I veleni della discarica di Bussi: “Cibi contaminati già dal 1972”

La relazione dell’Istituto superiore della sanità sulla mega discarica: nel ’81 valori «medio alti» di mercurio nei prodotti alimentari vegetali, ma gia nel ’72 valori di mercurio 4,5 volte superiore ai livelli di legge nei pesci catturati alla foce del Pescara

PESCARA. Valori medio alti di mercurio furono rintracciati nei prodotti alimentari vegetali nel 1981, così come mercurio fu trovato nel 1972 nei pesci e nei capelli dei pescatori a Pescara. È quanto scritto dall'Istituto Superiore di Sanità nella Relazione depositata al Processo in Assise a Chieti sulla megadiscarica di veleni di Bussi. E le conclusioni sono choc: «Si ravvisa un pericolo concreto per la salute umana rispetto al rischio di ingestione di mercurio, veicolato tramite suolo, sedimenti ed acque superficiali nella filiera alimentare».

La relazione dell'Iss, realizzata per l'Avvocatura dello Stato, spiega che in uno studio del 1972 sui pesci catturati alla foce del fiume Pescara e nel mare antistante, così come nei capelli dei pescatori, furono riscontrati valori superiori alla legge dal 4,5 sui pesci e 14 volte sugli esseri umani. Nello studio del 1981sui vegetali coltivati in prossimità del fiume, grano, vite e olivo, già all'epoca gli studiosi notarono valori «medio alti». Basandosi su questi ultimi dati «possiamo valutare i valori medi riscontrati sui vegetali raccolti nell'intorno dei sito, nel caso dei germogli di grano, circa 292-561 volte superiori ai livelli tipici di concentrazione di piombo rinvenibili nell'alimento e nei semi 158-225 volte superiori».

Dati preoccupanti che arrivano nel giorno in cui a Pescara si è tenuto un sit-in davanti all'assessorato alla Sanità della Regione Abruzzo nell'ambito della campagna 'Stop-Biocidiò, del Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua. A proposito del disastro ambientale di Bussi sul Tirino è stato chiesto l'avvio immediato dell'indagine epidemiologica, l'avvio di screening sanitari su lavoratori e popolazione, realizzazione di un monitoraggio ambientale e degli alimenti su vasta scala e trasparenza dei dati. Durante la manifestazione è stata anche sottolineata la «necessità di un monitoraggio ambientale a tappeto e di un'indagine epidemiologica approfondita nella Valpescara, Chieti e Pescara incluse, per indagare sulle conseguenze sanitarie dell'esposizione ai contaminanti provenienti dal sito che ha visto coinvolte centinaia di migliaia di persone». Gli attivisti ritengono «incredibile che ancora oggi manchi tale strumento fondamentale per capire se esistono malattie direttamente riconducibili alla drammatica situazione del polo chimico ex Montedison».

«L'aspetto incredibile della vicenda - aggiungono - è che il Forum Acqua aveva già realizzato lo stesso sit-in nel 2008, rimanendo per un giorno e una notte davanti all'assessorato alla Sanità, quando si avviò un tavolo di lavoro che subito naufragò. Da allora il Governo regionale non ha neanche istituito il Registro dei Tumori e di altre malattie che possono essere determinate dall'esposizione a sostanze tossiche e cancerogene, come accaduto con l'acqua data a 700.000 persone, neonati e donne incinte compresi».

Ricordando il primo studio epidemiologico preliminare realizzato dall'Agenzia sanitaria Regionale nel 2012, ma «tenuto nel cassetto e diffuso solo grazie al Forum», gli attivisti chiedono «a tutte le Istituzioni, a partire dalla Regione e dai Comuni, la massima collaborazione affinchè i quattro punti richiesti siano siano realizzati immediatamente». La campagna 'Stop-Biocidiò, nata in Campania per protestare contro lo stato di contaminazione diffusa nella 'terra dei fuochì, è condotta in Abruzzo da una serie di organizzazioni e movimenti, tra cui Forum Acqua, Zona 22, Cobas, Unione sindacale di base, Abruzzo Social Forum e Assemblea Ambiente.

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