Il Pil cresce più delle attese. E Padoan chiede lo "sconto"
Il ministro indica un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,3% nel 2018. Potrebbe valere circa 9 miliardi di risparmio nella prossima legge di Bilancio
ROMA. Sorpresa Italia. Non se lo aspettava nessuno, forse fino all'ultimo nemmeno il premier Paolo Gentiloni che parla di crescita superiore al previsto, ma nel primo trimestre dell'anno l'economia ha registrato un vero e proprio balzo in avanti dello 0,4%. Il doppio di quanto inizialmente stimato dall'Istat e una percentuale che riporta finalmente il Paese in carreggiata con il resto d'Europa.
Una notizia, soprattutto, che il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha potuto portarsi sottobraccio a Bruxelles in un giorno di svolta nei rapporti tra l'Italia e la Commissione. Non solo per l'atteso accordo su Mps raggiunto con la dg concorrenza guidata da Margrethe Vestager, ma perché, approfittando del momento propizio e bruciando in qualche modo le tappe forse in vista dell'approssimarsi di nuove elezioni, Padoan ha deciso di presentare subito ed apertamente la proposta italiana di aggiustamento dei conti pubblici per il prossimo anno. Il ministro lo ha fatto con una lettera a Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.
Secondo l'Italia, spiega il titolare di Via XX Settembre, la correzione del deficit strutturale del 2018 non dovrà più essere dello 0,8% del Pil, come previsto solo un mese e mezzo fa nel Def, ma limitata allo 0,3%. E' questo l'unico modo per non schiacciare l'economia con l'estremo rigore dei conti. E' questo «il sentiero stretto», come ama definirlo il tecnico del governo, tra crescita ed equilibrio di bilancio. In pratica quella richiesta da Padoan è nuova flessibilità: stavolta non in senso letterale sull'interpretazione delle regole dei trattati, ma comunque sui margini finanziari per la manovra 2018.
La via intrapresa finora per non soffocare la ripresa sta del resto mostrando di «funzionare», secondo il Mef, vista la combinazione positiva dei due dati Istat consecutivi, sull'occupazione prima e sul Pil dopo.
Allo stato attuale sui conti italiani pesano ancora poco meno di 16 miliardi di clausole di salvaguardia sull'Iva (3,8 sono stati già disinnescati con la manovra-bis appena approvata alla Camera), previsti per garantire all'Europa il raggiungimento di precisi obiettivi di deficit. Abbassando quegli obiettivi (l'indebitamento strutturale porta con sé effetti inevitabili anche sul deficit nominale su cui comunemente si calcola il rapporto con il Pil), varierà anche l'ammontare delle risorse da reperire con gli aumenti dell'Iva. In pratica, se l'Ue accorderà all'Italia tutto lo sconto richiesto, si tratterà di circa 9 miliardi di peso in meno sulla manovra del prossimo anno. Sull'Iva resteranno così meno di 7 miliardi di aumenti che il governo, qualsiasi esso sia, potrà decidere di far scattare, con ritocchi dell'imposta a questo punto inferiori rispetto a quelli previsti, o di eliminare completamente andando a caccia di altre coperture.
«Il mio obiettivo è di lasciare il paese con le finanze pubbliche nel miglior stato possibile e in piena sicurezza», ha commentato Padoan, parlando «come ministro delle Finanze in carica, ma - per sua stessa ammissione - anche come membro di un governo che tra qualche mese sarà rimpiazzato da un altro».
La mossa di ieri, quasi un contropiede considerando l'anticipo dei tempi rispetto alla normale revisione autunnale delle previsioni macroeconomiche, non può non far pensare alla probabilità di elezioni vicine, alle quali il ministro dell'Economia punta a far arrivare il Paese con basi il più salde possibili. Un ragionamento che non può sfuggire a Bruxelles. Verso la «ragionevole» proposta dell'Italia Moscovici si è già mostrato benevolo. «Questa Commissione è al fianco dell'Italia», ha assicurato.
Una notizia, soprattutto, che il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha potuto portarsi sottobraccio a Bruxelles in un giorno di svolta nei rapporti tra l'Italia e la Commissione. Non solo per l'atteso accordo su Mps raggiunto con la dg concorrenza guidata da Margrethe Vestager, ma perché, approfittando del momento propizio e bruciando in qualche modo le tappe forse in vista dell'approssimarsi di nuove elezioni, Padoan ha deciso di presentare subito ed apertamente la proposta italiana di aggiustamento dei conti pubblici per il prossimo anno. Il ministro lo ha fatto con una lettera a Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.
Secondo l'Italia, spiega il titolare di Via XX Settembre, la correzione del deficit strutturale del 2018 non dovrà più essere dello 0,8% del Pil, come previsto solo un mese e mezzo fa nel Def, ma limitata allo 0,3%. E' questo l'unico modo per non schiacciare l'economia con l'estremo rigore dei conti. E' questo «il sentiero stretto», come ama definirlo il tecnico del governo, tra crescita ed equilibrio di bilancio. In pratica quella richiesta da Padoan è nuova flessibilità: stavolta non in senso letterale sull'interpretazione delle regole dei trattati, ma comunque sui margini finanziari per la manovra 2018.
La via intrapresa finora per non soffocare la ripresa sta del resto mostrando di «funzionare», secondo il Mef, vista la combinazione positiva dei due dati Istat consecutivi, sull'occupazione prima e sul Pil dopo.
Allo stato attuale sui conti italiani pesano ancora poco meno di 16 miliardi di clausole di salvaguardia sull'Iva (3,8 sono stati già disinnescati con la manovra-bis appena approvata alla Camera), previsti per garantire all'Europa il raggiungimento di precisi obiettivi di deficit. Abbassando quegli obiettivi (l'indebitamento strutturale porta con sé effetti inevitabili anche sul deficit nominale su cui comunemente si calcola il rapporto con il Pil), varierà anche l'ammontare delle risorse da reperire con gli aumenti dell'Iva. In pratica, se l'Ue accorderà all'Italia tutto lo sconto richiesto, si tratterà di circa 9 miliardi di peso in meno sulla manovra del prossimo anno. Sull'Iva resteranno così meno di 7 miliardi di aumenti che il governo, qualsiasi esso sia, potrà decidere di far scattare, con ritocchi dell'imposta a questo punto inferiori rispetto a quelli previsti, o di eliminare completamente andando a caccia di altre coperture.
«Il mio obiettivo è di lasciare il paese con le finanze pubbliche nel miglior stato possibile e in piena sicurezza», ha commentato Padoan, parlando «come ministro delle Finanze in carica, ma - per sua stessa ammissione - anche come membro di un governo che tra qualche mese sarà rimpiazzato da un altro».
La mossa di ieri, quasi un contropiede considerando l'anticipo dei tempi rispetto alla normale revisione autunnale delle previsioni macroeconomiche, non può non far pensare alla probabilità di elezioni vicine, alle quali il ministro dell'Economia punta a far arrivare il Paese con basi il più salde possibili. Un ragionamento che non può sfuggire a Bruxelles. Verso la «ragionevole» proposta dell'Italia Moscovici si è già mostrato benevolo. «Questa Commissione è al fianco dell'Italia», ha assicurato.