le liti per il patrimonio

Eredità spaccafamiglie, e i soldi vanno alla badante anche a Pescara

Lotte fratricide e cause che durano 10 anni anche per contendersi un garage

PESCARA. «Prego, accomodatevi, condoglianze. Do lettura del testamento». E’ il momento del dolore, nello studio del notaio, che imposta la voce grave e si appresta a leggere ai congiunti le ultime volontà del “de cuius”. «Nomino erede universale la mia badante», legge il notaio mentre sui volti dei familiari monta il rosso, il rosso pompeiano, la tavolozza dei colori fantozziani dal viola al viola addobbo funebre.

«Occhio alla badante». Scene di un testamento sono quelle a cui assiste il notaio che si trova a leggere le volontà del defunto oppure ad accogliere i desideri in vita di chi non vuole lasciare nulla in sospeso. In ogni caso, la lite è dietro l’angolo e non perché i tempi difficili aumentino la corsa ad accaparrarsi anche una torta piccola ma perché, secondo un notaio, «l’unità familiare si è deteriorata e se una volta prima di entrare in causa con un fratello si abbozzava, oggi non si aspetta altro». Così, il segno dei tempi, non è lo scontro tra fratelli per cento euro ma il patrimonio lasciato, sempre più spesso, alla badante: «E’ la badante a fare la parte del leone nei testamenti degli ultimi anni. Quindi, occhio, chi lascia un parente solo rischia. Il colpo triplo della badante? Matrimonio, testamento e successione dei beni».

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Non è necessario essere eredi di Alberto Sordi o Pino Daniele per scatenare una guerra per l’eredità perché, anche a Pescara e tra famiglie che hanno da spartirsi una casa così come un garage, si consumano lotte fratricide e cause che durano 10 anni, come quella diventata epica per un notaio che, in forma anonima, ha raccontato battibecchi e liti: una guerra tra gli eredi durata 25 anni e terminata solo con la morte per vecchiaia degli avvocati delle parti.

Quando la mente è annebbiata. Chi fa testamento, cosa si lascia e perché si litiga? Il testamento può essere notarile o olografo, scritto dalla mano del testatore che dovrà vergare data e luogo di proprio pugno e con precisione perché è nella piccola sbavatura che si annida il guaio. E’ abbastanza comune che un testamento firmato in tarda età e con la mente un po’ annebbiata porti a confondersi sui nomi dei familiari – Carla o Carolina? – oppure sui luoghi così se una casa di Montesilvano, per sciatteria, viene posta a Pescara dà adito alla prima contestazione. Ma la differenza principale tra le due forme è che il testamento notarile mette al riparo dall’incapacità di intendere e di volere e dalla diffusissima guerra di perizie volte ad attestare che, in quel preciso momento, il testatore non fosse malato o ubriaco. E’ il notaio il garante della lucidità di chi fa il testamento, l’atto giuridico in cui si decide a chi lasciare i propri beni ma che si fa beffe degli eredi quando li lascia a bocca asciutta ed è solo spirituale: «Comportarvi bene».

Vecchi rancori tornano a galla. C’è una donna che dall’altro capo del mondo ha dettato al notaio le proprie volontà: “Voglio essere cremata e le mie ceneri dovranno essere cosparse un po’ nell’Atlantico e un po’ nel Mediterraneo” costringendo l’erede a rispettare i suoi desideri e a pagarsi i viaggi. E ce n’è un’altra che, malignamente, si è presa gioco dei fratelli lasciando sei testamenti da sei notai diversi. Qual era il più ghiotto? La causa è ancora in corso anche perché, i legittimari, non si sono accontentati non solo dei beni ricevuti ma anche del valore che gli era stato assegnato perché, illustra il notaio, «definire con certezza il valore di un bene è molto difficile: io posso ereditare una grande cifra ma il mio familiare può ereditare una casa minuscola che contiene però ricordi con un valore affettivo che non può essere calcolato». Cade la maschera di fronte ai testamenti perché la leva economica scoperchia il vaso di Pandora: i rancori sopiti, le invidie e i torti subìti da bambini come quando due fratelli litigano per un mobile o per un gioiello rinfacciandosi «il pallone rubato da bambino». A prendere il sopravvento, così, sono spesso le dinamiche familiari anche quando in ballo non ci sono grandi patrimoni.

«Due case per due fratelli. La lite su dove batte il sole». Tra le famiglie pescaresi il testamento più in voga è quello in cui si lascia – e si litiga – per una casa destinata a due fratelli ma non è indolore neanche un testamento in cui prevale l’equilibrio: due case della stessa metratura per due fratelli. Perché? Perché, racconta il notaio, «due abitazioni non saranno mai identiche, su una può battere più il sole e sull’altra no, una può avere un panorama diverso dall'altra: quisquilie che in un testamento diventano motivo di lite». L’apertura dell’atto, così, non è mai pacifica neanche quando il familiare è stato equo e guai, ammonisce il notaio, a non affidare le ultime volontà perché dal litigio si passa alla rissa.

Bizzarri e visionari. Senza un testamento si va dal notaio per la dichiarazione di successione che diventa un intreccio di perizie e di quote. Prima vengono verificati i beni e il loro valore e poi si stabiliscono le quote spettanti agli eredi. E come si fa a dividere 1/18 di una casa? E se un familiare si rivolge a un altro notaio che stima un bene con un altro valore? Diventa un garbuglio l’eredità che, esaurito il momento del dolore, «la scena perfetta» – come la chiama il notaio – quella in cui i familiari mantengono ancora una certa dignità, vira verso il comico. Nei testamenti ci sono le case, i gioielli, gli arredi, le macchine e i terreni ma le ultime volontà possono essere bizzarre fino ai desideri deliranti. C’è il maniacale che assegna ogni singolo mobile con ogni singolo centrino ai congiunti e c’è lo sbruffone che lascia scritto non quello che aveva ma una visione: il colpo grosso che avrebbe sperato di fare ma che, in punto di morte, è sfumato.

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