L'AQUILA

Il Parco: i nostri orsi non aggrediscono 

Sammarone, direttore del Pnalm, spiega  le differenze con il Trentino dove un esemplare ha ucciso un giovane podista

L’AQUILA. L’Abruzzo preso a modello da seguire dopo la tragedia in Trentino in cui un podista di 26 anni, aggredito da un orso, ha perso la vita. Per gli esperti non è il numero di orsi a generare problemi, ma piuttosto le occasioni di incontro con gli esseri umani, che dovrebbero quindi essere limitate. Per evitare tutto ciò, nel Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), il movimento degli escursionisti viene disciplinato. Nelle zone di riserva integrale e di riserva generale, non è consentito uscire dai sentieri. «Su alcune si può andare liberamente, anche con il cane, sempre al guinzaglio, o il cavallo e la bici; in altre no», spiega Luciano Sammarone, direttore del Parco all’interno del quale ci sono anche centri abitati «ma nel Trentino il livello di antropizzazione è maggiore che nella nostra regione: la densità di abitanti per km quadrato è due, tre volte rispetto all’Abruzzo e le persone che frequentano la montagna sono molte di più per cui aumenta anche la possibilità di incontrare gli orsi».
«Da noi», aggiunge, «la fauna selvatica gode di ampi e selvaggi habitat, anche protetti dai vari Parchi».
Le norme di tutela dell’orso sono comunque uguali per tutte le regioni, dato che a salvaguardia di questa specie, particolarmente protetta, ci sono la legge 157 del 1992 e una direttiva europea. Ma la differenza fra il Trentino e l’Abruzzo sta anche e sostanzialmente nel fatto che sulle Alpi c’è l’orso bruno europeo mentre da noi c’è l’orso bruno marsicano (circa 60 esemplari), che è una sottospecie. E l’indole di questa sottospecie, come dimostra uno studio commissionato dal Pnalm all’Università di Ferrara, è diversa.
L’orso marsicano, in altre parole, è geneticamente meno aggressivo di quelli portati dalla Slovenia sulle Alpi. «Fermo restando», specifica Sammarone, «che gli animali aggrediscono solo per difesa o se si sentono alle strette».
E poi, secondo direttore del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise «c’è da tener presente che, sull’Appennino Centrale, questi animali ci sono sempre stati. Non sono mai stati cacciati e fatti estinguere come è accaduto altrove in Italia. Fanno parte quindi da centinaia di anni, della nostra cultura e di una tradizione, anche agro-pastorale, che si tramanda da secoli».
«Qui», prosegue Sammarone, «con gli orsi abbiamo sempre convissuto e, in generale, non esiste un sentimento di repulsione verso di essi. In Trentino, invece, gli orsi sono tornati nel 1999, quando con il progetto Life Ursus è stato ricostituito il nucleo nelle Alpi Centrali, attraverso il rilascio di individui portati dalla Slovenia. Il rapporto con essi è dunque più recente, nuovo e diverso. La natura», conclude il direttore del Parco, «ha tempi differenti dai nostri, abituati a ragionare alla velocità di mail e whatsapp. Per ritrovare un equilibrio necessario con essa, dobbiamo iniziare a ragionare e a comprendere i suoi tempi molto più lunghi». (l.c.)
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