Il Comune chiede i danni a D’Alfonso

Si costituirà parte civile al processo sul caso tangenti al via oggi.

PESCARA. Nel confronto giudiziario più atteso per Luciano D’Alfonso, quello che deve accertare la sussistenza del reato più infamante per un pubblico amministratore - la corruzione per avere preso tangenti - s’inserisce il Comune di Pescara.
L’amministrazione di centrodestra è pronta a costituirsi parte civile e a chiedere i danni all’ex sindaco, accusato di avere creato una squadra d’azione che «agiva per la distrazione di denaro pubblico» allo scopo di finanziare il partito di appartenenza, la Margherita, ma anche attività fuori bilancio utili a far conseguire all’ex leader del Pd un ritorno d’immagine.

LE NOTIFICHE Il processo più importante a carico di D’Alfonso, arrestato un anno fa ad appena 8 mesi dal secondo mandato alla guida della città e da allora fuori dalla scena politica, si apre stamane alle 12. Ventisei imputati, altrettanti avvocati, 53 faldoni di atti, una memoria di 100 pagine del pm Gennaro Varone. Numeri da maxi inchiesta, troppo elevati per uscire indenni da quel porto delle nebbie rappresentato dalle notifiche.
Quella che si aprirà davanti al gup Guido Campli, lo stesso che il 23 febbraio dovrà giudicare l’ex sindaco anche sul concorso per l’assunzione come dirigente comunale di Guido Dezio, si consumerà dunque nell’accertare che indagati e avvocati siano stati regolarmente informati e, se possibile, nel preparare un calendario di udienze.

PROVE DOCUMENTALI A un anno dalla caduta dell’ex sindaco - era il 15 dicembre 2008 - coincidente con le elezioni regionali e successivo di appena 24 ore all’inaugurazione del Calice di Toyo Ito poi sgretolatosi insieme all’amministrazione di centrosinistra, l’inchiesta che tira in ballo D’Alfonso, i suoi più stretti collaboratori e imprenditori come Carlo e Alfonso Toto, Rosario Cardinale e Angelo De Cesaris, si basa quasi interamente su prove documentali, mentre le intercettazioni sono scarse, circostanza quest’ultima che dovrebbe evitare laboriose e interminabili perizie che hanno rallentato altri processi come Ciclone.

L’ACCUSA Varone ha già calato le sue carte, accusando l’ex sindaco di avere ottenuto dai Toto una serie di regalìe (viaggi, voli aerei, un autista factotum pagato dagli imprenditori) in cambio dell’affidamento in concessione per 30 anni di 4mila parcheggi al posto dei 1600 previsti nelle aree di risulta, un affare da 50 milioni di euro; di avere assegnato all’Ati De Cesaris-Delta Lavori il project financing da 18 milioni per il cimitero in cambio della «radicale ristrutturazione» dell’abitazione dell’ex sindaco in via Salita Zanni; di avere ottenuto dall’impresa Eredi Cardinale uno «sconto» tra 100 e 200mila euro sulla villa di Lettomanoppello - un immobile di 350 metri quadri sequestrato a febbraio dal gip - in cambio di 7 appalti in città affidati direttamente o con trattativa privata; di avere tenuto a “riposo” i conti correnti sui quali, per mesi, tra il 2003 e il 2006, non sarebbero stati registrati movimenti. Per la procura, la corruzione è di 520 mila euro.

LA DIFESA
D’Alfonso, le sue carte, invece, le ha tenute finora ben nascoste, per giocarsele direttamente di fronte al gup, convinto di avere le chances per evitare il rinvio a giudizio. Non ha finora chiesto di essere interrogato e non ha presentato memorie difensive. Mosse che si è riservato per l’udienza preliminare, nel tentativo di smontare l’accusa che ha chiuso in modo traumatico la sua avventura politica a Pescara.