Il gesto disperato del vicino: pugni alla porta per salvarla
Si precipita nella villetta dopo le grida della mamma che implora aiuto. Il racconto ai carabinieri: uno strazio quel corpo a terra. Il dolore degli amici
PESCARA. Ha sentito le grida della madre di Jennifer provenire dalla strada, è uscito di casa e si è precipitato davanti alla villetta del delitto. Ieri, il primo a intervenire è stato un vicino di casa di Davide Troilo: si chiama Mirko Bottini e ha tentato di farsi aprire quella maledetta porta chiusa a chiave prendendola a pugni per salvare la vita a una ragazza di 26 anni. «Apri, apri», ha urlato Bottini scagliando pugni contro la porta. «Apri», ha ripetuto ancora. Un tentativo disperato mentre la mamma di Jennifer, Fabiola Bacci, lo pregava di fare qualcosa e di farlo in fretta. Ma quella porta si è aperta troppo tardi, quando ormai non c’era più niente di fare: Bottini è stato il primo a vedere lo strazio all’interno dell’appartamento al primo piano della villetta di via Vicenza 31, all’angolo con via Acquatorbida, una casa che segna il confine tra Pescara e San Giovanni Teatino. Una scena raccapricciante anche per uno come Bottini che di mestiere fa l’impresario funebre: la ragazza, accoltellata e ormai senza vita, in un bagno di sangue. Un caso di scuola di femminicidio. È stato Bottini a chiamare i soccorsi: «Fate presto», ha detto al telefono, ma ormai il tempo di Jennifer era scaduto.
Un cancello, un cortile di una manciata di metri e poi due rampe di scale: Bottini ha fatto di corsa gli 8 gradini della prima rampa e i 9 della seconda. E sono questi gli ultimi passi di Jennifer Sterlecchini lungo un percorso che porta all’appartamento in cui aveva convissuto insieme a Davide fino alla rottura. Una casa in cui l’amore di Davide è diventato odio accecante e furia omicida. Pochi secondi e la vita di Jennifer, una ragazza che nella zona conoscevano tutti per la sua bellezza non comune, è stata spezzata secondo un copione già visto: una storia che finisce, l’uomo che non accetta di essere lasciato e si vendica. Annientando la vita della donna che ha amato così tanto da tatuarsi il suo nome sul braccio. Quasi un modo per gridare al mondo che il loro legame sarebbe resistito fino alla morte.
Ieri per Jennifer avrebbe dovuto essere il primo giorno di un nuovo inizio senza più Davide e, invece, è stata la sua fine: in via Acquatorbida, angolo via Vicenza, era arrivata su una Seicento blu insieme alla mamma per caricare le sue cose e dire addio all’ex fidanzato: nei giorni scorsi, Jennifer e Davide si erano lasciati dopo un’unione durata circa tre anni. Strade divise e, giovedì scorso, ai funerali del nonno di Davide, scomparso 4 giorni fa all’età di 85 anni, Jennifer non era andata: per lei la storia era finita.
Sul balcone, accanto allo stendino e a un tavolino azzurro in ferro, ecco i sacchi neri con gli oggetti quotidiani di Jennifer da riportare a casa della mamma, nel bagagliaio della Seicento un bustone giallo con le sue scarpe, a terra un ferro da stiro. Poi, la tragedia imprevedibile: una porta chiusa e la madre di Jennifer che ascolta le grida della figlia mentre muore. Alla mamma non è rimasto che urlare con tutto il fiato che aveva in corpo per chiedere aiuto: «Mirko ha sentito le grida ed è corso in strada: ha fatto le scale velocemente, ma la porta era chiusa», racconta un vicino. La stessa sequenza che Bottini ha riferito ai carabinieri. Poi, dopo le urla, il silenzio della morte. «Mirko è stato il primo a entrare ma non c’era più niente da fare». La madre di Jennifer si è accasciata a terra, vicino al cancello: la figlia l’ha supplicata di salvarla ma non c’è stato modo. «Mirko l’ha rialzata e l’ha sostenuta», dice ancora il vicino.
Un delitto che ha sconvolto tutto il vicinato: «Era una brava ragazza, laureata in Lingue e Letterature straniere, aveva fatto la barista e adesso faceva la commessa. Faceva tutto quello che capitava», racconta un altro vicino che non riesce a credere a quello che è successo. Perché, per tutti, Davide era «un ragazzo normale»: lavorava in proprio come ascensorista, amava lo sport e si allenava in palestra. Chi lo conosce bene, racconta che Davide fosse geloso ma niente da far pensare a un omicidio: «Un bravo ragazzo, come tanti», dice una pensionata.
«Jennifer l’ho vista nascere», racconta Giorgio Di Clemente, vice sindaco di San Giovanni Teatino, «i suoi nonni sono stati i miei testimoni di nozze. Era un angelo: quando ho saputo quello che è accaduto non volevo crederci e spero ancora che sia solo un incubo. Lui l’ho conosciuto quando si era fidanzato con Jennifer: mi sembrava un ragazzo normale». Da fuori, sembrava una coppia come tante altre: «Lei aveva preso a cuore questo legame: era pronta a fare i sacrifici per quella che a me sembrava già una famiglia». Davide ha un figlio di pochi anni da una relazione precedente e Jennifer voleva bene al bambino. «Per lei», dice Di Clemente, «non era un gioco».
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