Emergenza sbarchi
Francia e Spagna: «Porti chiusi». Ue pronta con un piano di azioni
Apertura da Bruxelles ma per ora è senza spiragli la possibilità di arrivi sulle coste di altri Paesi europei. Gentiloni: «Condivisione necessaria. Evitare una situazione insostenibile». Oggi riunione a Strasburgo
BRUXELLES. L'Ue si dice pronta a dare segnali della propria solidarietà all'Italia con un piano d'azioni molto concrete da mettere in campo immediatamente, sostiene l'iniziativa dell'Italia sul codice di condotta per i salvataggi delle organizzazioni non governative, ma l'ipotesi di far sbarcare i migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale nei porti di altri Stati membri sembra non trovare spiragli. Parigi e Madrid hanno già fatto sapere di essere contrari alla richiesta, e sebbene ufficialmente la questione venga rimandata alla discussione dei commissari europei di oggi a Strasburgo, e al vertice informale dei ministri dell'Interno dei 28 di giovedì a Tallin, il nodo - mettono in guardia più fonti - sarà pressoché impossibile da sciogliere. Il premier Paolo Gentiloni però avverte a sua volta: la condivisione Ue «è necessaria» per l'Italia «per evitare che i flussi diventino insostenibili alimentando reazioni ostili nel nostro tessuto sociale».
Ad accrescere la preoccupazione sono i flussi dalla Libia che non accennano a diminuire. «Le indicazioni di cui disponiamo non denotano un rallentamento. Questo significa che un più ampio numero di persone potrebbe continuare a provare di lasciare il Paese tramite la rotta del Mediterraneo centrale», spiega l'inviato speciale dell'Unhcr per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel. E mentre la Commissione Ue è al lavoro su un «piano in dieci punti», per portare sollievo alla pressione sull'Italia, con un'accelerazione sui ricollocamenti, sugli accordi di riammissione, con lo stanziamento di fondi, il presidente francese Emmanuel Macron torna a fare il distinguo tra profughi e migranti economici. Per affrontare le crisi migratorie - ribadisce il capo dell'Eliseo - «bisogna condurre in maniera coordinata un'azione efficace e umana in Europa che ci permetta di accogliere i rifugiati politici che corrono un rischio reale, senza confonderli con i migranti economici e senza abbandonare l'indispensabile mantenimento delle nostre frontiere». Intanto però spunta anche un «non paper», un documento non ufficiale circolato al vertice dei leader del 23 giugno, in cui Francia e Olanda, (Macron e il premier Mark Rutte) presentavano «un piano in dieci azioni per contenere i flussi» focalizzato soprattutto su azioni dirette all'Africa, e guidato da una sorta di progetto pilota di cooperazione rafforzata. D'altra parte sembra che alcune misure a cui si lavora a Bruxelles, raccolgano anche questi input, oltre agli spunti emersi dalla riunione dei ministri dell'Interno di domenica a Parigi, a cui hanno partecipato Marco Minniti, il francese Gerard Collomb, il tedesco Thomas de Maiziere, e il commissario europeo Dimitris Avramopoulos. Tra le idee, quella di cambiare la regola in base a cui le navi delle organizzazioni non governative (che rappresentano il 35-40% della flotta che effettua soccorsi in mare) sbarcano i migranti a bordo dei mezzi di EunavforMed Sophia; contribuire ad organizzare un'area di soccorso e salvataggio (Sar) per la Tunisia; e rafforzare l'azione della Guardia Costiera libica. Ma per molte delle azioni previste serviranno nuove risorse, e anche quella dei soldi da destinare al Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione, a Tallin, si potrebbe rivelare una discussione in salita.
Ad accrescere la preoccupazione sono i flussi dalla Libia che non accennano a diminuire. «Le indicazioni di cui disponiamo non denotano un rallentamento. Questo significa che un più ampio numero di persone potrebbe continuare a provare di lasciare il Paese tramite la rotta del Mediterraneo centrale», spiega l'inviato speciale dell'Unhcr per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel. E mentre la Commissione Ue è al lavoro su un «piano in dieci punti», per portare sollievo alla pressione sull'Italia, con un'accelerazione sui ricollocamenti, sugli accordi di riammissione, con lo stanziamento di fondi, il presidente francese Emmanuel Macron torna a fare il distinguo tra profughi e migranti economici. Per affrontare le crisi migratorie - ribadisce il capo dell'Eliseo - «bisogna condurre in maniera coordinata un'azione efficace e umana in Europa che ci permetta di accogliere i rifugiati politici che corrono un rischio reale, senza confonderli con i migranti economici e senza abbandonare l'indispensabile mantenimento delle nostre frontiere». Intanto però spunta anche un «non paper», un documento non ufficiale circolato al vertice dei leader del 23 giugno, in cui Francia e Olanda, (Macron e il premier Mark Rutte) presentavano «un piano in dieci azioni per contenere i flussi» focalizzato soprattutto su azioni dirette all'Africa, e guidato da una sorta di progetto pilota di cooperazione rafforzata. D'altra parte sembra che alcune misure a cui si lavora a Bruxelles, raccolgano anche questi input, oltre agli spunti emersi dalla riunione dei ministri dell'Interno di domenica a Parigi, a cui hanno partecipato Marco Minniti, il francese Gerard Collomb, il tedesco Thomas de Maiziere, e il commissario europeo Dimitris Avramopoulos. Tra le idee, quella di cambiare la regola in base a cui le navi delle organizzazioni non governative (che rappresentano il 35-40% della flotta che effettua soccorsi in mare) sbarcano i migranti a bordo dei mezzi di EunavforMed Sophia; contribuire ad organizzare un'area di soccorso e salvataggio (Sar) per la Tunisia; e rafforzare l'azione della Guardia Costiera libica. Ma per molte delle azioni previste serviranno nuove risorse, e anche quella dei soldi da destinare al Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione, a Tallin, si potrebbe rivelare una discussione in salita.