Il Parco nazionale oggi fa 100 anni: quando il re veniva a cacciare gli orsi
Un libro del giornalista De Leo racconta la storia della grande riserva Il 12 luglio del 1923, esattamente un secolo fa, la legge entrò in vigore
Cento anni di Parco Nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio. Oggi si celebra un traguardo importante. Per l’occasione il Touring Club presenta a Montecitorio un libro sull’anniversario scritto da Francesco De Leo, voce inconfondibile di Radio Radicale, che ha scelto di vivere a Pescasseroli, il paese dove è nata la mamma. Nell’articolo che segue pubblichiamo il suo intervento.
di FRANCESCO DE LEO *
Cento anni fa, nel cuore dell’Appennino, quella che era stata una riserva di caccia del Re d’Italia si trasforma in uno dei luoghi più belli del nostro Paese: il Parco Nazionale d’Abruzzo. Vittorio Emanuele II, il re cacciatore, pensa all’istituzione di riserve reali di caccia che possano consentire di evitare lo sterminio incombente e l’estinzione di importanti ed uniche specie selvatiche. Oltre che alle montagne del Gran Paradiso, il sovrano guarda all’Abruzzo, intrigato dalla caccia all’orso. Due mesi dopo la nascita negli Stati Uniti del primo parco nazionale al mondo, quello di Yellowstone, il 21 giugno 1872 due fratelli – Carmelo e Francesco Saverio Sipari, quest’ultimo sindaco di Pescasseroli – offrono al re d’Italia i diritti di caccia su tre montagne di loro proprietà nel comune e nel tenimento di Villavallelonga. Il re accetta e diverse amministrazioni municipali marsicane deliberano di consentirgli l’esclusivo diritto di caccia nei rispettivi territori che danno vita alla Riserva reale Alta Val di Sangro.
Sia l’orso marsicano, sia il lupo e il camoscio avevano abitato in precedenza un’area molto più vasta comprendente quasi l’intero Appennino, ma il degrado degli habitat, procurato dall’eccessivo disboscamento, dalla diffusa antropizzazione, nonché dalla caccia indiscriminata, li aveva relegati in luoghi più remoti e selvaggi. Sarà grazie al sogno lungimirante di Pirotta, Parpagliolo, Sarti, Ghigi e Sipari, parlamentare abruzzese e cugino del filosofo Benedetto Croce, che decenni dopo il Parco Nazionale d’Abruzzo diventa realtà: un’area che tutelerà e proteggerà uno degli ecosistemi naturali più preziosi e ricchi di biodiversità del nostro Paese.
Con Regio Decreto, l’11 gennaio 1923 – convertito in Legge il 12 luglio 1923 – lo Stato italiano riconosce ufficialmente l’istituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, dal territorio di circa 18mila ettari, ben presto esteso a 30.000. La visione dei fondatori, trova linfa ideale nel conservatorismo ambientale di matrice liberale, più di natura elitaria che popolare.
Associazioni ambientaliste e protezionistiche, fondate da scienziati, uomini di cultura, politici e possidenti, nascono con lo scopo di salvaguardare il patrimonio naturale del Paese per ragioni estetiche, etiche, patriottiche e di sviluppo.
La raffinatezza intellettuale di Croce – primo a promuovere all’inizio degli anni ’20 in Italia una legge che tutela paesaggio e bellezze naturali – si miscela al coraggio e alla visione di Erminio Sipari a cui si deve la creazione e la direzione di uno dei primi parchi nazionali europei. Il mio libro ripercorre, a partire dalle vicende che portarono alla fondazione dell’area naturale e poi alla sua soppressione da parte del regime fascista, un secolo di vita del Parco.
Dal dopoguerra con l’amministrazione Saltarelli, a quella di Franco Tassi, sino a giungere all’attuale presidenza di Giovanni Cannata e direzione di Luciano Sammarone. È vero che la vita dell’Ente Parco ha attraversato le stagioni difficili della speculazione edilizia, della crisi finanziaria, di amministrazioni lacunose che lo hanno portato al commissariamento ma, nonostante tutto, si è assolto il compito lasciato in eredità dai fondatori.
La conservazione di due grandi mammiferi endemici, il Camoscio d’Abruzzo e l’Orso Marsicano, la protezione delle faggete vetuste, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco, rappresentano solo alcune delle immense sfide vinte da quegli uomini e donne che, con il loro servizio, hanno contribuito a fare del Parco uno dei più grandi gioielli del nostro paese. Cento anni fa nasceva un luogo incantevole in cui la natura è tradizione, libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo. Paesaggi mozzafiato, animali straordinari e immense foreste che si distendono sui pendii delle montagne come una coperta dai colori intensi e profondi. Oltrepassandone i confini si percepisce chiara la sensazione di trovarsi in un luogo in cui la Natura ha ricevuto un rispetto singolare ed è stata libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo. Oggi la progressiva perdita di biodiversità mette seriamente a rischio il benessere e le possibilità di progresso della popolazione del Pianeta. L’uomo è parte della Natura e la sua esistenza è fortemente legata e connessa agli ecosistemi: quando si distrugge la biodiversità, si minano le basi della stessa vita umana. Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è un patrimonio da continuare a conservare e proteggere ad ogni costo. La sua storia vi appassionerà.
* (autore del libro sulla storia del Parco Nazionale
d’Abruzzo, Molise e Lazio)
di FRANCESCO DE LEO *
Cento anni fa, nel cuore dell’Appennino, quella che era stata una riserva di caccia del Re d’Italia si trasforma in uno dei luoghi più belli del nostro Paese: il Parco Nazionale d’Abruzzo. Vittorio Emanuele II, il re cacciatore, pensa all’istituzione di riserve reali di caccia che possano consentire di evitare lo sterminio incombente e l’estinzione di importanti ed uniche specie selvatiche. Oltre che alle montagne del Gran Paradiso, il sovrano guarda all’Abruzzo, intrigato dalla caccia all’orso. Due mesi dopo la nascita negli Stati Uniti del primo parco nazionale al mondo, quello di Yellowstone, il 21 giugno 1872 due fratelli – Carmelo e Francesco Saverio Sipari, quest’ultimo sindaco di Pescasseroli – offrono al re d’Italia i diritti di caccia su tre montagne di loro proprietà nel comune e nel tenimento di Villavallelonga. Il re accetta e diverse amministrazioni municipali marsicane deliberano di consentirgli l’esclusivo diritto di caccia nei rispettivi territori che danno vita alla Riserva reale Alta Val di Sangro.
Sia l’orso marsicano, sia il lupo e il camoscio avevano abitato in precedenza un’area molto più vasta comprendente quasi l’intero Appennino, ma il degrado degli habitat, procurato dall’eccessivo disboscamento, dalla diffusa antropizzazione, nonché dalla caccia indiscriminata, li aveva relegati in luoghi più remoti e selvaggi. Sarà grazie al sogno lungimirante di Pirotta, Parpagliolo, Sarti, Ghigi e Sipari, parlamentare abruzzese e cugino del filosofo Benedetto Croce, che decenni dopo il Parco Nazionale d’Abruzzo diventa realtà: un’area che tutelerà e proteggerà uno degli ecosistemi naturali più preziosi e ricchi di biodiversità del nostro Paese.
Con Regio Decreto, l’11 gennaio 1923 – convertito in Legge il 12 luglio 1923 – lo Stato italiano riconosce ufficialmente l’istituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, dal territorio di circa 18mila ettari, ben presto esteso a 30.000. La visione dei fondatori, trova linfa ideale nel conservatorismo ambientale di matrice liberale, più di natura elitaria che popolare.
Associazioni ambientaliste e protezionistiche, fondate da scienziati, uomini di cultura, politici e possidenti, nascono con lo scopo di salvaguardare il patrimonio naturale del Paese per ragioni estetiche, etiche, patriottiche e di sviluppo.
La raffinatezza intellettuale di Croce – primo a promuovere all’inizio degli anni ’20 in Italia una legge che tutela paesaggio e bellezze naturali – si miscela al coraggio e alla visione di Erminio Sipari a cui si deve la creazione e la direzione di uno dei primi parchi nazionali europei. Il mio libro ripercorre, a partire dalle vicende che portarono alla fondazione dell’area naturale e poi alla sua soppressione da parte del regime fascista, un secolo di vita del Parco.
Dal dopoguerra con l’amministrazione Saltarelli, a quella di Franco Tassi, sino a giungere all’attuale presidenza di Giovanni Cannata e direzione di Luciano Sammarone. È vero che la vita dell’Ente Parco ha attraversato le stagioni difficili della speculazione edilizia, della crisi finanziaria, di amministrazioni lacunose che lo hanno portato al commissariamento ma, nonostante tutto, si è assolto il compito lasciato in eredità dai fondatori.
La conservazione di due grandi mammiferi endemici, il Camoscio d’Abruzzo e l’Orso Marsicano, la protezione delle faggete vetuste, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco, rappresentano solo alcune delle immense sfide vinte da quegli uomini e donne che, con il loro servizio, hanno contribuito a fare del Parco uno dei più grandi gioielli del nostro paese. Cento anni fa nasceva un luogo incantevole in cui la natura è tradizione, libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo. Paesaggi mozzafiato, animali straordinari e immense foreste che si distendono sui pendii delle montagne come una coperta dai colori intensi e profondi. Oltrepassandone i confini si percepisce chiara la sensazione di trovarsi in un luogo in cui la Natura ha ricevuto un rispetto singolare ed è stata libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo. Oggi la progressiva perdita di biodiversità mette seriamente a rischio il benessere e le possibilità di progresso della popolazione del Pianeta. L’uomo è parte della Natura e la sua esistenza è fortemente legata e connessa agli ecosistemi: quando si distrugge la biodiversità, si minano le basi della stessa vita umana. Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è un patrimonio da continuare a conservare e proteggere ad ogni costo. La sua storia vi appassionerà.
* (autore del libro sulla storia del Parco Nazionale
d’Abruzzo, Molise e Lazio)