Imar, la crisi colpisce l’azienda degli archistar

Dall’auditorium di Piano alla Fater di Fuksas, il caso dell’imprenditore Pagliarone «Siamo passati da 35 milioni a 5, ecco perché ho chiesto il concordato preventivo»

PESCARA. «La difficoltà degli incassi, la crisi del mercato, l’accesso al credito: un fermo che ha portato la Imar Costruzioni da un fatturato di 30-35 milioni di euro ai 5-6 del 2012». Non impiega molte parole, Giovanni Pagliarone, l’amministratore delegato di una delle aziende di costruzioni più importanti della regione, per fotografare cosa stia accadendo alle imprese edili in questi tempi di crisi in cui il ricorso al concordato preventivo è diventato quasi un percorso obbligatorio. Pagliarone ha lavorato con Renzo Piano e Massimiliano Fuksas, ha in cantiere appalti in tutta Italia da svariati milioni di euro eppure anche la sua azienda, che ha sede a Pescara, è andata ad aggiungersi a quelle che hanno chiesto il concordato preventivo. L’imprenditore lo chiama «strumento di tutela» e di «salvaguardia» e vorrebbe trasmettere ai suoi colleghi l’aspetto positivo di uno strumento che parte dalla presa di coscienza di uno stato negativo ma che è diventato quasi la panacea delle aziende in crisi e in cui è incappata anche la Imar Costruzioni: la ditta che ha partecipato alla realizzazione dell’auditorium Parco della musica di Roma di Piano, che ha realizzato la Fater firmata daFuksas, l’Ikea di San Giovanni Teatino e il villaggio Mediterraneo a Chieti per cui è in causa con l’università.

«Per me la crisi è scoppiata nel 2012», racconta l’imprenditore pescarese che è stato anche socio del Pescara calcio e che ha fatto dell’alta tecnologia la guida della sua ditta. Il concordato preventivo della Imar va ad aggiungersi ai quasi 60 richiesti nello scorso anno dopo che la riforma aveva regolamentato, nel 2012, l’accesso allo strumento a cui si rivolgono gli imprenditori che versano in uno stato di crisi e, in particolare, come nel caso della Imar, chi ha un patrimonio alle spalle. «Siamo stati costretti ad accedere al concordato preventivo che è in continuità», spiega Pagliarone, «le aziende coinvolte continuano a lavorare per noi e tutti i fornitori sono tutelati». Il concordato della Imar Costruzioni si trova già in una fase avanzata perché il 25 febbraio ci sarà l’adunanza dei creditori. L’azienda ha già presentato un piano industriale articolato in più punti tra cui la «liquidazione dei beni non funzionali», «la prosecuzione di contratti in appalto in corso i cui oneri finanziari saranno sostenuti con il ricorso a “nuova finanza” erogata da due istituti di credito già indicati» e altre voci tra cui la «soddisfazione dei creditori privilegiati». I creditori sono stati divisi in sei classi e le percentuali sono state fissate: vanno dal pagamento integrale al 23,71%. L’integrale spetterà, secondo il piano, «all’erario non transabile e agli enti previdenziali per un milione e mezzo». La percentuale per i creditori chirografari strategici come banche, fornitori e leasing è dell’80% per quasi 7 milioni di euro; le banche chirografe, fornitori e altri crediti al 23.71% per un importo di circa 22 milioni di euro. Nel frattempo l’azienda ha presentato il piano industriale per poter far fronte ai quei pagamenti. Per reperire le risorse, la Imar si è impegnata a mettere in liquidazione alcuni rami d’azienda tra cui un immobile in via Raffaello stimato quasi 1 milione e 800mila euro, a riscuotere crediti verso clienti ed erario per circa 3 milioni di euro e a proseguire vari appalti. «In aprile riprenderemo il progetto della City», dice Pagliarone, riferendosi all’appalto da 19 milioni di euro per il centro che dovrà ospitare gli uffici della Regione a Pescara accanto ad appalti, in cui è stato fatto riferimento nel piano, a Roma da quasi 10 milioni di euro e a Genova. «E’ chiaro», conclude, «che ricorrere al concordato preventivo è il segno di un’azienda in sofferenza ma l’obiettivo è riportarla in salute».

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