I cittadini: basta indagati in lista

Elezioni, convince la proposta di escludere gli inquisiti del Pd

MONTESILVANO. I candidati alle prossime elezioni comunali non dovranno essere indagati o aver già governato la città. Le condizioni imposte da Sinistra ecologia e libertà e Rifondazione comunista, appoggiate anche dall'Italia dei valori, per la formazione di una coalizione di governo della città che abbracci tutte le forze di centrosinistra, si scontrano con l'opposizione del Partito democratico. L'aut aut del Sel divide la politica di Montesilvano e, stando alle voci e alle dichiarazioni raccolte dal Centro tra i banchi del mercato, anche i cittadini.
Molti si dicono favorevoli al rinnovamento della classe dirigente e all'esclusione degli inquisiti dalle liste elettorali.
Il consenso, però, non è unanime e deve fare i conti con chi ricorda che imputato e indagato non sono sinonimi di colpevole. Lo sa bene Alberto Natale, 22 anni, studente, che va dritto al cuore del problema.
«E' vero», dice, «che quando una persona è indagata non è detto che sarà condannata, ma se è stata avviata un'indagine nei suoi confronti deve esserci qualcosa che non va. Per questo sono d'accordo con la proposta di Sel e Rifondazione».
Perentorio il giudizio di Romanina Palmucci, 64 anni, pensionata: «Gli inquisiti non devono essere presentati alle elezioni. Quando la giustizia avrà fatto il suo corso, allora potranno candidarsi».
Per la donna la giustizia lumaca non è un'attenuante: «Ci vorranno cinque o sei anni, perché si arrivi alla sentenza definitiva? Bene, allora si candideranno alle prossime elezioni. Siamo stanchi, vogliamo gente nuova».
Chiede un rinnovamento anche Silvana Di Iulio, 50 anni: «Basta con i vecchi politici di una volta, ci vuole qualche faccia nuova».
Si definisce apolitica Brigida, 47 anni, ma sull'argomento ha le idee molto chiare: «Credo sia giusto non far candidare gli indagati, ma sarà difficile trovare dei politici che non abbiano problemi con la giustizia».
Scettico anche Marco Di Teodoro, 47 anni, fioraio. «Bella proposta», afferma, «ma sarà un'impresa formare le liste. Sembra quasi che per entrare in politica sia necessario avere qualche processo o indagine a carico nel curriculum vitae».
Bisogna fare delle distinzioni secondo Michele, artigiano di 51 anni: «Favorevole o contrario alla proposta del Sel? Dipende da quali sono le accuse rivolte ai politici. Se si parla di corruzione, o se hanno rubato soldi pubblici, soldi nostri, allora sì, è giusto che gli venga impedito di essere rieletti. Al contrario se i reati commessi non hanno niente a che fare con la carica che hanno ricoperto, allora possono continuare a fare politica e ricandidarsi».
E' un no deciso alla rottamazione della classe politica esistente quello di Emanuela Di Febo, 33 anni, impiegata. «Bisogna ricordarsi», avverte la donna, «che se qualcuno è coinvolto in un'indagine non è necessariamente colpevole».
Gli fa eco Christian Bellante, 38 anni, pescivendolo: «Indagati e imputati non sono condannati, quindi possono candidarsi».
Critico verso le condizioni imposte dagli alleati al Partito democratico anche Marco Cipriani, 30 anni, commerciante. «E se un giorno dovessimo scoprire che il politico inquisito era innocente?», si chiede.
La questione è molto più complessa, secondo Paolo Longo, 58 anni. Pur essendo favorevole ad un sistema che escluda dalle liste elettorali chi ha processi pendenti, o chi è stato coinvolto in indagini giudiziarie, per Longo il problema è più ampio: «Ho l'impressione che gli onesti e i capaci se ne stiano a casa, mentre chi non ha un lavoro, chi non sa fare niente si metta in politica pretendendo di decidere a nome di tutti i cittadini».
«Questa iniziativa», prosegue l'uomo, «deve suonare come un invito, alle tante persone in gamba che ci sono, a rimboccarsi le maniche e a farsi avanti per partecipare in prima persona a cercare di risolvere i problemi della città». (cr.pe.)

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