«Jennifer, non può esistere il perdono»
Fabiola Bacci parla dopo la condanna a 30 anni dell’assassino della figlia: giustizia esemplare, ma la legge va cambiata
PESCARA. Ha atteso la sentenza di condanna per l’assassino della figlia in silenzio, con le mani intrecciate a quella del figlio Jonathan che con il suo abbraccio non l’ha mollata un attimo. Poi, dopo la lettura da parte del giudice, è scoppiata in lacrime. Per la tensione, ma soprattutto per il dolore che non passa. Perché alla fine, alla fine di tutto, la sua Jennifer non tornerà.
Due giorni dopo la condanna a 30 anni per Davide Troilo, l’ex fidanzato che il 2 dicembre del 2016 uccise con 17 coltellate Jennifer Sterlecchini, la mamma della ragazza che quella mattina l’aveva accompagnata in via Acquatorbida a riprendere definitivamente le sue cose, accetta per la prima volta di parlare e di rispondere alle domande del Centro.
Signora Fabiola, è soddisfatta della sentenza?
«Soddisfatta no, nonostante la giustizia questa volta ha compiuto un gesto esemplare, certo è che la pena più giusta sarebbe stata l’ergastolo».
Qual è oggi la sua battaglia?
«Oggi la mia e la nostra battaglia è quella di cambiare la legge sulla certezza della pena, quindi eliminare il rito abbreviato per crimini violenti e sensibilizzare l’opinione pubblica affinché si cerchi al più presto di rendere possibile quanto appena detto. E infine, fare prevenzione in tutti modi possibili».
Chi le dà la forza?
«Jennifer. Solo e soltanto lei. E poi mio figlio».
Crede nella giustizia?
«Sì, ci abbiamo creduto fin dall’inizio e come ho detto poc’anzi, la giustizia ha fatto il massimo che potesse fare. Purtroppo, è il sistema che è sbagliato».
Lei e suo figlio avete avviato una raccolta di firme per chiedere che chi uccide non possa beneficiare degli sconti di pena. Qual è l’obiettivo da raggiungere, e chi è che dovrebbe firmare?
«L’obiettivo sono 50 mila firme e siamo già a poco piú della metà. Dovrebbero firmare tutti e soprattutto gli uomini. Ma per tutti intendo davvero tutti, perché è una cosa inaccettabile che nel 2018 ci sia ancora la possibilità, per chi uccide e toglie delle vite, di richiedere il rito abbreviato».
Mercoledì scorso, quando in aula Troilo ha dichiarato davanti al giudice di vivere nel rimorso, dicendo che la pena maggiore è quella che si porta nel cuore, che effetto le ha fatto, che cosa ha pensato?
«Sia io sia mio figlio ci siamo girati di spalle e non abbiamo ascoltato una sola parola. Se davvero fosse stato pentito, avrebbe chiesto lui l’ergastolo».
Può esistere il perdono?
«No, il perdono non può esistere».
Jennifer. Ci sono tante foto che parlano di lei. Com'era davvero?
«Mia figlia era solare, bella e sempre sorridente. Aveva una voglia di vivere devastante, nonostante la sua vita abbia ricevuto un duro colpa a causa della morte del padre...ovunque andava e chiunque l’ha conosciuta si ricorda di lei e della sua risata contagiosa. Ripeto, era piena di vita».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Due giorni dopo la condanna a 30 anni per Davide Troilo, l’ex fidanzato che il 2 dicembre del 2016 uccise con 17 coltellate Jennifer Sterlecchini, la mamma della ragazza che quella mattina l’aveva accompagnata in via Acquatorbida a riprendere definitivamente le sue cose, accetta per la prima volta di parlare e di rispondere alle domande del Centro.
Signora Fabiola, è soddisfatta della sentenza?
«Soddisfatta no, nonostante la giustizia questa volta ha compiuto un gesto esemplare, certo è che la pena più giusta sarebbe stata l’ergastolo».
Qual è oggi la sua battaglia?
«Oggi la mia e la nostra battaglia è quella di cambiare la legge sulla certezza della pena, quindi eliminare il rito abbreviato per crimini violenti e sensibilizzare l’opinione pubblica affinché si cerchi al più presto di rendere possibile quanto appena detto. E infine, fare prevenzione in tutti modi possibili».
Chi le dà la forza?
«Jennifer. Solo e soltanto lei. E poi mio figlio».
Crede nella giustizia?
«Sì, ci abbiamo creduto fin dall’inizio e come ho detto poc’anzi, la giustizia ha fatto il massimo che potesse fare. Purtroppo, è il sistema che è sbagliato».
Lei e suo figlio avete avviato una raccolta di firme per chiedere che chi uccide non possa beneficiare degli sconti di pena. Qual è l’obiettivo da raggiungere, e chi è che dovrebbe firmare?
«L’obiettivo sono 50 mila firme e siamo già a poco piú della metà. Dovrebbero firmare tutti e soprattutto gli uomini. Ma per tutti intendo davvero tutti, perché è una cosa inaccettabile che nel 2018 ci sia ancora la possibilità, per chi uccide e toglie delle vite, di richiedere il rito abbreviato».
Mercoledì scorso, quando in aula Troilo ha dichiarato davanti al giudice di vivere nel rimorso, dicendo che la pena maggiore è quella che si porta nel cuore, che effetto le ha fatto, che cosa ha pensato?
«Sia io sia mio figlio ci siamo girati di spalle e non abbiamo ascoltato una sola parola. Se davvero fosse stato pentito, avrebbe chiesto lui l’ergastolo».
Può esistere il perdono?
«No, il perdono non può esistere».
Jennifer. Ci sono tante foto che parlano di lei. Com'era davvero?
«Mia figlia era solare, bella e sempre sorridente. Aveva una voglia di vivere devastante, nonostante la sua vita abbia ricevuto un duro colpa a causa della morte del padre...ovunque andava e chiunque l’ha conosciuta si ricorda di lei e della sua risata contagiosa. Ripeto, era piena di vita».
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