Il signore delle cerimonie tra sigari, debiti e inchieste
La parabola di Adamo Di Natale, dai tempi del Bar Berardo al Parco dei Principi Nel 2017 le prime contestazioni per reati fiscali, poi vittima dell’usura dei clan
PESCARA. Se dici festa di matrimonio, comunione e battesimo, dici Adamo Di Natale. È lui il signore delle cerimonie: generazioni di pescaresi sono passate nei suoi locali per brindare ai momenti da ricordare. Il curriculum imprenditoriale di Di Natale comprende un lungo elenco di bar, ristoranti e locali della movida: in principio è stato il bar Berardo in piazza Salotto, un’attività che ha segnato gli anni d’oro della Pescara rampante, poi i ristoranti Le Terrazze a picco sulla Nave di Cascella e Parco dei Principi sulle colline di Pescara e lo stabilimento balneare Sayonara a Tortoreto. Intorno a Di Natale, una costellazione di società: Mas, Mass Ge, Tropik, Zest e lo Stellari Group. Affari che si intrecciano prima con le cartelle dell’Agenzia delle Entrate e poi con le inchieste giudiziarie. «Non mollare mai. A volte sembra la fine della strada ma spesso è solo una curva sul tuo cammino», questa è una delle massime dell’imprenditore della ristorazione: una resilienza quotidiana davanti ai debiti e ai capi di imputazione. E adesso c’è un’altra inchiesta che ruota intorno ai suoi affari, con 4 arresti e un lungo menù di reati: trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, utilizzo di beni e denari di provenienza illecita, bancarotta fraudolenta. Di Natale è indagato insieme al figlio Federico mentre la moglie Anna Paola Cavaliere, sposata nel 1984, è agli arresti domiciliari.
FINO ALLA FINE
L’amato sigaro stretto in bocca come un compagno di viaggio di tutti i giorni, la passione per la cucina e per il vino più forte degli accertamenti fiscali e degli atti giudiziari, la fede nel Pescara di mister Silvio Baldini che lotta fino alla fine e poi vince e alza le braccia al cielo. «Nella vita si superano tante cose, ma non si dimentica niente», è la filosofia di Di Natale raccontata sulla sua pagina Facebook: sembra quasi un avvertimento.
il gioco di CREDITI E DEBITI
Ormai è almeno dal 2017 che l’imprenditore dei banchetti deve dividersi tra il lavoro in sala e le inchieste: sette anni fa, la procura di Teramo lo accusa di un reato fiscale «perché, quale legale rappresentante nonché socio accomandatario dello stabilimento Sayonara di Di Natale Adamo & C. sas, con sede a Tortoreto, viale Sirena, non versava le somme dovute utilizzando in compensazione, crediti inesistenti per un importo complessivo di euro 502.432,66». E la procura fa i conti al centesimo: «In particolare, nel corso dell’anno 2017, utilizzava a compensazione crediti derivanti da eccedenze d’imposte sostitutive riferite agli anni che vanno dal 1998 al 2012, per un totale di euro 502.432,66». Queste accuse sono le prime crepe nell’impero di Di Natale.
due CONSULENTI DA NAPOLI
L’anno dopo, nel 2018, arriva una contestazione fotocopia dalla procura di Chieti che gli contesta 178 versamenti da uno o due centesimi per azzerare quasi 4,5 milioni di euro di debiti con il fisco «mediante compensazione con crediti inesistenti, non risultanti dalle dichiarazioni fiscali e artificiosamente creati in epoca successiva». «Impressionante», è la parola usata nelle carte giudiziarie per definire la mole di operazioni contestate all’imprenditore della ristorazione, ritenuto «senza dubbio tra i più importanti clienti» di due consulenti napoletani, all’epoca finiti in carcere.
«FALSI AMICI»
«Con il tempo si scopre tutto», scrive Di Natale, «le bugie più nascoste, le ragioni più evidenti e gli amici più falsi». E sulla sua strada, secondo altre indagini della procura di Pescara risalenti al 2022 e 2023, Di Natale incrocia anche la criminalità organizzata pugliese che vuole infiltrarsi nel commercio cittadino e che, a fronte di un prestito da 100mila euro, gli presenta un conto moltiplicato a un tasso usurario del 453%. Un pugliese, «già contiguo al clan Nardino e in stretti rapporti con apicali esponenti della Società Foggiana», riesce a ottenere da Di Natale «la cessione di un appartamento nella centralissima via Regina Elena a Pescara, (appartenente alla moglie di Di Natale, ndr), del valore di 300mila euro, con l’applicazione di un tasso usurario pari ad oltre il 453% con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di esercenti attività commerciali (ristoratori) e in stato di bisogno, nonché al fine di agevolare l’attività della “batteria” denominata Moretti/Lanza/Pellegrino e della più vasta associazione di tipo mafioso denominata Società Foggiana, di cui la predetta “batteria” costituisce una delle articolazioni operative». È un tentativo di infiltrazione talmente importante che la Direzione investigativa antimafia lo cita nella relazione semestrale al Parlamento: in questo frangente, Di Natale diventa vittima dell’usura. «L’indagine», spiega il rapporto della Dia, «ha disvelato l’operatività nel territorio pescarese di esponenti della mafia foggiana che, servendosi dei metodi e della fama mafiosa dell’associazione di riferimento, erogavano prestiti monetari a tassi usurari, talvolta seguiti da attività estorsive, in danno di imprenditori locali operanti nel settore della ristorazione e del commercio di autovetture di lusso».
«SILENZIO MALIZIOSO»
Otto mesi fa, un’altra spallata quando torna a galla la storia della compensazione tra debiti e crediti dello stabilimento Sayonara. Un locale che, nel 2018, Di Natale riesce a vendere ma, secondo la Corte di Cassazione, tenendo «il silenzio» su un debito di oltre un milione di euro con il Fisco. Questo dettaglio, considerato «artatamente taciuto» e «maliziosamente serbato» durante la trattativa di compravendita, gli vale una condanna a un anno e 8 mesi per truffa. Ma una sentenza, anche se ormai è irrevocabile, non ferma Di Natale che già pensa ai prossimi piatti e vini da servire.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
FINO ALLA FINE
L’amato sigaro stretto in bocca come un compagno di viaggio di tutti i giorni, la passione per la cucina e per il vino più forte degli accertamenti fiscali e degli atti giudiziari, la fede nel Pescara di mister Silvio Baldini che lotta fino alla fine e poi vince e alza le braccia al cielo. «Nella vita si superano tante cose, ma non si dimentica niente», è la filosofia di Di Natale raccontata sulla sua pagina Facebook: sembra quasi un avvertimento.
il gioco di CREDITI E DEBITI
Ormai è almeno dal 2017 che l’imprenditore dei banchetti deve dividersi tra il lavoro in sala e le inchieste: sette anni fa, la procura di Teramo lo accusa di un reato fiscale «perché, quale legale rappresentante nonché socio accomandatario dello stabilimento Sayonara di Di Natale Adamo & C. sas, con sede a Tortoreto, viale Sirena, non versava le somme dovute utilizzando in compensazione, crediti inesistenti per un importo complessivo di euro 502.432,66». E la procura fa i conti al centesimo: «In particolare, nel corso dell’anno 2017, utilizzava a compensazione crediti derivanti da eccedenze d’imposte sostitutive riferite agli anni che vanno dal 1998 al 2012, per un totale di euro 502.432,66». Queste accuse sono le prime crepe nell’impero di Di Natale.
due CONSULENTI DA NAPOLI
L’anno dopo, nel 2018, arriva una contestazione fotocopia dalla procura di Chieti che gli contesta 178 versamenti da uno o due centesimi per azzerare quasi 4,5 milioni di euro di debiti con il fisco «mediante compensazione con crediti inesistenti, non risultanti dalle dichiarazioni fiscali e artificiosamente creati in epoca successiva». «Impressionante», è la parola usata nelle carte giudiziarie per definire la mole di operazioni contestate all’imprenditore della ristorazione, ritenuto «senza dubbio tra i più importanti clienti» di due consulenti napoletani, all’epoca finiti in carcere.
«FALSI AMICI»
«Con il tempo si scopre tutto», scrive Di Natale, «le bugie più nascoste, le ragioni più evidenti e gli amici più falsi». E sulla sua strada, secondo altre indagini della procura di Pescara risalenti al 2022 e 2023, Di Natale incrocia anche la criminalità organizzata pugliese che vuole infiltrarsi nel commercio cittadino e che, a fronte di un prestito da 100mila euro, gli presenta un conto moltiplicato a un tasso usurario del 453%. Un pugliese, «già contiguo al clan Nardino e in stretti rapporti con apicali esponenti della Società Foggiana», riesce a ottenere da Di Natale «la cessione di un appartamento nella centralissima via Regina Elena a Pescara, (appartenente alla moglie di Di Natale, ndr), del valore di 300mila euro, con l’applicazione di un tasso usurario pari ad oltre il 453% con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di esercenti attività commerciali (ristoratori) e in stato di bisogno, nonché al fine di agevolare l’attività della “batteria” denominata Moretti/Lanza/Pellegrino e della più vasta associazione di tipo mafioso denominata Società Foggiana, di cui la predetta “batteria” costituisce una delle articolazioni operative». È un tentativo di infiltrazione talmente importante che la Direzione investigativa antimafia lo cita nella relazione semestrale al Parlamento: in questo frangente, Di Natale diventa vittima dell’usura. «L’indagine», spiega il rapporto della Dia, «ha disvelato l’operatività nel territorio pescarese di esponenti della mafia foggiana che, servendosi dei metodi e della fama mafiosa dell’associazione di riferimento, erogavano prestiti monetari a tassi usurari, talvolta seguiti da attività estorsive, in danno di imprenditori locali operanti nel settore della ristorazione e del commercio di autovetture di lusso».
«SILENZIO MALIZIOSO»
Otto mesi fa, un’altra spallata quando torna a galla la storia della compensazione tra debiti e crediti dello stabilimento Sayonara. Un locale che, nel 2018, Di Natale riesce a vendere ma, secondo la Corte di Cassazione, tenendo «il silenzio» su un debito di oltre un milione di euro con il Fisco. Questo dettaglio, considerato «artatamente taciuto» e «maliziosamente serbato» durante la trattativa di compravendita, gli vale una condanna a un anno e 8 mesi per truffa. Ma una sentenza, anche se ormai è irrevocabile, non ferma Di Natale che già pensa ai prossimi piatti e vini da servire.
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