degli appalti d’oro e dei sospetti su cui indagano le procure di Sulmona, Avezzano e L’Aquila. Siamo venuti in possesso della lunga e articolata relazione.
E’ un dossier sugli effetti di 206 roghi che hanno devastato le montagne d’Abruzzo. E sulle soluzioni per far ricrescere pini neri e querce, di quasi 4mila ettari di boschi devastati da fiamme dolose, senza spendere nulla.
Il rapporto, firmato dal Servizio Foreste della Regione, che fa capo all’assessorato all’Agricoltura, è finito sul tavolo di Luciano D’Alfonso prima della riunione di due giorni fa, nella sede regionale di viale Bovio, terminata con la decisione del governatore di soprassedere e di rinviare l’operazione milionaria del rimboschimento. Le trenta pagine, che il Centro rivela, hanno avuto un effetto determinante: hanno bloccato, per ora, il business dei boschi artificiali. COME NATURA CREA. «Nei boschi a prevalenza di latifoglie è da escludersi qualunque intervento di rimboschimento», si legge subito, e in modo molto chiaro, sul rapporto. E non solo: «Anche nei soprassuoli di origine artificiale a prevalenza di conifere l’intervento volto al rimboschimento artificiale appare comunque non necessario e non opportuno per diversi aspetti». Secondo gli esperti della Regione sono tre i motivi per non rimboscare. Il primo: «La capacità intrinseca dei soprassuoli interessati di ricostituire autonomamente una copertura forestale in equilibrio con l’ambiente». Il secondo: «Le scarse possibilità di successo delle eventuali operazioni di rimboschimento». E poi «i costi, elevatissimi, che la collettività dovrebbe sostenere a fronte di risultati incerti».
SONO DIABOLICI. Il Servizio Foreste tira così le prime somme: «La gestione post-incendio dei soprassuoli percorsi da incendio deve basarsi principalmente su interventi volti alla ricostituzione naturale degli ecosistemi forestali e a favorire la naturale capacità di rigenerazione del bosco». Meglio la natura.
Ma per gli esperti, tra fuoco e speculatori c’è anche un rapporto stretto: «Dovrebbe essere sottoposta ad attenta valutazione di opportunità», scrivono, «la possibilità di investire fondi pubblici anche nei soli interventi di ricostituzione boschiva post-incendio: le vigenti norme di settore sono tutte improntate a scoraggiare il fenomeno degli incendi dolosi per scopi di carattere speculativo, la cosiddetta “industria del fuoco”». Un’industria diabolica e in agguato.
SEMBRA ORO. Il rimboschimento artificiale ha soprattutto costi altissimi. Quasi come l’oro. Costi che nel dossier vengono naturalmente calcolati. «Per interventi che prevedano, in aggiunta allo smantellamento dei soprassuoli incendiati, anche il rimboschimento delle superfici interessate», si legge nella relazione, «e nell’ipotesi di aree nelle quali non vi sia possibilità di meccanizzazione delle operazioni di preparazione del terreno, la spesa totale varia da € 52.000 a 57.000 per ettaro».
MOLTIPLICHIAMO. Quanto è estesa la superficie dei boschi percorsa dal fuoco sul Gran Sasso e sulla Maiella-Morrone? «La superficie effettivamente boscata percorsa dal fuoco risulta essere pari a 3.624 ettari, in gran parte localizzati nella provincia dell’Aquila (2.462 ettari, pari al 68% del totale)», affermano dal Servizio Foreste della Regione aggiungendo: «E’ quindi al dato sopra riportato che occorre riferire le stime parametriche». Il conto così è presto fatto: basta moltiplicare gli ettari andati a fuoco con il costo del rimboschimento per ogni ettaro, per ottenere la spesa complessiva di 206 milioni di euro. Rimboschire l’Abruzzo costa come l’oro.
L’UOVO DI COLOMBO. Quale dovrebbe essere l’obiettivo della Regione? Il dossier dà la sua risposta: «Gli investimenti nel settore forestale, che dovrebbero peraltro essere adeguatamente incrementati, devono essere orientati principalmente alla realizzazione di interventi di carattere preventivo».
Ma come si demotiva il racket degli incendi? Secondo gli esperti: «L’eventuale utilizzo di fondi pubblici dovrebbe limitarsi ai soli soprassuoli nei quali è dimostrata l’origine colposa o accidentale dell’evento, escludendo da ogni tipo di finanziamento le superfici percorse da incendi di chiara origine dolosa». Niente fondi quindi se il rogo è voluto. Soluzione semplice ed efficace: un uovo di Colombo.
ASCOLTATECI. Non ha certamente bisogno di altri commenti quest’altra frase riportata nel rapporto: «Un eventuale inasprimento dei vincoli già esistenti fino al non ammettere a finanziamento i soprassuoli percorsi da incendi con matrice dolosa, sarebbe ad avviso di questo Servizio da prendere in seria considerazione». Ma gli esperti della Regione saranno ascoltati dal governatore?
COLPO DI GRAZIA. «Individuare e porre in essere operazioni di riduzione del rischio di dissesto idrogeologico», è la conclusione del dossier. Che in questo caso dà anche il colpo di grazia al business del rimboschimento perché «dove non fosse destinato al fallimento, potrebbe esplicare un qualche effetto solo a distanza di decine e decine di anni».