Folk e cori alpini: la città canta alla luna
A migliaia nelle strade del centro per le lunghe notti dell’Adunata Balli fino all’alba, gemellaggio tra le penne nere e il giovedì universitario
L’AQUILA. «Cicirinella teneva teneva...chetteneva chetteneva?». L’Adunata all’Aquila cambia il canzoniere tradizionale degli alpini. Va bene il “Testamento del Capitano”, “Sul Cappello” e “Aprite le porte”, che senti cantare un po’ ovunque in questi giorni. Ma anche il folk abruzzese si difende bene – in mezzo ai classici del repertorio quasi esclusivamente nordista – esaltato dal suono degli organetti. A spasso sotto i portici nella prima notte dell’adunata sembra proprio di vivere una serata da Mundial. Una serata calda e intensa come di recente in città se ne sono viste ben poche. I palazzi sfasciati dal terremoto, e ancora fasciati nei puntellamenti, fanno da sfondo a una movida alpina che raddoppia l’entusiasmo grazie alla fortunata coincidenza col più classico dei giovedì universitari. Musica e balli fino all’alba. E il corso, dalla Fontana luminosa alla Villa, che si riempie fino all’inverosimile di varia umanità. Tanto che si formano diversi tappi lungo il cammino, che sono, per i più, la buona occasione per una sosta, un bicchiere e via di nuovo avanti, verso i Quattro cantoni. Piazza Regina Margherita, prima tappa di questo tour tra alpini di terra, di mare e di cielo, combattenti oppure ex, rivedibili e riformati, e gli immancabili imboscati, trabocca di folla. Si parte dalla Fontana che è già mezzanotte.
TRASPORTI ECCEZIONALI. «Trasporto animali vivi» si legge in un cartello attaccato a mo’ di targa di un trattorino dove ragazzi e ragazze col cappello da alpino si sistemano alla bell’e meglio per fare il giro della Fontana luminosa e, da lì, tentare, sgasando, la traversata del corso, impresa assai perigliosa, almeno stanotte. Se poi capita che, tra due ali di folla, due mezzi di questa particolarissima Wacky Races – quella del cane Muttley e del perfido Dick Dastardly – s’incrociano, da un lato il trattore dall’altro la motocicletta, allora sì che si blocca tutto e, tra una risata e l’altra, cominciano le grandi manovre. Retromarce, strombazzamenti, giravolte. Ci manca solo l’Insetto scoppiettante con la sua grossa caldaia.
CON OGNI MEZZO. Gli alpini ospiti, ma anche gli aquilani, alpini e non, conquistano il centro con ogni mezzo. C’è il sidecar «Gruppo alpini di Aragno» che si fa largo ai Quattro cantoni, dov’è più arduo passare in quanto gruppi di penne nere di varie sezioni del Veneto animano un karaokeche spazia da «Generale» a «La famiglia dei Gobboni». Dopo i canti a squarciagola, il chioschetto della birra su corso Umberto appare come un’oasi nel deserto. «Nera la penna, bionda la pinta», è lo slogan. Una notte di tutti i colori, insomma. C’è, poi, chi spilla direttamente dalla botte come l’allegra comitiva che collega un tubicino di plastica alla damigiana piena di vino rosso che campeggia al piano nobile dell’Ape Piaggio tricolore che sbuca all’improvviso guadagnando la ribalta. Un giovane si avvicina, fa un paio di poppate, poi sparge a terra quel che non riesce a contenere. Prendendosi i meritati rimbrotti dell’oste itinerante.
CAMIONCINI COL CUBO. I camioncini che sostano davanti ai locali si trasformano in cubi da discoteca, con le ragazze al centro dell’attenzione e nugoli di alpini, e non, tutt’intorno. Per chi ama la musica più tranquilla ecco sfilare, invece, l’attrezzato mezzo meccanico del gruppo folk di Bisenti (Teramo), con organetto, tamburo e tamburello, che con la magia del saltarello allarga la marea umana. Folla anche in via Leosini, fino a Santa Maria Paganica. All’inizio della salita campeggia un tricolore che nella parte bianca reca la scritta: «D’Aquila Penne Ugne di Leonessa». Vale a dire il motto del Nono reggimento con dentro L’Aquila, Leonessa, Ugne (l’attuale Orsogna) e Penne, attribuito a D’Annunzio.
LA ZUFFA. In mezzo a tanta confusione non può mancare la scaramuccia. Se ne segnalano due. Una in prossimità di un locale tra un addetto alla sicurezza e un avventore. L’altra, in due puntate, all’incrocio con via Sallustio, dove un ragazzo va su tutte le furie perché la sua lei è stata «toccata» e una donna si lamenta perché un incontinente l’ha fatta...fuori dal vaso. Ma è un attimo. Si sentono acuti e ripetuti suoni di fischietto ma non c’è il rigore. Un servizio d’ordine rapido e insivibile si mette in movimento e spegne il fuoco prima che possa divampare ovunque. Si arriva in piazza Duomo che sono le due passate. Un gruppo di finanzieri presidia la parte alta, mentre i venditori nordafricani si fanno le foto col cappello da alpino. Sulla strada del ritorno si ondeggia più che all’andata. Davanti all’asilo occupato, alpini stanchi della movida chiamano il taxi. Altri si buttano nel buio della Lauretana. Alzando la zip della tenda, alla fine del primo giorno di fatiche da adunata, riguardo alla succitata Cicirinella, c’è chi va chiedendosi ancora: «chetteneva chetteneva?».
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