Il pm accelera, indagini concluse tra un mese
Il sindaco e le dimissioni: «Parlerò sabato». Ma non andrà alla convention del Pd
«Sono finito all’inferno, un angelo mi ha riportato su. Ho lavorato soltanto per il bene della città»
PESCARA. La procura è pronta a chiudere l’inchiesta su Luciano D’Alfonso e l’ex sindaco si prepara ad annunciare la propria decisione sulla possibile revoca delle dimissioni. «Parlerò il 3 gennaio», ha detto ieri l’ex leader del Pd rimesso in libertà sei giorni fa. Ma i consiglieri più vicini a D’Alfonso hanno escluso categoricamente che il sindaco approfitterà dell’appuntamento che il Pd ha dato a politici e cittadini per sabato, al cinema-teatro Sant’Andrea, per ripercorrere e raccontare i cinque anni e sette mesi di amministrazione «che hanno cambiato la città».
Secondo il consigliere-portavoce Enzo Del Vecchio, «non parlerà prima del 5 gennaio», l’ultimo giorno utile cioè per ritirare le dimissioni prima che arrivi il commissario.
Ieri, D’Alfonso si è limitato a pronunciare poche parole: «Tutto quello che ho fatto fino a oggi, l’ho fatto esclusivamente per il bene della città. Sono finito all’inferno, ma un angelo mi ha riportato su». Ma torniamo all’inchiesta.
INDAGINE ALLA FINE. Entro gennaio, il sostituto procuratore Gennaro Varone potrebbe firmare l’avviso di conclusione delle indagini per i 40 indagati. E’ l’atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio. La procura confermerà in gran parte le accuse che, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione, dalla concussione al falso, dal peculato alla truffa. Una volta ricevuta la notifica, gli indagati avranno 20 giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di essere interrogati. Ma tra l’avviso e la richiesta di processo potrebbero trascorrere anche molti mesi.
LE MOSSE DELLA PROCURA. Quali saranno le ultime mosse della procura? Anzitutto, gli
accertamenti bancari sulle cosiddette parcelle d’oro ai consulenti esterni del Comune: gli inquirenti sono in attesa di risposte dagli istituti di credito per ricostruire come siano stati liquidati gli otto incarichi, quattro per parte, affidati all’avvocato Marco Mariani e all’ingegnere Francesco Ferragina, titolare della società Kon, che hanno sede nel medesimo indirizzo a Firenze e a Roma. I due professionisti, indagati per corruzione, avrebbero ricevuto complessivamente 340mila euro. «Consulenze duplicate e assolutamente prive di giustificazione», scrive il gip nell’ordinanza.
Nel dicembre del 2004, in qualità di commissari di gara, approvarono la proposta di project financing - sulla privatizzazione dei cimiteri cittadini - dell’associazione temporanea di imprese Fidia, formata dalla Delta Costruzioni e dalla ditta dell’imprenditore francavillese Massimo De Cesaris, rimasto agli arresti domiciliari fino alla vigilia di Natale.
I due sarebbero stati retribuiti dalla ditta che si aggiudicò l’appalto e «solo a condizione che approvassero il progetto controllato», scrive il gip. Come a dire, che i controllati pagavano i controllori. Per metà degli incarichi affidati ai due dall’ex dirigente comunale Giampiero Leombroni - sostiene l’accusa - sarebbe già stata acquisita la prova che la parcella sia stata liquidata dalle imprese aggiudicatarie.
GLI INTERROGATORI. La procura conta poi, proprio attraverso l’interrogatorio di Leombroni, di arrivare a stabilire che sia stato D’Alfonso a disporre di frazionare e ripetere gli incarichi ai due consulenti «con l’obiettivo», scrive la procura, «di mantenere ciascuno di essi sotto il limite dei 100mila euro», così da rendere possibile l’affidamento diretto senza ricorrere a una gara. Per il momento, non esistono testimonianze né riscontri documentali che colleghino il nome di D’Alfonso alle parcelle d’oro. Non è escluso, poi, che vengano sentiti altri imprenditori, ma ormai il quadro delle accuse è completato. Sulla prima ordinanza del gip Luca De Ninis, il termine ultimo per completare le indagini è comunque fissato in tre mesi.
LE TRE INCHIESTE. Le inchieste a carico del sindaco continueranno a viaggiare parallelamente. Esclusa quindi la riunificazione dei fascicoli. E’ possibile, al massimo, solo una collaborazione tra i pm, visto che il pool che si occupa della gestione dell’Urbanistica e dei 22 accordi di programma firmati da big del mattone e costati a D’Alfonso un procedimento per corruzione, abuso e finanziamento illecito ai partiti, ha già passato da tempo al setaccio tutti i conti del sindaco e dei suoi familiari più stretti, fino al terzo grado di parentela, arrivando alla conclusione che non esistono tesori nascosti.
Le informazioni raccolte dai magistrati Pietro Mennini, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, che devono ancora decidere come chiudere il fascicolo, potrebbero ora essere utilizzate da Varone per l’inchiesta sulla presunta organizzazione che controllava gli affari della città.
«D’Alfonso non è Cantagallo», ha commentato ieri un inquirente in riferimento alle presunte tangenti - ancora in attesa di passare al vaglio del gup - che avrebbe ricevuto l’ex sindaco di Montesilvano, oggetto dell’inchiesta denominata Ciclone, diretta due anni fa dal pm Varone con la squadra mobile guidata da Nicola Zupo.
E’ invece chiusa da più di un anno, e attende solo il completamento delle notifiche prima della richiesta di processo, l’inchiesta - dove il sindaco è indagato per abuso patrimoniale - condotta dal pm Paolo Pompa sul concorso per l’assunzione in Comune dell’ex braccio destro Guido Dezio. Ovviamente escluso dalla riunificazione anche il fascicolo sul verde «Green connection», pure conclusa e alla quale D’Alfonso è estraneo.
LE DIMISSIONI. Mentre l’indagine volge al termine, aumenta l’attesa sul nodo delle dimissioni, che il sindaco non ha ancora sciolto. Sulla decisione peserà in modo decisivo il sostegno che arriverà dalla segreteria nazionale del Pd. In procura, nessuno crede alla possibilità che D’Alfonso tornerà indietro.
Intanto, ieri è continuata la processione nella casa di Salita Zanni. A trovare il sindaco sono andati anche il commissario straordinario dei Giochi del Mediterraneo 2009, Mario Pescante, l’ex consigliere regionale Gianni Melilla, il presidente della Fondazione PescarAbruzzo Nicola Mattoscio e l’ex assessore regionale Donato Di Matteo.
Secondo il consigliere-portavoce Enzo Del Vecchio, «non parlerà prima del 5 gennaio», l’ultimo giorno utile cioè per ritirare le dimissioni prima che arrivi il commissario.
Ieri, D’Alfonso si è limitato a pronunciare poche parole: «Tutto quello che ho fatto fino a oggi, l’ho fatto esclusivamente per il bene della città. Sono finito all’inferno, ma un angelo mi ha riportato su». Ma torniamo all’inchiesta.
INDAGINE ALLA FINE. Entro gennaio, il sostituto procuratore Gennaro Varone potrebbe firmare l’avviso di conclusione delle indagini per i 40 indagati. E’ l’atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio. La procura confermerà in gran parte le accuse che, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione, dalla concussione al falso, dal peculato alla truffa. Una volta ricevuta la notifica, gli indagati avranno 20 giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di essere interrogati. Ma tra l’avviso e la richiesta di processo potrebbero trascorrere anche molti mesi.
LE MOSSE DELLA PROCURA. Quali saranno le ultime mosse della procura? Anzitutto, gli
accertamenti bancari sulle cosiddette parcelle d’oro ai consulenti esterni del Comune: gli inquirenti sono in attesa di risposte dagli istituti di credito per ricostruire come siano stati liquidati gli otto incarichi, quattro per parte, affidati all’avvocato Marco Mariani e all’ingegnere Francesco Ferragina, titolare della società Kon, che hanno sede nel medesimo indirizzo a Firenze e a Roma. I due professionisti, indagati per corruzione, avrebbero ricevuto complessivamente 340mila euro. «Consulenze duplicate e assolutamente prive di giustificazione», scrive il gip nell’ordinanza.
Nel dicembre del 2004, in qualità di commissari di gara, approvarono la proposta di project financing - sulla privatizzazione dei cimiteri cittadini - dell’associazione temporanea di imprese Fidia, formata dalla Delta Costruzioni e dalla ditta dell’imprenditore francavillese Massimo De Cesaris, rimasto agli arresti domiciliari fino alla vigilia di Natale.
I due sarebbero stati retribuiti dalla ditta che si aggiudicò l’appalto e «solo a condizione che approvassero il progetto controllato», scrive il gip. Come a dire, che i controllati pagavano i controllori. Per metà degli incarichi affidati ai due dall’ex dirigente comunale Giampiero Leombroni - sostiene l’accusa - sarebbe già stata acquisita la prova che la parcella sia stata liquidata dalle imprese aggiudicatarie.
GLI INTERROGATORI. La procura conta poi, proprio attraverso l’interrogatorio di Leombroni, di arrivare a stabilire che sia stato D’Alfonso a disporre di frazionare e ripetere gli incarichi ai due consulenti «con l’obiettivo», scrive la procura, «di mantenere ciascuno di essi sotto il limite dei 100mila euro», così da rendere possibile l’affidamento diretto senza ricorrere a una gara. Per il momento, non esistono testimonianze né riscontri documentali che colleghino il nome di D’Alfonso alle parcelle d’oro. Non è escluso, poi, che vengano sentiti altri imprenditori, ma ormai il quadro delle accuse è completato. Sulla prima ordinanza del gip Luca De Ninis, il termine ultimo per completare le indagini è comunque fissato in tre mesi.
LE TRE INCHIESTE. Le inchieste a carico del sindaco continueranno a viaggiare parallelamente. Esclusa quindi la riunificazione dei fascicoli. E’ possibile, al massimo, solo una collaborazione tra i pm, visto che il pool che si occupa della gestione dell’Urbanistica e dei 22 accordi di programma firmati da big del mattone e costati a D’Alfonso un procedimento per corruzione, abuso e finanziamento illecito ai partiti, ha già passato da tempo al setaccio tutti i conti del sindaco e dei suoi familiari più stretti, fino al terzo grado di parentela, arrivando alla conclusione che non esistono tesori nascosti.
Le informazioni raccolte dai magistrati Pietro Mennini, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, che devono ancora decidere come chiudere il fascicolo, potrebbero ora essere utilizzate da Varone per l’inchiesta sulla presunta organizzazione che controllava gli affari della città.
«D’Alfonso non è Cantagallo», ha commentato ieri un inquirente in riferimento alle presunte tangenti - ancora in attesa di passare al vaglio del gup - che avrebbe ricevuto l’ex sindaco di Montesilvano, oggetto dell’inchiesta denominata Ciclone, diretta due anni fa dal pm Varone con la squadra mobile guidata da Nicola Zupo.
E’ invece chiusa da più di un anno, e attende solo il completamento delle notifiche prima della richiesta di processo, l’inchiesta - dove il sindaco è indagato per abuso patrimoniale - condotta dal pm Paolo Pompa sul concorso per l’assunzione in Comune dell’ex braccio destro Guido Dezio. Ovviamente escluso dalla riunificazione anche il fascicolo sul verde «Green connection», pure conclusa e alla quale D’Alfonso è estraneo.
LE DIMISSIONI. Mentre l’indagine volge al termine, aumenta l’attesa sul nodo delle dimissioni, che il sindaco non ha ancora sciolto. Sulla decisione peserà in modo decisivo il sostegno che arriverà dalla segreteria nazionale del Pd. In procura, nessuno crede alla possibilità che D’Alfonso tornerà indietro.
Intanto, ieri è continuata la processione nella casa di Salita Zanni. A trovare il sindaco sono andati anche il commissario straordinario dei Giochi del Mediterraneo 2009, Mario Pescante, l’ex consigliere regionale Gianni Melilla, il presidente della Fondazione PescarAbruzzo Nicola Mattoscio e l’ex assessore regionale Donato Di Matteo.