PRESENTATO IL LIBRO
Giuseppe Vacca: «Gramsci tentò di conoscere D’Annunzio»
PESCARA. “Vita e pensieri di Antonio Gramsci” (Einaudi, 2012) è il nuovo, importante studio che Giuseppe Vacca dedica alla figura di uno dei più grandi intellettuali del ‘900 europeo, Antonio Gramsci,...
PESCARA. “Vita e pensieri di Antonio Gramsci” (Einaudi, 2012) è il nuovo, importante studio che Giuseppe Vacca dedica alla figura di uno dei più grandi intellettuali del ‘900 europeo, Antonio Gramsci, la cui travagliata lezione politica e culturale ha rimodellato dall’interno l’intera storia del XX secolo. Il volume è stato presentato ieri alla libreria Feltrinelli di Pescara, alla presenza degli storici Sara Follacchio ed Enzo Fimiani, del giornalista Antonio Del Giudice, di Gianni Melilla, promotore dell’incontro, e con la partecipazione dello stesso Vacca, che intervistato ha sottolineato i rapporti intercorsi tra Gramsci e D’Annunzio.
Professore, cosa ha significato per lei lavorare a un volume così importante e atteso come “Vita & Pensieri”?
«Tra le diverse ragioni, soprattutto anche assolvere ad un impegno morale, civile di lunga durata. Le condizioni per scrivere una storia della vita di Gramsci, nel decennio del carcere, sono maturate nel tempo, attraverso un lungo lavoro di ricerca e di recupero di documenti, non solo frutto di un impegno personale ma di tutta la Fondazione Gramsci, durato circa 25 anni con un punto di maturazione tra il 2007 e il 2009, quando abbiamo completato la possibilità di incrociare i carteggi editi con quelli inediti; unitamente al confronto con i quaderni del carcere, del decennio 1926-1935, è stato possibile scrivere un storia finalmente fondata su documenti, contestualizzazioni, su nessi tra i diversi protagonisti e la Grande Storia».
Quale ritiene sia stato il dramma più intimo per la coscienza politica e culturale di Antonio Gramsci?
«Sicuramente quello di aspirare a una liberazione che non è mai avvenuta».
Crede che Gramsci sia stato realmente “sacrificato”, abbandonato dal partito?
«Per almeno due anni è stato isolato e messo da parte, perché il suo dissenso, nell’autunno 1930, era qualcosa che non rimaneva dentro le mura del carcere bensì aveva il potere di circolare dentro e fuori, mettendo a rischio l’esistenza stessa del partito. L’allineamento del partito alle posizioni dell’Internazionale comunista e a Mosca era rigido e imposto; ciò comportò un isolamento politico e persino una sordina, tant’è che il nome di Gramsci non compare sulla stampa comunista e, nel rifacimento della propria scheda autobiografica per l’ufficio guardia dell’Internazionale, nel 1932, Togliatti addirittura tace di Gramsci».
Esistono dei rapporti, biografici e/o tematici, tra Gramsci e l'Abruzzo?
«Sicuramente uno dei mediatori dei rapporti tra Gramsci e l’Abruzzo è stato Gabriele D’Annunzio, al di là del giudizio di merito, l’attenzione per le varie forme della modernità post-prima guerra mondiale che in misura enorme è incarnata nel personaggio D’Annunzio. C’è stato un episodio, durante la vicenda di Fiume, in cui Gramsci cercò un contatto con il poeta abruzzese perché era molto interessato all’esperienza fiumana, incontro purtroppo mancato».
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