Imu, stangata da 1,5 milioni per l’Ater

Il Tar respinge il ricorso dell’azienda per le case popolari: ora deve pagare al Comune l’imposta 2012 con le sanzioni

PESCARA. Non poteva andare peggio il ricorso al Tar di Pescara che l’Ater ha presentato l’anno scorso per contestare il pagamento dell’Imu imposto dal Comune. I giudici del tribunale amministrativo hanno respinto il ricorso e così ora l’azienda per le case popolari dovrà pagare l’imposta sugli immobili con tanto di sanzioni e interessi. In totale 1.556.267 euro, secondo un calcolo approssimativo dell’Ufficio tributi.

Una stangata pesantissima che costringerà probabilmente l’Ater, con le casse vuote, a rivedere i canoni di locazione applicati agli inquilini, oppure a vendere alcune proprietà. A meno che l’azienda non decida di continuare il contenzioso presentando ricorso anche al Consiglio di Stato.

Ma i margini di manovra appaiono a questo punto esigui, dopo che il Tar ha respinto tutte le contestazioni avanzate nel ricorso, confermando così la piena legittimità dei provvedimenti adottati dal Comune per ciò che riguarda l’Ici. Un successo per l’assessore Massimo Filippello e per il dirigente ai Tributi Marco Scorrano, che ora potranno chiudere la pratica dell’Ater facendo incassare all’ente, non solo 1.174.542 euro di imposta Imu per il 2012, ma anche 352.362 di sanzioni al 30 per cento e 29.363 euro di interessi al 2,5 per cento annuo. In pratica, al commissario dell’Ater Paolo Costanzi il ricorso respinto davanti al Tar costa 381.725 euro in più, rispetto all’importo della tassa che avrebbe dovuto pagare entro dicembre dell’anno scorso. Invece, è stato versato solo un settantaduesimo della somma dovuta, cioè circa 16.000 euro. «A questo punto», ha commentato Filippello, «attenderemo qualche giorno per riprendere la pratica e fare i calcoli esatti di quanto l’Ater dovrà versare».

L’Ater ha chiesto al Tar di annullare la delibera del consiglio comunale del 31 ottobre del 2012 con cui l’amministrazione ha rideterminato le aliquote dell’Imu, stabilendo per le case Ater un’aliquota pari al 5,8 per mille. Il legale dell’azienda Lorenzo Del Federico ha basato il ricorso su cinque punti. In primis, il fatto che non sono state indicate le ragioni che hanno indotto il Comune ad applicare un’aliquota differenziata per gli immobili posseduti dall’Ater, «rispetto all’aliquota prevista per le abitazioni principali, non considerando la natura degli immobili concessi in locazione dall’Ater e la funzione sociale che tale ente persegue». A detta dell’Ater, inoltre, non si è considerato il fatto che lo «Stato aveva rinunciato alla propria quota di imposta riguardo agli alloggi popolari». Secondo l’azienda, il Comune «non avrebbe potuto prevedere un’aliquota differente e più penalizzante rispetto a quella prevista per l’abitazione principale (3,5 per mille)». «Ove peraltro volesse ritenersi non applicabile l’aliquota prevista per l’abitazione principale», è scritto nel ricorso, «non avrebbe potuto applicarsi un’aliquota superiore rispetto a quella prevista per gli immobili locati; mentre, infatti, per tali immobili è stata prevista l’aliquota del 7,6 per mille, per cui la quota incamerata dal Comune è del 3,8 per mille, per i beni dell’Ater la quota comunale è stata fissata al 5,8, pur essendo tali immobili locati a un canone concordato». Il Tar, nella sentenza, ha innanzitutto chiarito che «le doglianze sono tutte prive di fondamento». I giudici hanno fatto presente che gli alloggi Ater non rientrano nella nozione di abitazione principale. «Va al riguardo osservato», hanno scritto i giudici, «che proprietario degli immobili Erp regolarmente assegnati e soggetto passivo dell’imposta è l’Ater, mentre il rapporto che lega tale ente all’assegnatario dell’alloggio non è di concessione, ma di tipo locativo. Per cui gli alloggi in questione non rientrano nella nozione di abitazione principale, in quanto tale nozione presuppone che il possessore sia anche il soggetto passivo dell’imposta, mentre tale circostanza non si verifica nel caso di specie, nella quale il soggetto passivo dell’imposta è diverso dal soggetto che utilizza stabilmente l’alloggio». Respinta anche la contestazione riguardante il mancato versamento della quota del 3,8 per mille allo Stato. «Quanto al fatto che la rinuncia da parte dello Stato alla propria quota d’imposta relativamente a tali alloggi doveva intendersi effettuata a favore dell’Ater e non del Comune», è scritto ancora, «va rilevato che il dato normativo non contiene certamente tale previsione». Infine, l’illogicità dedotta dall’Ater riguardo all’aliquota fissata per alloggi rispetto a quella prevista per gli immobili locati. «Anche tale doglianza è priva di pregio», ha sottolineato il Tar, «lo Stato ha inteso destinare al Comune tutto il gettito del tributo».

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