Gran Sasso, esperimento Sox: «Test radioattivo, vogliamo andare avanti»
Il fisico Pallavicini dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare ribatte all’ambientalista De Sanctis: faccia a faccia a Rete8 per chiarire se ci sono o no rischi
CHIETI. «Desideriamo andare avanti nell’esperimento Sox e siamo a disposizione di cittadini ed enti. L’Abruzzo dev’essere orgoglioso dell’Infn. Basta con le bufale e chi fa terrore con ipotesi non dimostrabili». Marco Pallavicini, fisico dell’Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso e responsabile dell’esperimento che utilizzerà l’isotopo radioattivo Cerio 144 per isolare neutrini anomali, chiude così un’ora serrata di faccia a faccia, andata in onda ieri sera su Rete 8, con l’ambientalista del Forum H20, Augusto De Sanctis.
SENZA PRECEDENTI. Un confronto che non ha precedenti, voluto dall’associazione teramana “Liberi cittadini 5 Stelle”, che ha cercato di spiegare in modo semplice l’esistenza o no di rischi nell’esperimento radioattivo che, per ora, la Regione ha sospeso in attesa di chiarimenti, e che non ha convinto l’antagonista De Sanctis. L’esponente del Forum H2O ha infatti terminato il serrato botta e risposta condotto dal direttore di Rete 8, Carmine Perantuono, e dal Centro, con la frase: «Siamo fieri del laboratorio del Gran Sasso se fa le cose bene, ma in questo caso le autorità sono state inadempienti mentre l’Infn ha omesso di dire che l’esperimento verrà fatto in un luogo di captazione dell’acqua potabile per un bacino di 700mila abruzzesi». Parole che lo scienziato Pallavicini ha commentato scuotendo il capo. Ma ripercorriamo i passaggi principali del faccia a faccia (che può essere rivisto anche sui siti on line del Centro e Rete 8), cominciato con il fisico che ha spiegato l’essenza dell’esperimento Sox, salito alla ribalta dopo la denuncia del Forum H2O che dice di essere stato informato da un anonimo.
PRIMA SFIDA. «È assolutamente sicuro», ha affermato lo scienziato illustrando il meccanismo con cui, attraverso il decadimento dell’isotopo radioattivo del Cerio, verrebbero catturati i neutrini sterili, nuova frontiera della fisica nucleare che mira a scoprire la natura della massa oscura dell’universo. Ma De Sanctis ha spostato il tema sulle norme: «L’articolo 94 della legge sull’Ambiente vieta esperimenti radioattivi in presenza di un acquifero», ha detto riferendosi all’irrisolto problema creato dalla convivenza sotto il Gran Sasso di laboratorio, falde d’acqua e autostrada. L’ambientalista ha riproposto anche ieri il paragone con l’incidente nucleare giapponese di Fukushima, come ha già fatto durante la puntata delle Iene dedicata all’esperimento Sox, ma ieri ha trovato davanti a sé lo scienziato che gli ha riposto seccamente.
NAVI E PAPERE. «È un errore madornale confrontare una sorgente radioattiva con una reazione nucleare. È come paragonare una paperella a una nave perché entrambi galleggiano», ha detto il fisico. E a De Sanctis, che ha sostenuto la tesi del rischio di incidente nucleare per rottura o manomissione dell’involucro di tungsteno che, con quello d’acciaio, come una matrioska, protegge il Cerio 144, Pallavicini ha ribattuto: «Non esiste alcun rischio. Il tappo che chiude l’involucro pesa 500 chili: solo chi lo ha fabbricato, in Russia, possiede il mezzo per aprirlo. E non esiste terremoto che possa rompere il tungsteno». E poi: «La sala C del laboratorio, dove avverrà l’esperimento, è lontana dall’acquifero».
Ma De Sanctis lo ha incalzato ancora rilanciando l’accusa della mancata trasparenza perché l’Infn non ha indicato la presenza delle falde d’acqua a Regione, Asl, ministeri, Ispra e vigili del fuoco che hanno autorizzato l’esperimento. E ha rivelato poi un retroscena: «I laboratori non hanno aggiornato il piano di evacuazione rimasto fermo a prima del terremoto dell’Aquila. Presenteremo un esposto».
VALORE MONDIALE. Per Pallavicini, l’Infn ha invece ottenuto tutte le autorizzazioni ma «non toccava all’istituto segnalare la presenza dell’acquifero». E sul piano d’emergenza si è limitato a dire: «Non spetta a me rispondere». Quindi ha espresso il desiderio di proseguire l’esperimento che ha valore mondiale «e non può essere fatto altrove». L’ultima parola è però della Regione.
PARLA LA REGIONE: «Sto affrontando in prima persona la questione», dice al Centro il vice presidente, Giovanni Lolli. «Ho dato vita a un tavolo con tutti i soggetti coinvolti, perché quella del Gran Sasso è una questione complessa, all’interno della quale bisogna far coesistere tre grandi risorse: l’acqua, l’autostrada, e il più importante laboratorio italiano. Questi tre sistemi», afferma il politico, «sono continuamente a rischio di contaminazione, e per questo vanno assolutamente disaccoppiati. Il progetto è in fase avanzata».
PER ORA C’E’ LO STOP. È un progetto da decine di milioni di euro. «Stiamo lavorando con il Governo per l’individuazione dei canali finanziari», aggiunge il vicepresidente, «ma tutto ciò richiede parecchi mesi, e abbiamo così chiesto al laboratorio e al gestore dell’acqua di acquistare degli spettrometri di massa per individuare anche la più piccola quantità di sostanze chimiche nell’acquifero; e all’Infn di bloccare Sox per sottoporre l’esperimento a ulteriori approfondimenti. Vogliamo che il laboratorio sia accolto con gioia dalla nostra comunità, senza che qualcuno possa avere la preoccupazione che da questa bella presenza possano derivare problemi», conclude Lolli.