Filippini, nuovo trio per il decimo album «Suono l’emozione»
PESCARA. Le suggestioni del nord Europa si fondono al pianoforte nel nuovo lavoro del musicista pescarese Claudio Filippini. “Facing North” arriverà nei negozi martedì 29 gennaio. Un album che è...
PESCARA. Le suggestioni del nord Europa si fondono al pianoforte nel nuovo lavoro del musicista pescarese Claudio Filippini. “Facing North” arriverà nei negozi martedì 29 gennaio. Un album che è anche un incontro con due talenti della musica mondiale: lo svedese Palle Danielsson e il finlandese Olavi Louhivuori che, con l’artista abruzzese, sono i protagonisti del disco. Il 10º per Filippini.
“Facing North”. Ce lo racconti.
«È la celebrazione di un incontro fra tre musicisti che non si erano mai visti e che suonano insieme per la prima volta. Mi sento onorato perché questi due musicisti dal talento straordinario sono entrati nella mia musica a occhi chiusi sin dalle prime note. Ho bei ricordi di quella session: il volo per Stoccarda, il navigatore dell’auto in russo, la macchinetta del caffè dei Bauer Studios, il pianoforte gran coda Steinway degli anni ’20, la gioia di veder nascere qualcosa di importante. Tutto questo è “Facing North”».
Com’è nata questa collaborazione?
«Dal coraggio e dalla lungimiranza del produttore artistico della Cam Jazz, Ermanno Basso, che mi ha proposto di registrare un cd con una sezione ritmica straniera. Tra i nomi che ci sono venuti in mente sono saltati fuori quelli di Danielsson e Louhivuori. Li conoscevo per le loro collaborazioni ma sapevo anche che non avevano mai suonato insieme. Eravamo curiosi di scoprire che sound sarebbe venuto fuori. Così abbiamo trovato dei giorni disponibili per tutti e siamo andati in Germania».
Tra i brani c’è “Nothing to Lose”, dalla colonna sonora di “Hollywood Party”. Perché questa scelta?
«Durante la fase compositiva mi è capitato di rivedere il film nel quale c'è una scena con Claudine Longet che canta il brano accompagnandosi con la chitarra. Anche se la scena è comica, ho trovato il brano delizioso e poetico».
C’è poi Scorpion Tail, firmato da lei. Un riferimento al suo segno zodiacale?
«Forse si, visto che sono del segno dello Scorpione e anche ascendente. A parte rare eccezioni, i titoli dei miei brani arrivano sempre dopo che li ho scritti. C'è però da dire che i brani di "Facing North" sono venuti fuori diversamente. In “Scorpion Tail” Olavi ha tirato fuori con la sua batteria un ritmo swing, ma con un suono secco e pungente. Quando abbiamo sentito la prima registrazione, aveva assunto una piega diversa. Era come stare in un documentario di in cui uno scorpione combatte contro un serpente».
Qual è la novità rispetto ai precedenti album?
«Aspetto che sia il mio pubblico a dirmelo, sono curioso. Io mi sono fatto trascinare dalla musica e dall'emozione. Questo trio ha delle potenzialità enormi e delle sonorità ancora inesplorate. "Facing North" è un punto di partenza».
Qual è stato il suo percorso formativo?
«Ho iniziato a 6 anni a studiare musica classica e a innamorarmi del jazz quando ne avevo 11. Vivevo ancora a Pescara e frequentavo l'accademia. Andavo ai concerti, alle jam session, ascoltavo quella musica in continuazione. A Pescara ho conosciuto musicisti dai quali ho imparato molto. E non vedevo l'ora che arrivasse l'estate per frequentare i seminari con musicisti americani».
Cos’è per lei il pianoforte?
«Lo specchio con cui confrontarmi ogni giorno. Quando ho iniziato a suonare era un giocattolo, tra molti anni sarà il bastone della mia vecchiaia. Per ora è l’amico fedele che mi accompagna nei miei viaggi “mentali”. Alcuni giorni starei ore ad accarezzarlo, altre volte lo prenderei a pugni, altre non lo apro. È la vita stessa».
Porterà “Facing North” nella sua terra?
«Farò il possibile. Mi piacerebbe salire sul palco del D'Annunzio con Danielsson e Louhivuori durante il Festival Pescara Jazz».
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