PESCARA

Immigrazione clandestina: 32 condanne per duecento anni / I NOMI

Indagini avviate dai carabinieri partendo dal crac di una lavanderia, quando ci furono 26 arresti. Nell’organizzazione anche imprenditori e falsi consulenti locali per un giro di affari di diversi milioni

PESCARA. Arrivano 32 condanne per complessivi 200 anni di carcere, con multe comminate per 8 milioni di euro e otto assoluzioni nel lungo processo che riguardava un vasto giro di immigrazione clandestina: fatti che risalgono al 2010, con 26 arresti eseguiti nel 2012 e processo iniziato cinque anni fa, nel 2019. Sotto inchiesta era finita una presunta associazione (il reato associativo è finito in prescrizione) che faceva entrare in Italia cittadini pakistani, bengalesi e indiani, aggirando la legge sull’immigrazione grazie alla complicità di imprenditori e falsi consulenti locali.

I NOMI. Questo l'elenco dei 32 condannati dal collegio del tribunale di Pescara.
Javed Mohammad 11 anni di reclusione; Ashraf Mohammad 10 anni e sei mesi; Khalid Mohammad 8 anni e 3 mesi; Sajid Hussain 8 anni; Aslam Mohammad 5 anni e 9 mesi; Waris Tehseen 3 anni e 7 mesi; Mario Carafa 7 anni e 3 mesi; Giustino Di Matteo 7 anni e 3 mesi; Vincenzo Antonini Kennedy 5 anni e 9 mesi; Imtiaz Mohammad 6 anni; Touheed Uddin 4 anni e 9 mesi; Imam Hossain 4 anni e 9 mesi; Tariq Butt 5 anni; Pierluigi Mincone 4 anni e 6 mesi; Fantino Semenzini 5 anni; Akhtar Pervaz 4 anni e 6 mesi; Giandomenico Belvedere 4 anni e 6 mesi; Andrea Piccioni 6 anni; Milena Sacchini 6 anni; Liberata Di Blasio 4 anni e 6 mesi; Nicola Simone 6 anni; Maria Teresa del Romano 4 anni e 6 mesi; Rosanna Simone 5 anni e 9 mesi; Alessandro Mastrangelo 4 anni e 6 mesi; Parminder Sharma 4 anni e 9 mesi; Benedetto Pistilli 7 anni; Shamrez 4 anni e 6 mesi; Laudo La Cesa 5 anni e 9 mesi; Cesidio Roselli 4 anni e 6 mesi; Zulfiqar Ali 4 anni e 6 mesi; Marco Finamore 4 anni e 6 mesi; Eugenio Amato 5 anni e 6 mesi.

IL CRAC DELLA LAVANDERIA A portare avanti l’indagine furono i carabinieri di Pescara che avviarono il loro lavoro nel 2009, partendo dal crac di una lavanderia che vedeva indagato Andrea Piccioni, lo stesso che è stato adesso condannato a 6 anni di reclusione. Ma le pene più elevate sono state inflitte a Javed Mohammad (11 anni e 720 mila euro di multa), Ashraf Mohammad (10 anni e mezzo e 710 mila euro) e Kalid Mohammad (8 anni e 3 mesi e 91 mila euro di multa). Poi pene a scendere dagli otto anni in giù fino ad arrivare ai 3 anni e 7 mesi inflitti a Tehseen Waris che ha però ottenuto la sostituzione della pena detentiva con la pena sostitutiva. Nella rete della procura era finito anche l'imprenditore ed ex sindaco di Pescasseroli, Laudo La Cesa (eletto dal 1996 al 2000), che ha avuto una pena di 5 anni e 9 mesi di reclusione oltre a una multa di 81 mila euro.
L’ORGANIZZAZIONE Ai vertici dell’organizzazione 11 persone (di cui 5 promotori tutti pakistani) che avrebbero avuto un ruolo ben preciso (anche se il reato associativo è caduto per prescrizione) nel compiere «comportamenti tesi a favorire l'ingresso o la permanenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari in violazione delle normative in materia, utilizzando a tal fine falsa documentazione ed avvalendosi dell’ausilio consapevole ed interessato ad un guadagno economico anche un gran numero di imprenditori pronti a false richieste di nulla osta lavorativi o false richieste di regolarizzazione lavoratori extracomunitari».
I due principali imputati pakistani utilizzavano poi una serie di intermediari (loro connazionali) che si occupavano di reperire nel loro paese, ma anche nel Bangladesh e India, persone disposte a venire in Italia. C’era chi fungeva da raccordo per le questioni economiche con i vari imprenditori locali; chi reperiva gli imprenditori compiacenti per inoltrare le domande fittizie di nulla osta; chi inoltrava a proprio nome fittizie domande di nulla osta o di emersione da lavoro irregolare; e altri che fornivano «apporto specialistico quali consulenti degli imprenditori, prestandosi a curare le pratiche per l’inoltro in via telematica».
IL PREZZO Si parla di cifre intorno ai 12 mila euro che ogni extracomunitario avrebbe sborsato per ottenere i documenti per poter lavorare in Italia: soldi che, secondo l’accusa, venivano «ripartiti tra committente, intermediario e imprenditore mendace».
500 CLANDESTINI Il reato contestato e rimasto in piedi è la violazione del decreto legislativo 286/98, che concerne la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero. Stando a quanto emerso dalle indagini e dagli accertamenti fatti dai carabinieri, in Italia i vertici di quella organizzazione avrebbero fatto entrare circa 500 persone con un giro d’affari di alcuni milioni di euro.