In aula telefonate hot, Del Turco se ne va
L'ex governatore: dileggio personale. L'avvocato lascia l'aula: pettegolezzi, non prove
PESCARA. «Quando non si hanno molti argomenti per dimostrare un'accusa così rilevante, si ricorre al dileggio personale». Sono da poco passate le 16 quando Ottaviano Del Turco, di poco preceduto dal suo avvocato, Gian Domenico Caiazza, abbandona il tribunale.
«Il pm fa la sua discussione sulla base degli atti processuali: che piacciano o meno agli imputati» replicherà più tardi il procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi. La reazione scatta dopo che in aula, durante la fase introduttiva della requisitoria della procura, Trifuoggi ha accennato a una serie di telefonate «piccanti» intercettate su un'utenza della Regione: colloqui che sarebbero intercorsi tra esponenti di spicco dell'amministrazione Del Turco e persone (non indagate) che avrebbero ricevuto dalla Regione incarichi di consulenza per decine di migliaia di euro. Il clima è così teso che le voci arrivano all'esterno. «Lei non può interrompere, sospendo l'udienza» avverte il gup Angelo Zaccagnini. «No, sono io che me ne vado» fa Caiazza.
«FATTI PRIVATISSIMI» Pochi istanti dopo l'avvocato esce con i suoi assistenti: «Interrompiamo la partecipazione a una udienza in cui si parla di fatti privatissimi di cui non sappiamo ancora nulla. Noi accettiamo il confronto su atti processuali. La discussione della procura è su circostanze di nessun rilievo processuale che attengono alla vita strettamente privata del presidente Del Turco, per questo ho rappresentato al giudice la nostra indisponibilità ad accettare questo piano del processo». Caiazza è furioso: «Ci saremmo aspettati con il deposito delle indagini suppletive che finalmente si fornisse uno straccio di prova alle accuse di Vincenzo Angelini. Dobbiamo ascoltare invece pettegolezzi poco commendevoli. Ci alziamo e ce ne andiamo».
Del Turco liquida la questione parlando di «dileggio personale». Poi, riferendosi alla requisitoria della procura, aggiunge: «Pensavamo di ascoltare il racconto circostanziato delle indagini, dei soldi trovati: abbiamo sentito la riproposizione di tutte le testimonianze di Angelini senza tener conto di nulla: dei verbali dei carabinieri, di ciò che è capitato ad Angelini nel corso dell'inchiesta». Sono trascorse poche ore da quando, all'apertura della terza udienza preliminare, ha dichiarato: «Ho il dovere di ascoltare le ragioni della procura e lo faccio con il rispetto necessario che porto a una istituzione dello Stato».
Per l'ex governatore si conclude così una giornata che si è aperta con le scuse del vice presidente dei senatori del Pd Nicola Latorre: «Dopo tanti atti di viltà e slealtà, viene dal Pd un messaggio di solidarietà di cui sono molto grato al senatore Latorre. In questi mesi ho avvertito diversità di toni da Paolucci e Legnini, ma non sono sufficienti per dire che in Abruzzo il partito ha cambiato atteggiamento». Ma mentre affronta la vicenda giudiziaria, l'ex ministro non esclude un ritorno alla politica: «Ho molta voglia di tornare a fare il mio lavoro: l'Abruzzo non ha mai avuto tanto bisogno di gente che vuole lavorare per questa terra, ma non tornerò a fare politica in Abruzzo».
LA REPLICA DI TRIFUOGGI L'abbandono dell'aula è il colpo di scena che domina una giornata che avrebbe dovuto essere dedicata interamente alla requisitoria dei pm. «Se uno degli imputati decide di andarsene a un certo punto è nella sua facoltà» commenta al termine Trifuoggi, «azione analoga del difensore è diversa perché il difensore non può abbandonare la difesa: evidentemente non piaceva che il pm facesse riferimento ad atti processuali che ci sono». Quanto alla congruità degli atti rispetto al processo, questa la replica: «È una eccezione che ho proposto al giudice, e che il giudice ha respinto».
Il contenuto delle intercettazioni «a luci rosse» resta tuttavia confinato dentro le mura dell'aula: si tratta di dialoghi che sarebbero già contenuti nel fascicolo depositato dalla procura il 7 novembre scorso, con l'avviso di conclusione delle indagini, e dunque già noti ai difensori, colloqui sui quali i pm hanno fatto ulteriori appronfondimenti. Sono questi atti che vengono depositati nelle mani del gup Zaccagnini: accertamenti che, oltre alle due donne protagoniste delle telefonate hot e messe sotto contratto dalla Regione, riguarderebbero almeno altre due persone che avrebbero ricevuto importanti incarichi di consulenza nel campo della comunicazione. «Ma si tratta di vicende che non hanno rilevanza ai fini del processo, telefonate su questioni per cui non ci sono contestazioni» commentano alcuni difensori.
Da Roma, arriva anche la presa di posizione di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, che lancia «un allarme sul livello a cui l'Italia rischia di giungere se si prosegue su logiche lontanissime da quanto accade nei maggiori Paesi dell'occidente avanzato. Fatti personali, vicende private, aspetti riservati, rischiano di essere scaraventati in un processo e sui giornali, con l'effetto oggettivo di attaccare un indagato o un imputato sul piano personale, per il suo stile di vita, piuttosto che discutere della fondatezza o meno delle accuse».
DEPOSITATI NUOVI ATTI Diversa l'opinione della procura di Pescara, che ieri ha chiesto l'acquisizione dei nuovi atti assieme a una serie di documenti (circa mille pagine): l'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto del re delle cliniche private Vincenzo Maria Angelini, l'ordinanza del tribunale del Riesame che lo ha rimesso in libertà e un documento finora inedito, un verbale dello scorso marzo che contiene le dichiarazioni del governatore Gianni Chiodi sullo stato della sanità.
Al termine di due ore di camera di consiglio, in una udienza-fiume di nove ore, il gup Zaccagnini dichiara il deposito «ammissibile e pienamente legittimo, senza che possano frapporsi questioni di nullità o di inutizzabilità». Vengono respinte, invece, tutte le richieste avanzate dalle difese, a partire dai termini chiesti per l'esame dei nuovi atti (diritto garantito, dice il gup, perché i difensori cominceranno a parlare solo a partire dal 28 giugno). Rigettata anche la richiesta avanzata dagli avvocati di alcune parti civili, Asl e Regione, di modificare l'ordinanza del 7 giugno in relazione alla richiesta di citazione per responsabilità civile di due banche, Barclays Bank e Deutsche Bank, per la presenza tra gli imputati di alcuni funzionari degli istituti. Per Zaccagnini non ci sono dubbi: la verifica della costituzione delle parti «si conclude con la dichiarazione di apertura della discussione» (aperta ieri), ferma restando la possibilità di presentare la richiesta di citazione del responsabile civile in fase di dibattimento. Inammissibile anche l'eccezione di nullità sollevata dal difensore di Vito Domenici, Francesco Carli, in riferimento alla mancata citazione della Fira, indicata come parte offesa. La prossima udienza è fissata per il 21 giugno, alle 9.
«Il pm fa la sua discussione sulla base degli atti processuali: che piacciano o meno agli imputati» replicherà più tardi il procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi. La reazione scatta dopo che in aula, durante la fase introduttiva della requisitoria della procura, Trifuoggi ha accennato a una serie di telefonate «piccanti» intercettate su un'utenza della Regione: colloqui che sarebbero intercorsi tra esponenti di spicco dell'amministrazione Del Turco e persone (non indagate) che avrebbero ricevuto dalla Regione incarichi di consulenza per decine di migliaia di euro. Il clima è così teso che le voci arrivano all'esterno. «Lei non può interrompere, sospendo l'udienza» avverte il gup Angelo Zaccagnini. «No, sono io che me ne vado» fa Caiazza.
«FATTI PRIVATISSIMI» Pochi istanti dopo l'avvocato esce con i suoi assistenti: «Interrompiamo la partecipazione a una udienza in cui si parla di fatti privatissimi di cui non sappiamo ancora nulla. Noi accettiamo il confronto su atti processuali. La discussione della procura è su circostanze di nessun rilievo processuale che attengono alla vita strettamente privata del presidente Del Turco, per questo ho rappresentato al giudice la nostra indisponibilità ad accettare questo piano del processo». Caiazza è furioso: «Ci saremmo aspettati con il deposito delle indagini suppletive che finalmente si fornisse uno straccio di prova alle accuse di Vincenzo Angelini. Dobbiamo ascoltare invece pettegolezzi poco commendevoli. Ci alziamo e ce ne andiamo».
Del Turco liquida la questione parlando di «dileggio personale». Poi, riferendosi alla requisitoria della procura, aggiunge: «Pensavamo di ascoltare il racconto circostanziato delle indagini, dei soldi trovati: abbiamo sentito la riproposizione di tutte le testimonianze di Angelini senza tener conto di nulla: dei verbali dei carabinieri, di ciò che è capitato ad Angelini nel corso dell'inchiesta». Sono trascorse poche ore da quando, all'apertura della terza udienza preliminare, ha dichiarato: «Ho il dovere di ascoltare le ragioni della procura e lo faccio con il rispetto necessario che porto a una istituzione dello Stato».
Per l'ex governatore si conclude così una giornata che si è aperta con le scuse del vice presidente dei senatori del Pd Nicola Latorre: «Dopo tanti atti di viltà e slealtà, viene dal Pd un messaggio di solidarietà di cui sono molto grato al senatore Latorre. In questi mesi ho avvertito diversità di toni da Paolucci e Legnini, ma non sono sufficienti per dire che in Abruzzo il partito ha cambiato atteggiamento». Ma mentre affronta la vicenda giudiziaria, l'ex ministro non esclude un ritorno alla politica: «Ho molta voglia di tornare a fare il mio lavoro: l'Abruzzo non ha mai avuto tanto bisogno di gente che vuole lavorare per questa terra, ma non tornerò a fare politica in Abruzzo».
LA REPLICA DI TRIFUOGGI L'abbandono dell'aula è il colpo di scena che domina una giornata che avrebbe dovuto essere dedicata interamente alla requisitoria dei pm. «Se uno degli imputati decide di andarsene a un certo punto è nella sua facoltà» commenta al termine Trifuoggi, «azione analoga del difensore è diversa perché il difensore non può abbandonare la difesa: evidentemente non piaceva che il pm facesse riferimento ad atti processuali che ci sono». Quanto alla congruità degli atti rispetto al processo, questa la replica: «È una eccezione che ho proposto al giudice, e che il giudice ha respinto».
Il contenuto delle intercettazioni «a luci rosse» resta tuttavia confinato dentro le mura dell'aula: si tratta di dialoghi che sarebbero già contenuti nel fascicolo depositato dalla procura il 7 novembre scorso, con l'avviso di conclusione delle indagini, e dunque già noti ai difensori, colloqui sui quali i pm hanno fatto ulteriori appronfondimenti. Sono questi atti che vengono depositati nelle mani del gup Zaccagnini: accertamenti che, oltre alle due donne protagoniste delle telefonate hot e messe sotto contratto dalla Regione, riguarderebbero almeno altre due persone che avrebbero ricevuto importanti incarichi di consulenza nel campo della comunicazione. «Ma si tratta di vicende che non hanno rilevanza ai fini del processo, telefonate su questioni per cui non ci sono contestazioni» commentano alcuni difensori.
Da Roma, arriva anche la presa di posizione di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, che lancia «un allarme sul livello a cui l'Italia rischia di giungere se si prosegue su logiche lontanissime da quanto accade nei maggiori Paesi dell'occidente avanzato. Fatti personali, vicende private, aspetti riservati, rischiano di essere scaraventati in un processo e sui giornali, con l'effetto oggettivo di attaccare un indagato o un imputato sul piano personale, per il suo stile di vita, piuttosto che discutere della fondatezza o meno delle accuse».
DEPOSITATI NUOVI ATTI Diversa l'opinione della procura di Pescara, che ieri ha chiesto l'acquisizione dei nuovi atti assieme a una serie di documenti (circa mille pagine): l'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto del re delle cliniche private Vincenzo Maria Angelini, l'ordinanza del tribunale del Riesame che lo ha rimesso in libertà e un documento finora inedito, un verbale dello scorso marzo che contiene le dichiarazioni del governatore Gianni Chiodi sullo stato della sanità.
Al termine di due ore di camera di consiglio, in una udienza-fiume di nove ore, il gup Zaccagnini dichiara il deposito «ammissibile e pienamente legittimo, senza che possano frapporsi questioni di nullità o di inutizzabilità». Vengono respinte, invece, tutte le richieste avanzate dalle difese, a partire dai termini chiesti per l'esame dei nuovi atti (diritto garantito, dice il gup, perché i difensori cominceranno a parlare solo a partire dal 28 giugno). Rigettata anche la richiesta avanzata dagli avvocati di alcune parti civili, Asl e Regione, di modificare l'ordinanza del 7 giugno in relazione alla richiesta di citazione per responsabilità civile di due banche, Barclays Bank e Deutsche Bank, per la presenza tra gli imputati di alcuni funzionari degli istituti. Per Zaccagnini non ci sono dubbi: la verifica della costituzione delle parti «si conclude con la dichiarazione di apertura della discussione» (aperta ieri), ferma restando la possibilità di presentare la richiesta di citazione del responsabile civile in fase di dibattimento. Inammissibile anche l'eccezione di nullità sollevata dal difensore di Vito Domenici, Francesco Carli, in riferimento alla mancata citazione della Fira, indicata come parte offesa. La prossima udienza è fissata per il 21 giugno, alle 9.
© RIPRODUZIONE RISERVATA