Pescara

Il commerciante: "Tariffa raddoppiata non ho paura dei pignoramenti"

PESCARA. La cartella esattoriale della Tares 2013 intestata a Pietro D’Agostino è chiusa in un cassetto. Tra qualche giorno anche i bollettini della Tari 2014 si aggiungeranno alla pila di avvisi di pagamento scaduti e non ancora saldati. La sua gelateria, Bibò, in viale Pepe, è una delle più conosciute e frequentate della città. Ma nonostante gli affari non vadano così male, il titolare ammette che con i guadagni «è praticamente impossibile pagare tutte le tasse comunali». Il risultato? Anche quest’anno il commerciante, vincitore di una serie di premi e riconoscimenti per la qualità dei suoi prodotti, non riuscirà a versare l’importo da 1.800 euro per la tassa sui rifiuti. «Il guaio è che questi fanno le leggi a seconda di come si svegliano la mattina», sbotta D’Agostino a proposito della decisione presa nei mesi scorsi dalla giunta di centrosinistra, guidata dal sindaco Pd Marco Alessandrini, di alzare ai massimi livelli le aliquote delle imposte di Imu e Tasi e di raddoppiare l’addizionale comunale Irpef. Lo scorso anno la Tares, la vecchia tassa sui rifiuti, ammontava a 800 euro. Una cifra giudicata «spropositata» al punto che, dopo una serie di manifestazioni e proteste lungo le strade della città e persino nelle aule del municipio, l’artigiano si è visto costretto a non saldare il conto.

leggi anche: L'operaio cassintegrato: "Bollette da 710 euro e senza più un lavoro: impossibile saldare"

Ma non è il solo: in base ai dati diffusi nei mesi scorsi dall’assessore ai Tributi Bruna Sammassimo, l’86,45 per cento del totale delle utenze non domestiche non risulta in regola con i pagamenti della vecchia imposta sui rifiuti. Parliamo di circa 7.780 titolari di negozi, bar, ristoranti, pizzerie, imprese, aziende e studi professionali. «Quest’anno la stessa tassa è più che raddoppiata», aggiunge D’Agostino, «mi è arrivata una cartella da 1.800 euro di Tari che si aggiunge ai 2.200 euro di Tasi. Vorrà dire che andrà in rottamazione anche questa. Non vedo come potrei fare diversamente: o si pensa alla sopravvivenza, e quindi a mangiare, oppure si pagano le imposte».

Il titolare di Bibò la prende con finta leggerezza: ammette di non aver fatto alcuna rimostranza al sindaco e alla giunta «poiché siamo stanchi di essere presi in giro da queste amministrazioni che cambiano continuamente». E alla domanda se non teme che la Soget, la società di recupero crediti del Comune, possa arrivare a pignorargli l’attività, risponde laconico: «Vorrà dire che verranno loro a fare i gelati. Quando non hai più nulla da perdere che cosa puoi rischiare? Al massimo verranno a prenderti anche l’anima. Con tutti questi nomi non si capisce più nulla», prosegue, «piuttosto bisognerebbe inventarsi una tassa unica che racchiuda tutti i servizi, poiché così ci confondiamo soltanto e non sappiamo dove vanno a finire davvero i nostri soldi. Qui in viale Pepe, ad esempio, è stato approvato un progetto di rifacimento di strade e marciapiedi, ma i lavori non sono mai iniziati perché dicono che non ci sono i soldi. Il Comune e il Governo», rimarca, «in questa fase dovrebbero abbassare la pressione fiscale per far ripartire l’economia. Penso all’introduzione di un sistema fiscale all’americana, con il 20 per cento di tassazione sugli utili e che ti consente di scaricare l’intero importo di bollette e scontrini. Solo in questo modo si eliminerebbe l’evasione fiscale e si darebbe una bella sterzata al lavoro sommerso. In caso contrario si continuerà a non risolvere nulla: noi cittadini andremo avanti a pagare. E per quale ragione poi? Per far spendere i nostri soldi ai nostri cari amministratori». (y.g.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA