Fater, corsa al posto fisso per 180 lavoratori precari a Pescara
La Filctem Cgil chiede l’assunzione degli operai impegnati da anni nell’azienda. Il segretario Ronca: "Attendiamo da tempo delle risposte dalla multinazionale"
PESCARA. La Cgil pone la questione dei precari, alla Fater di Pescara. Per ora lo fa con un comunicato ai lavoratori, affisso nei locali aziendali dalla Filctem, ma nei prossimi giorni il sindacato intende parlarne direttamente con i vertici aziendali. Il segretario di categoria Domenico Ronca e il coordinatore del comitato degli iscritti Cgil Fater, Ivano D’Alimonte, chiedono di stabilizzare una quota di precari che in questa realtà sono circa 180, la maggior parte dei quali sono job on call (cioè chi svolge prestazioni di carattere discontinuo o intermittente) e in minima parte interinali.
«Quando è stato avviato il job on call nella produzione della Fater», dice Ronca, «abbiamo dato la nostra disponibilità e abbiamo raggiunto un accordo ma allora i numeri erano diversi. La prima richiesta», ricorda il sindacalista, «risale a due anni fa e riguardava 40 unità. Era prevista una verifica a novembre 2014, ma fino ad oggi non c'è stata. Avevamo chiesto, in particolare, che si aprisse un confronto per trattare sulla percentuale di questi lavoratori da stabilizzare ma il dialogo non è stato mai avviato», commenta Ronca. «Se poi il problema è rappresentato dalla flessibilità siamo disponibili ad accordi», aggiunge il sindacalista mostrando una buona apertura nei confronti della Fater che è «un’azienda seria, che va bene e produce in regime di monopolio, con mille dipendenti a tempo indeterminato di cui 450 in produzione. Ora confermi la sua serietà». La decisione di puntare i riflettori su questo tema nasce dall’amara considerazione che «con il job on call non c'è alcuna garanzia per i lavoratori. Si tratta di persone che non hanno futuro, dal punto di vista occupazionale, per cui si crea anche un problema di carattere sociale e si pone la necessità di assicurare un giusto riconoscimento professionale. È giusto pensare a un contratto che dia più certezze, anche se parlare di lavoro stabile con il Jobs act è una contraddizione in termini».
«Tra questi addetti», aggiunge D’Alimonte, «ce ne sono molti occupati da anni in Fater, diciamo in maniera strutturale. Alcuni hanno 50 anni, vengono chiamati in produzione un giorno per il giorno dopo e se non servono si possono ritrovare con appena 350 euro in busta paga. Noi ci stiamo impegnando per la stabilizzazione non per una questione di principio ma perché riteniamo che la Fater sia in grado di muoversi in questa direzione, essendo l’unica azienda che mantiene quote di mercato e ne conquista di nuove».
La quota di lavoratori da stabilizzare sarà specificata «negli incontri con la direzione aziendale» e non è detto che la questione non venga «portata nelle sedi di discussione territoriale e nazionale».
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