In carcere i due sedicenni Il gip: «Impulso criminale» 

«Motivo in realtà inesistente, volevano solo provocare sofferenza e morte» 

PESCARA. Si aprono le porte del carcere minorile per i due ragazzi di 16 anni accusati dell'omicidio di Christopher Thomas Luciani, il diciassettenne raggiunto da 25 coltellate inferte a turno dai due arrestati, nel parco Baden Powell di Pescara nel pomeriggio di domenica scorsa.
«Devono ritenersi sussistenti le esigenze cautelari», scrive il gip dell’Aquila, Roberto Ferrari, nella misura cautelare emessa dopo gli interrogatori di garanzia nel corso dei quali i due indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, «tenuto conto della gravità dell’omicidio che manifesta un’inclinazione oltremodo violenta degli indagati, di gran lunga eccedente il movente all’origine dell’aggressione, così da doversi ritenere che l’esazione del credito abbia solo attivato l’impulso criminale, recidendo poi ogni ulteriore nesso con l’obiettivo dell’incontro con il debitore».
Il giudice si riferisce al debito di circa 250 euro che la vittima aveva con uno dei due per l’acquisto di sostanze da fumare. «Anche l’esecuzione del delitto conferma l'assoluta prevalenza», prosegue il gip, «dell’impulso omicida sugli stimoli collegati con lo scopo di lucro o con la punizione dell'inadempimento». E in proposito evidenzia come dalle indagini sembra che il figlio del maresciallo dei carabinieri che avrebbe proseguito il delitto strappando il coltello di mano all’amico a sua volta figlio di una insegnante, fosse «estraneo», a quel credito e quindi «priva di efficacia la sua partecipazione all’accoltellamento poiché la situazione al momento del suo intervento mostrava con chiarezza la piena capacità del diretto interessato di portare a compimento l’opera senza il contributo di altri».
Dunque, una crudeltà inaudita. Ma la spiegazione, in relazione a questa circostanza, arriva dal teste chiave (anche lui figlio di un carabiniere che non ha partecipato all’azione delittuosa, ma anzi ha poi denunciato il fatto facendo ritrovare il corpo) quando, sentito dalla polizia la stessa notte del delitto, riferisce che l’altro avrebbe continuato a colpire Christopher Thomas, «perchè sono amici».
«Il quadro indiziario», conclude il gip, «fa pertanto risaltare come causa determinante dell’azione l’impulso lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano, sino quasi a integrare il motivo futile, ossia il motivo meramente apparente e in realtà inesistente, che cela l’unico vero intento, che è quello di cagionare sofferenza e morte».
E per questi motivi, secondo il giudice l’unica misura adeguata per i due sedicenni è quella della custodia in carcere in un istituto minorile.
Il capo di imputazione, va ricordato, parla di omicidio «perché in concorso tra loro infliggevano 25 colpi di coltello a Christofer, attinto in zone vitali del corpo, cagionandone la morte, arrecando sevizie ed operando con crudeltà agendo sul Luciani mediante calci e sputi mentre era riverso sul terreno esanime», come scrivono il procuratore David Mancini e il sostituto Angela D'Egidio.
L'inchiesta comunque va avanti perché, nonostante le testimonianze evidenziate pure dal gip nella sua misura, sia del teste chiave sia degli altri ragazzi che facevano parte del gruppetto, ci sono ancora molti aspetti che vanno vagliati. Primo fra tutti il ruolo degli amici. Al vaglio degli inquirenti anche i cellulari dei ragazzi che sono stati acquisiti, così come gli indumenti trovati nelle abitazioni dei due arrestati che dovranno essere esaminati.
Nei prossimi giorni i legali dei due, gli avvocati Roberto Mariani che assiste quello che aveva il credito con la vittima, e i colleghi Marco Di Giulio e Maurizio Giancola, che difendono il figlio del carabiniere, decideranno se ricorrere al riesame contro la misura cautelare.
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