Il legale di Ciarelli: processo da trasferire

L'avvocato Metta dopo le minacce a Sarodi: a Pescara c'è incompatibilità ambientale

PESCARA. «È un fatto gravissimo, in queste condizioni non si potrebbe fare una causa a Pescara, non c'è il clima idoneo a giudicare una persona». Parole di Franco Metta, l'avvocato del presunto killer di Domenico Rigante che coglie subito la palla al balzo nel sentire che Luca Sarodi, il legale dei quattro presunti complici del suo assitito Massimo Ciarelli, ha rinunciato alla difesa per minacce. Minacce che secondo l'esperto difensore di Cerignola denoterebbero una mancanza di serenità tale da sollevare l'incompatibilità ambientale prevista dal codice di procedura penale che all'articolo 45 recita: «Quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata dal procuratore generale presso la corte d'appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato rimette il processo ad altro giudice».

COME IL CASO SCAZZI. Il caso Rigante come il caso di Sarah Scazzi, dunque, visto che proprio lo scorso ottobre per l'omicidio di Avetrana fu sollevato dai difensori di Sabrina Misseri la stessa incompatibilità ambientale di cui parla Metta per tentare di spostare addirittura a Potenza, in quel caso, il processo di competenza a Taranto. «Non conosco il collega e non ero ufficialmente a conoscenza di questa situazione», afferma Metta al telefono parlando della scelta di Luca Sarodi, «ma è una cosa molto grave e mi aspetto che qualcuno prenda dei provvedimenti seri, molto seri, anche a livello di magistratura e istituzioni. Mi riferisco al questore, al prefetto e a tutti coloro che devono garantire un clima di serenità e che in questo momento dovrebbero attivarsi per migliorare le condizioni affinché il collega riprenda l'incarico difensivo. Perché non va dimenticato», sottolinea il legale, «che uno dei fondamenti della democrazia è che quando mi serve un avvocato me lo cerco liberamente: impedire a una persona di scegliere liberamente il suo avvocato, perché questi viene minacciato, mi sembra una cosa molto grave».

CLIMA ESASPERATO. Per questo l'avvocato che con il legale Antonio Valentini del foro dell'Aquila condivide la difesa di Massimo Ciarelli, ribadisce: «In queste condizioni non si potrebbe fare una causa a Pescara, c'è un clima molto esasperato. A me non passa neanche per l'anticamera rinunciare alla difesa, ma è anche vero che il collega di Pescara è sicuramente il più esposto di tutti». A raccontare delle minacce di morte e di una situazione divenuta ormai insostenibile, era stato sul Centro di martedì proprio l'avvocato Luca Sarodi che in un lungo sfogo aveva motivato la sua scelta di rinunciare alla difesa dei cugini di Massimo, Luigi, Antonio e Angelo Ciarelli «per evidente, concreta e reale incompatibilità ambientale». «Si è innescato un meccanismo che sfugge a ogni controllo», aveva denunciato il difensore, «molto turbato» dall'ultima intimidazione di sabato quando, sotto casa sua, una «delegazione» di sei persone lo avrebbe avvicinato paventandogli ritorsioni pesanti se non avesse rinunciato «a difendere gli zingari». Una denuncia che aveva indotto anche il presidente dell'Ordine degli avvocati Donato Di Campli a intervenire sollecitando «piena luce da parte degli inquirenti e adeguata tutela all'avvocato che svolge attività difensiva nei processi più delicati».

IL PROCESSO. Per ora, se l'evidenza della prova non metterà il pm Salvatore Campochiaro in condizione di chiedere il giudizio immediato scavalcando così l'udienza preliminare, l'eventuale rinvio a giudizio di Massimo Ciarelli si deciderà a Pescara per poi passare in primo grado alla Corte d'Assise di Chieti (a Pescara non c'è) e poi al secondo grado all'Aquila. A meno che, come paventa il legale di Ciarelli Franco Metta, non venisse provato un eccesso di emotività tale da giustificare la richiesta di spostamento del processo. Tenendo conto, volendo tenere ad esempio ancora l'omicidio di Avetrana, che in quel caso la Cassazione ha rifiutato la richiesta dei difensori di Sabrina, secondo cui la pressione mediatica avrebbe condizionato «il sereno e imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie dei magistrati di Taranto», sostenendo che «quando anche il processo fosse stato spostato non avrebbe in alcun modo eliminato l'eccezionale clamore mediatico nazionale».

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