L’Arta: Ddt nel porto no allo scarico in mare dei fanghi
Gli armatori chiedono asilo agli altri scali abruzzesi ma i comandanti di Vasto, Ortona e Giulianova dicono no
PESCARA. C’è il Ddt nel porto di Pescara. Lo dicono le analisi dell’Arta, l’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, effettuate sui campionamenti del 14 febbraio scorso. A fronte del limite di Ddt di 4,8 microgrammi per chilo, in base ai parametri contenuti nel Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini del 2007, le analisi dei mesi scorsi mostrano una concentrazione che oscilla da 10,2 a 12 microgrammi per chilo. Più del doppio. Il che vuol dire che quei fanghi non sono riufiuti pericolosi ma neppure possono essere scaricati a mare nel caso vengano dragati.
I prelievi, questa volta, sono stati effettuati in una zona diversa da quella analizzata lo scorso anno e finita al centro di un lungo contenzioso che ha portato al blocco delle operazioni di dragaggio e alla chiusura dello scalo. Il Ddt si concentra in quattro punti del porto, tra l’imbocco a nord della darsena e la diga foranea.
Per il direttore generale dell’Arta Mario Amicone e il direttore tecnico Giovanni Damiani, si tratta di «rifiuti speciali non pericolosi, che non possono essere smaltiti a mare, ma che è possibile recuperare e utilizzare in ambito industriale».
L’Arta sostiene la necessità di effettuare una nuova caratterizzazione dei fondali del porto – l’ultima era stata fatta tra settembre e ottobre 2011 – limitata alla darsena e al bacino commerciale ed escludendo la zona intorno alla canaletta, che contiene cioè i fanghi trasportati dal fiume Pescara. «I sedimenti portati dal fiume sono inquinati», sostiene Damiani, «lo dimostrano i 37 carotaggi effettuati dall’Arta tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Invece la sabbia portata dal mare è risultata pulita o con piccole concentrazioni di agenti inquinanti: ci sono ben 48 prelievi tra la darsena e il bacino che lo provano. Per questo sosteniamo la necessità di distinguere tra le due filiere».
In base al bando da 14 milioni di euro, promosso dal ministero delle Infrastrutture per dragare 200mila metri cubi di materiali, la caratterizzazione spetta alla ditta che si aggiudicherà l’appalto. Sarà quest’ultima a incaricare un laboratorio privato di analizzare i materiali prelevati dalla darsena e dal bacino commerciale. L’Arta, invece, si dedicherà alla verifica del 10 per cento dei campioni e al monitoraggio ambientale.
«Quelli del porto di Pescara saranno i fanghi più analizzati d’Italia», dice il direttore tecnico, «ma almeno in questo modo non si rischia di bloccare nuovamente il dragaggio e iniziare un nuovo contenzioso. Nonostante il rapporto finale di Ispra, Arta e Indam abbia confermato la difficoltà delle misure di sostanze organiche in matrici complesse come quelle ambientali». Che tradotto vuol dire l’impossibilità di stabilire “al di là di ogni ragionevole dubbio” se i campioni della darsena commerciale analizzati abbiano una concentrazione di Ddt inferiore o superiore alla soglia fissata dal Manuale. A questo proposito, il direttore generale Amicone annuncia che nominerà una commissione d’indagine esterna per verificare l’operato dell’Arta.
«Veniamo descritti», afferma Amicone, «come chi contribuisce ad inquinare. Ma non siamo noi che prendiamo le decisioni, il nostro ruolo è di eseguire i controlli. In tutta Italia non esiste nessun laboratorio accreditato alla ricerca del Ddt nei sedimenti marini, ma visti i precedenti stiamo accreditando il centro Arta che si trova nel distretto provinciale di Chieti». Per ora, l’unica certezza, è che il Ddt, nei fanghi del porto, c’è.
Una notizia che rende ancora più difficile la situazione della marineria pescarese, ferma ormai da mesi. Gli armatori hanno provato ad andarsene, ma Ortona, Giulianova e Vasto non li possono accogliere. Sono imprigionati nel porto insabbiato, e dal 3 dicembre non avranno più nemmeno il fermo straordinario che finora ha tenuto a galla loro e le loro famiglie. Ieri una delegazione della marineria ha incontrato i comandanti degli altri porti abruzzesi proprio per chiedere di essere ospitati nel caso in cui il dragaggio non dovesse iniziare per dicembre, ipotesi che al momento sembra più che probabile. Nessuno ha dato però risposte positive.
«A Ortona», spiega il presidente dell’associazione armatori Lucio Di Giovanni, «non ci sono posti. Anche i comandanti di Giulianova e Vasto ci hanno detto che non c’è posto. Noi però l’abbiamo detto a tutti: se non ci danno qualche altro ammortizzatore sociale in mare ci andiamo lo stesso: o ospitano le nostre barche oppure dovranno ospitare noi e le nostre famiglie».(cr.pe.)
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