L’assassino da dieci anni in convento
Uccide la moglie nel 1990 e comincia un cammino di fede. Morrone, salvato dalla prescrizione, diventa benedettino laico
PESCARA. Si racconta che questi 23 anni, Giulio Cesare Morrone, li abbia trascorsi imponendosi una vita alternativa, espiando il delitto commesso nel 1990 e confessato solo 23 anni dopo, aggrappandosi alla fede, frequentando la comunità neucatecumenale di Sant’Antonio a Pescara e il monastero di Santa Maria dei Miracoli di Casalbordino dove è diventato un oblato benedettino.
Un percorso di perdono e votato al pentimento, una punizione per aver ucciso – senza averne l’intenzione, come si è difeso – scontata con la rinuncia a una vita “pubblica” per diventare un benedettino: un cammino che non ha mai commosso la famiglia Bottega, i familiari di Teresa, la donna uccisa a 35 anni nel 1990 dall’allora marito Morrone, l’uomo che ha confessato il delitto 23 anni dopo e da cui è uscito indenne per effetto della prescrizione. Anche ieri, Morrone – «il diavolo» per i Bottega – stava pregando: «Sono in ritiro spirituale», ha detto l’uomo, pescarese di 58 anni, che dal 7 novembre è libero perché il giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea, codice alla mano, ha deciso che l’accusa di omicidio, trascorsi 20 anni, era prescritta.
Il suo percorso spirituale è stata un’altra carta giocata dalla difesa del suo avvocato Mirco D’Alicandro che intanto ha mirato, riuscendosci, a far cadere l’aggravante dei futili motivi che avrebbero comportato l’applicazione dell’ergastolo e, poi, si è soffermato sull’aspetto umano, sul pentimento dell’uomo emerso anche nel secondo interrogatorio: quando Morrone dice che la sua intenzione non era quella di uccidere la moglie.
Chi era Morrone e chi è diventato? Nel 1990 l’uomo era il marito di Bottega, la donna di Santa Teresa di Spoltore uccisa e per cui è finito sotto processo dopo essere stato interrogato per due volte: nella prima confessione Morrone ha detto di aver ucciso la donna e nella seconda che non voleva strangolarla, che non voleva ucciderla. Dal 1993 Morrone ha intrapreso un percorso religioso entrando, su suggerimento della sorella che era all’oscuro di quello che era accaduto, nella comunità neucatecumenale di Sant’Antonio a Pescara dove è rimasto per dieci anni, fino al 2003. Poi, Morrone ha iniziato a frequentare il monastero dei benedettini di Casalbordino diventando un monaco laico e seguendo quotidianamente le regole benedettine: pregare e lavorare. Il monastero ospita infatti la comunità benedettina e accoglie anche gli oblati, gli uomini che pur vivendo nel proprio ambiente familiare, dopo un periodo di formazione, fanno l’offerta di se stessi a Dio e seguono le regole della comunità benedettina.
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