Gli aggressori si scusano: «Ma non doveva filmare»
I due cugini denunciati dopo lo schiaffo al giornalista danno la loro versione «Gli avevamo ripetuto di abbassare la telecamera perché c’erano i bambini»
PESCARA. Chiedono scusa, dicono di aver agito impulsivamente e di aver esagerato, di aver sbagliato. Ma sono parecchio risentiti. Perché non hanno gradito i metodi del giornalista Daniele Piervincenzi e dei suoi colleghi di Rai 2 che si sono presentati al “ferro di cavallo”, in via Tavo, per realizzare un servizio televisivo e hanno girato dei filmati pur essendo stati avvertiti più volte che lì la telecamera non era gradita.
Jhonny Di Pietrantonio e il cugino Kevin Cellini forniscono la loro versione dei fatti dell’aggressione alla troupe della Rai di cui si sono resi responsabili. E lo fanno in occasione del blitz delle forze dell’ordine al “ferro di cavallo”: l’operazione interforze di ieri, decisa proprio dopo quell’episodio di violenza, è diventata quindi l’occasione per uno sfogo. E due dei tre aggressori hanno provato a giustificarsi, a far capire le loro ragioni. Oltre a raccontare un tipo di esistenza distante anni luce da quelle che si muovono quotidianamente sui binari della legalità.
Di Pietrantonio, 22 anni, una compagna convivente, due figli piccoli (e una terza desiderata) e un non-lavoro di «meccanico abusivo», è un volto noto alle forze dell’ordine per i suoi trascorsi. Del giorno dell’assalto alla troupe racconta che Piervincenzi stava sotto casa sua «con la telecamera rivolta verso l’alto e ha continuato a riprendere mio nipote e mio figlio nonostante mia madre gli chiedesse dal balcone di fermarsi. A quel punto gli ho fatto notare che mia madre lo stava invitando ad abbassare la telecamera ma lui ha continuato. Ho reagito dandogli una spinta, ma lui continuava. Allora è partito lo schiaffo, li abbiamo rincorsi e sono caduti. Sono dispiaciuto, chiedo scusa, ma lui ha avuto un brutto atteggiamento perché ha rincorso e preso per il giubbino un tossicodipendente che dopo questo episodio è stato cacciato di casa dai genitori e ora vive sotto un ponte, perché in famiglia non sapevano che si drogasse».
Di Pietrantonio sta pagando lo scotto di quella aggressione, le cui immagini hanno fatto il giro d’Italia, perché da quel giorno «la gente mi guarda brutto e sono finito anche su Striscia la notizia». Ora, sentendosi danneggiato, vuole rivolgersi a un avvocato. Non accetta per niente, poi, «che sia stata mandata in onda solo una parte del video: avrebbero dovuto mostrare anche il resto», cioè quanto accaduto prima. Lo sostiene la madre: si è imbattuta anche lei nella troupe di Rai 2 e forse «gli avrei dovuto menare io, oppure sbattergli lo sportello della macchina in faccia, quando mi ha fermato. Mio figlio ha avuto un attimo di rabbia ma ha un cuore come una capanna e anche lui si rivolgerà a “Striscia la notizia”», aggiunge la donna spiegando che in questa periferia degradata (sporca e senza manutenzione) «vivono famiglie disastrate. Però la camorra e la mafia qui non ci sono» .
E mentre la polizia setaccia il “ferro di cavallo” il giovane Di Pietrantonio, spalleggiato dalla compagna e dalla madre, dice che in questi palazzi «vivono persone normali, gente per bene, ci si rispetta tutti, spacciatori e non» e non succede nulla se «ognuno si fa i fatti suoi». Chiede scusa anche Anelli, che si è tatuato sul collo delle croci come Enzo Sangue blu (nella serie tv Gomorra). «Ma non si fa come fa lui», dice di Piervincenzi. E ne condanna «i modi» perché il giornalista non si è presentato a Rancitelli come avrebbe dovuto: ecco perché ha supportato il cugino e ha agito al suo fianco per allontanare la troupe.
Ci tiene a parlare una rom, che dice di chiamarsi Federica. «La criminalità non sta solo qui ma anche in centro», come a voler rispondere al servizio di “Popolo sovrano” e al blitz di ieri. «Danno la colpa agli zingari eppure il mondo è stato rovinato da chi sta in giacca e cravatta. E poi devono finire di fare di tutt’erba un fascio. L’unico dalla nostra parte è il sindaco Marco Alessandrini: ha detto che Rancitelli non è Scampia e ha sistemato il parco qui di fronte per i bambini, mentre il parroco, don Max, qui non c’è mai stato».
«Hanno infangato il quartiere» dice Yuri dopo il servizio di Rai 2. «Il giornalista non si è mostrato rispettoso, non si è presentato, ha fatto domande che non si potrebbero fare e ha ripreso i bambini senza l’autorizzazione dei genitori. Chi vive qui non trova possibilità di lavoro proprio perché arriva da Rancitelli, eppure ci sono persone perbene. Non tutti sono uguali». (f.bu.)