Televisione
Il pescarese più visto d’Italia “ucciso” all’ultima puntata
L’attore Giampiero Mancini recita in Squadra Antimafia con Bocci e Michelini «Ecco come ci ammazziamo sul set tra microcariche esplosive e sangue finto»
PESCARA. «Fare la scena di un’uccisione è sempre una cosa carina anche se mi ricordo che quella di Squadra Antimafia 6 è stata cruenta». Il pescarese più visto d’Italia, lunedì scorso, è stato l’attore Giampiero Mancini, 42 anni. Nell’ultima puntata delle serie televisiva, Mancini ha recitato la parte del capo dei Servizi segreti schierato dalla parte del protagonista in lotta contro lo Stato deviato, il poliziotto Domenico Calcaterra. Tutto in una puntata per Mancini: prima l’ingresso trionfale da coordinatore delle indagini sui rapporti perversi fra Stato e mafia e poi l’omicidio in auto a colpi di pistola. «Come funziona essere uccisi sul set? C’è una microcarica esplosiva applicata sul corpo che, poi, viene fatta esplodere da un artificiere, tramite un comando radio, quando l’altro attore finge di sparare. La detonazione provoca anche lo scoppio di una borsetta di sangue finto che schizza. Se fa male? Sì, si sente un bruciore sulla pelle, quanto basta per darti un po’ di adrenalina. La mia parte è stata un cameo: visto il volto noto grazie alle mie partecipazione in televisione, cinema e teatro, nessuno avrebbe pensato che potessi finire ammazzato».
Un «cameo» lo chiama Mancini, uno che a Pescara fa anche l’insegnante nella scuola per attori Smo lab di via dei Peligni. Ma la parte, per lui che ha già recitato in Distretto di Polizia e Ris, è arrivata nella puntata finale, la più attesa dal pubblico, quasi 5 milioni di telespettatori: «Mentre stavo girando Angeli con Raoul Bova, mi è stata chiesta la partecipazione a Squadra Antimafia 6 per un ruolo misterioso. Mi hanno spiegato che il cattivo storico di Squadra Antimafia è uno dei Servizi segreti che ha tradito, Filippo De Silva. Quindi, verso di me che ne ho interpretato il successore, doveva esserci un po’ di diffidenza. Però, ero un buono e la mia morte lo testimonia». Prima uno sguardo complice con una ragazza della malavita e poi i proiettili: «In quel frangente poteva sembrare che anch’io fossi un cattivo ma non era così. Abbiamo giocato sul fatto che, io guardandola, la stessi corteggiando». Ma l’ha vista la scena dell’omicidio? «Francamente no, stavo facendo lezione nella mia scuola: mentre morivo in televisione, nella vita vera, stavo insegnando. Noi attori raramente vediamo quello che facciamo. Comunque, quella scena la vedrò. Quando fai un action, ci sta di essere ucciso anche se io muoio più spesso a teatro. In televisione, di solito, mi arrestano. Ma non è vero che faccio solo il cattivo: nei Segreti di Borgo Larici facevo il dottor Conti, un buonissimo».
Accanto a Calcaterra, il più amato dalle donne: «Lo so», ride Mancini, «Marco Bocci è uno bravo e simpatico anche se lo conosco poco. Poi c’è Giulia Michelini, nella parte di Rosy Abate. Un grande cast, con un intreccio in cui si mescolano azione e storie d’amore. Ecco, grazie a questi ingredienti, il prodotto è vincente. Un po’ come lo spot dell’auto con i giocatori della Roma: ci sono cose che ti danno popolarità a prescindere». A Natale, vedremo Mancini al cinema con la commedia «La prima volta di mia figlia» con la regia di Riccardo Rossi. «Poi», dice l’attore, «sto girando un film con Cristiana Capotondi e sarò presto su Raidue con Zio Gianni».
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