Il capretto “cace e ove” di Carmine Cercone

Ingredienti semplici e genuini, profumi di erbe sono i dettagli e la cura a fare la differenza. Lo chef: "Questo piatto parla della nostra terra"

CARMINE CERCONE

chef e proprietario de “La Taverna de li Caldora” a Pacentro (Aq)

 

 

PACENTRO I colori dei prodotti della terra. L’attenzione nella scelta delle materie prime. Il profumo delle erbe spontanee. Sono i dettagli che fanno la differenza e trasformano la cucina in emozione. Emozione dei sensi. Incontro e recupero di tradizioni. A dettare i ritmi sono le stagioni. A fare da contorno i monti della Maiella. Siamo nella Taverna de Li Caldora a Pacentro. Un palazzo del XV secolo ospita il ristorante di Carmine Cercone e sua moglie, Teresa Caparso.

Carmine ha deciso di presentare ai lettori de “Il Centro” la ricetta del suo capretto “cace e ove”, un piatto tipico della tradizione pastorale abruzzese che, nella sua cucina rivive e si arricchisce della scelta di materie prime di piccoli produttori locali. «La ricetta del capretto cacio e uova», spiega lo chef, «è parte integrante della cultura gastronomica dell’Abruzzo montano. A rivelarcelo sono gli stessi ingredienti usati per la sua preparazione, a partire dalle erbe aromatiche, presenti in maniera spontanea in quasi tutte le nostre zone, al pecorino dei nostri pastori, alle uova delle galline che prima c’erano nell’orto di ogni casa fino, chiaramente, al capretto».

Non servono lunghissimi tempi in cucina: in una mezzoretta il piatto è pronto per essere portato in tavola. Ma la preparazione del piatto comincia prima, dalla selezione degli ingredienti. Sul piano di lavoro della cucina della Taverna de Li Caldora tutto è pronto. C’è l’alloro e c’è il rosmarino, c’è l’aglio rosso di Sulmona e c’è l’olio extravergine di oliva. E poi ci sono il lardo, il vino bianco, le uova, il pecorino, il limone. La costruzione del piatto parte dagli occhi che scelgono e dalle mani che, sapientemente, dosano e mescolano gli ingredienti. Poi il profumo prende per mano e guida alla sua scoperta. Si parte da un filo di olio di oliva nel tegame.

«Si aggiungono poi il rosmarino, l’alloro, il peperoncino, gli spicchi di aglio rosso di Sulmona e il lardo e si mette il tutto sul fuoco», spiega Carmine, mentre si muove tra i fornelli e il banco di lavoro della sua cucina. Poi si unisce il capretto, si aggiunge il sale e si lascia rosolare a fuoco vivace. «Questo passaggio è importante», precisa, «in modo da chiudere i pori della carne e conservare tutti i suoi succhi all’interno. Anche l’agnello» precisa lo chef, « si presta bene e viene spesso usato per questa preparazione, diffusa un po’ in tutto il centro-sud Italia, e dà al piatto un sapore più deciso e robusto».

È però il capretto l’elemento-chiave della ricetta diventata un «piatto di cultura» per il ristorante Caldora di Pacentro, sin dall’inizio della sua attività. Sin dal 1979, «anno in cui», precisa Carmine Cercone, «seguendo un’idea di mia moglie Teresa, decidemmo di rilevare l’attività di ristorazione di mio padre». La storia del ristorante Caldora è la storia di tre generazioni di ristoratori: prima Carmine senior, che aveva iniziato la sua attività gestendo un dopolavoro con uso di cucina, poi Giulio Cercone, con cui l’attività si trasferì a palazzo Pitassi e diventò ristorante a tutti gli effetti, oggi con Carmine e Teresa, che hanno ridotto i coperti e trasformato la cucina, facendo della Taverna de Li Caldora un punto di riferimento della cucina abruzzese, noto in tutta Italia e nel mondo.

Ai loro tavoli si sono seduti personaggi del calibro di Susanna Agnelli e Ugo Pagliai, passando per Ugo Tognazzi e Gastone Moschin. Tra una pagina e l’altra di un libro o una laude dannunziana, hanno brindato e assaggiato sapori d’Abruzzo, il critico letterario Ivanos Ciani, Raffaele Nigro e Giuliana Berlinguer, organizzatore e protagonisti del premio letterario che, fino ad una decina di anni fa, era appuntamento annuale della taverna di Pacentro. Più recentemente è stato George Clooney ad innamorarsi della cucina di Carmine e Teresa e della Taverna de li Caldora, tanto da volerla come location di alcune scene del suo film abruzzese The American.

E torniamo ad oggi, mentre il profumo del capretto cacio e uova riempie la cucina de la Taverna. «Parlare di cucina è una delle cose più belle che si possano fare», ci dice lo chef Cercone commentando l’iniziativa de “Il Centro”. «È un interesse mai fine a se stesso, perché, attraverso la cucina, si fanno rivivere la cultura e le tradizioni di un posto». Perché attraverso l’incontro con un piatto, si ascolta il mondo dal quale è nato. Lo raccontano i suoi sapori. Lo rivela il suo gusto. E nel ricordo dei suoi sapori, quel posto diventa un po’ parte anche di te.

Annalisa Civitareale

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