I pescatori: «Così non torniamo in mare»

I lavori di dragaggio non convincono i marinai. L’associazione armatori: a rischio la nostra incolumità, scavate la zona rossa

PESCARA. «Non bastano quattro palettate per farci tornare in mare: se non dragano il rettangolo rosso, dall'altezza del cantiere navale all'ormeggio dell'Emily, sull'altra sponda del canale, noi non ci muoveremo da qui». Suona come un diktat la richiesta lanciata dai rappresentanti dell'Associazione armatori. Non lo dicono esplicitamente, ma il bersaglio dell'ultimo attacco dei marinai è il provveditore interregionale alle opere pubbliche Donato Carlea.

Nell'appalto per il dragaggio di 200mila metri cubi di sedimenti ammucchiati sui fondali dello scalo cittadino, vinto nel novembre scorso dalla ditta romana Sidra, resta esclusa un'area nevralgica del porto, all'estremità della banchina nord: è quella che gli armatori chiamano in gergo «il rettangolo rosso», una zona fuori tabella che sembrerebbe contenga fanghi il cui smaltimento richiederebbe procedure particolarmente complesse. Se non si scava questa parte, nel porto di Pescara si andrebbe a formare un barriera tra le porzioni da dove sono stati portati via i fanghi e il rettangolo dove invece restano ammucchiati i sedimenti. Uno sbarramento che impedirebbe alle imbarcazioni di entrare e uscire dallo scalo senza finire nelle innumerevoli secche. Se a breve non inizieranno i lavori in questa zona, gli armatori minacciano di posticipare ancora il ritorno alle normali attività di pesca. «L'Associazione armatori», dicono i rappresentanti dei marinai, «vuole sapere urgentemente quando sarà dragato il rettangolo rosso e dove saranno stoccati i fanghi in via definitiva, una volta completato il processo di lavorazione».

In un primo momento, il ritorno in mare dei pescherecci era stato stimato per il 1° maggio, ma i ritardi nelle operazioni di dragaggio hanno spinto i marinai, dopo un'accesa riunione nei locali accanto al mercato ittico, a prendersi altri giorni di tempo per «verificare se ci sono le condizioni di sicurezza adatte alla ripresa della pesca». In questi giorni le due draghe, la Fioravante e la Coibra, stanno lavorando alacremente per tentare di recuperare il tempo perduto. Al momento si scava all'altezza della banchina nord, nel punto in cui qualche mese fa l'acqua arrivava a malapena al ginocchio e si poteva attraversare con facilità il canale, muovendosi da una sponda all'altra. Le barche sono state mano a mano spostate per consentire ai motopontoni di procedere con le operazioni di scavo. «Si dovrebbe arrivare a una profondità di almeno 3 metri», sottolinea Mario Camplone, «invece se arrivano a 2 metri è pure troppo. Non è così che si fa il dragaggio». «Per colpa loro», aggiunge Mimmo Grosso, «stiamo subendo ulteriori ritardi. Noi tutti vorremmo sapere chi ci pagherà i mancati incassi per queste settimane di mancato lavoro».

L'altro nodo da risolvere riguarda il problema della cassa integrazione 2012 che ancora non è stata versata a sessanta marinai in servizio su 16 imbarcazioni. Gli ammortizzatori sociali riguardano i mesi di ottobre, novembre e dicembre scorso: una somma pari a 1.800 euro a testa per ogni marittimo. «Il 16 maggio», riferisce Gabriele Correntini, referente dei marinai, «ci hanno garantito che sarà preparato il decreto che ci consentirà di recuperare le cifre che ci spettano. Le istituzioni stanno lavorando sodo. La nostra speranza è di riuscire a sbloccare i fondi, perché ci sono famiglie che in queste condizioni non possono più andare avanti».

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