Il dopo Sanremo

Giù le mani dal Volo: la loro è una vittoria più che meritata

I tre ragazzi hanno conosciuto sacrificio, lavoro ed emigrazione fin da adolescenti, ma critica e vecchi soloni li giudicano dalle "dimenticanze" e dalle scelte melodiche

"Giovani vecchi", "ingrati", "furbi", "con atteggiamenti da star", "per nulla umili", "eccessivamente retrò"... e chi più ne ha più ne metta. Giornali, tv e social network in questo post Sanremo lungo più che mai rigurgitano di titoli e commenti su "Il Volo che divide", polemicissimi sul successo dei tre ragazzi dalle voci liriche che si sono imposti all'Ariston con "Grande amore", una "canzone fin troppo banale",  grazie al voto plebiscitario dell'Italia che ama il Festival e nonostante il naso arricciato della stampa specializzata.

E così se da una parte i critici musicali hanno versato fiumi di inchiostro per spiegare sostanzialmente come una canzone "brutta", buona per i Paesi dell'emigrazione che guardano con nostalgia all'Italia di ieri, "priva di spunti melodici interessanti", sia stata apprezzata anche nella patria del Belcanto, adducendo più motivazioni sociologiche e di culturale arretratezza dell'ascoltatore medio, che di carattere musicale in senso più stretto. E poi c'è la ressa degli "scopritori dimenticati" del talento dell'abruzzese Gianluca Ginoble e dei siciliani Ignazio Boschetto e Piero Barone, che tra un tweet, un post su Facebook e un'intervista si dichiarano "felici" del successo in patria del trio che loro hanno creato, sostenuto, seguito ecc. ecc. senza aver ricevuto _ ora che i riflettori sono accesi sul trio _ neanche un pubblico "grazie". Ma non importa, si affrettano ad aggiungere con finta modestia, l'importante è che la canzone italiana e i "loro ragazzi" brillino nel mondo, loro hanno fatto "quel che dovevano" e non si aspettano "nulla".

Non una parola sul lavoro che questi ventenni portano avanti dalla prima adolescenza, che non si tratta di ragazzotti privi di qualsiasi talento che vogliono la scena comunque e pensano di conquistarla a colpi di grande fratello e similari. Gianluca, Ignazio e Piero hanno studiato tanto, fatto sacrifici e rinunce fin da ragazzini, hanno un sogno ma lo coltivano con tanto rigore e niente fuffa.

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Certo qualcuno si è accorto di loro, gli ha dato un'opportunità, e loro - 20 anni - nell'euforia della vittoria hanno scordato il doveroso saluto, hanno accomunato tutta la gratitudine che volevano mostrare in quel "Grazie Italia" finale sul palco in cui in moltissimi hanno voluto vedere ancora una polemica replica ai critici bocciatori. Sarà che si sono voluti godere un momento tutto loro, magari pensando sì, di esserselo meritato quel successo. Che fosse valsa la pena di rinunciare a casa, affetti, amici, scuola, partite a pallone, giri in moto, vacanze in gruppo, bagni al mare in lunghe estati, fidanzatine e quanto d'altro riempie la vita di adolescenti e giovani come loro sono stati e sono, per affermarsi con quello che sapevano fare: cantare. Senza dimenticare o fare torto ai vari mentori, senza sentirsi umiliati dai soloni in allerta. Ma pensando per un po' che il loro sogno ha le carte in regola per avverarsi. E continuare a guardare avanti con il loro bel sorriso.

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