«L’orologio da 11 mila euro non era un regalo a Cantagallo»
Marsiglia, moglie dell’ex capo della Mobile Zupo e capo dei vigili a Montesilvano: era per mio marito pagai Di Pentima per comprarlo ma pensavo che fosse una patacca e così lo lasciai all’ex sindaco
PESCARA. «Volevo fare un regalo a mio marito, Nicola Zupo, e chiesi un consiglio a Cantagallo visto che era risaputo che lui aveva tanti orologi. Cantagallo mi parlò di un Patek Philippe e Di Pentima mi disse che avrebbe potuto procurarmelo. Così, prelevai 11 mila euro dalla mia banca a Cernusco sul Naviglio e li consegnai a Di Pentima. Poi, però, mi presentò un orologio con la garanzia intestata a un altro e senza fattura: pensai a una patacca e glielo lasciai lì». Ieri, al processo Ciclone sul presunto malaffare al Comune di Montesilvano, è stato il giorno di Antonella Marsiglia, comandante dei vigili urbani dal 2004. Marsiglia è anche la moglie di Zupo, l’ex capo della Mobile di Pescara e oggi capo di gabinetto alla questura dell’Aquila che guidò le indagini sull’ex sindaco Pd Enzo Cantagallo fino a farlo arrestare, il 15 novembre 2006, con l’accusa di tangenti per gli appalti pubblici.
Patek Philippe. Marsiglia, con i polsi rotti per una caduta con i pattini giovedì scorso, è stata chiamata a testimoniare dal presidente del collegio giudicante Carmelo De Santis nell’ultima udienza del dibattimento dedicata al più prezioso degli orologi di Cantagallo. Anche ieri l’ex sindaco indossava quel Patek Philippe Nautilus 3.800 A1. Per Cantagallo, un «regalo» di Marsiglia in una relazione extraconiugale troncata tra maggio e giugno 2006. Per l’accusa, fango sugli investigatori: le intercettazioni partirono l’8 maggio 2006.
«Regalo ed eredità». «Prelevai i soldi il 17 marzo 2005», ha rivelato Marsiglia davanti a un’aula gremita come non mai e svuotata al termine del suo racconto, «e almeno una settimana dopo, quasi verso la fine del mese, li consegnai a Di Pentima». Lamberto Di Pentima è un avvocato, ex capo di gabinetto di Cantagallo, imputato. «Mi sono fidata, gli diedi i soldi in buona fede perché volevo fare un regalo a mio marito. In quel periodo ebbi notizia dell’annullamento dalla Sacra rota di un mio precedente matrimonio e, perciò, volevo festeggiare». Un regalo da 11 mila euro: «Avevo appena avuto una copiosa eredità», ha sottolineato Marsiglia, «11 mila euro non erano tanti per me in quei giorni. Li diedi a Di Pentima ma, a me che non sono un’intenditrice, portò un orologio con la garanzia di un altro e senza fattura».
Certificato tedesco. Il certificato del Patek Philippe è intestato a un cittadino tedesco di Francoforte, ha la data dell’11 marzo 2005 – 6 giorni prima del prelievo di Marsiglia – e fu sequestrato dalla polizia nel 2006 in casa di Cantagallo: l’orologio, acquistato tramite il gioielliere Antonio Angelucci che ieri in aula si è contraddetto rispetto alle dichiarazioni del 2007, non venne trovato. Sono ancora sotto sequestro altri 3 orologi di Cantagallo: un Panerai Luminor Martina da quasi 10 mila euro, un Rolex Oister in acciaio e un Seiko in oro. «Quando Di Pentima mi portò l’orologio senza documenti pensai a una patacca, gli dissi che non lo volevo più», ha detto Marsiglia lasciando al giudice De Santis una domanda: «Ma non gli richiese i soldi?». «Sì, però, non potevo responsabilizzare Di Pentima per un mio acquisto». Ancora De Santis: «E non fece periziare l’orologio? Non sarebbe stato difficile: lei è la comandante dei vigili». «Non sapevo da chi andare, altrimenti non avrei chiesto consiglio a Cantagallo e Di Pentima». I giudici, spazientiti, non sono sembrati convinti. «Stendiamo un velo pietoso», ha detto l’avvocato di Cantagallo, Giuliano Milia.
La procura accusa. Il pm Gennaro Varone all’inizio della requisitoria, che sarà conclusa il prossimo 14 novembre, ha alzato uno scudo sugli investigatori: «L’ex sindaco comprava orologi con le tangenti, lo dice anche Di Pentima in un’intercettazione quando un ingegnere si lamenta che Cantagallo gli ha chiesto “un anticipo”. E poi non c’è uno straccio di niente che provi la sua relazione con Marsiglia. L’unico responsabile dell’inchiesta sono io», ha detto Varone, «Zupo aveva l’unico ruolo di tenere coesa la sua squadra: il vero lavoro è stato fatto dal sostituto commissario Giancarlo Pavone e dall’ispettore Franco Nonni».
Fogne e tangenti. Varone, poi, è tornato al cuore dell’inchiesta: «L’appalto delle fogne, 900 mila euro, affidato senza gara perché l’imprenditore Duilio Ferretti pagava Cantagallo. Nelle intercettazioni ci sono confessioni chiare e, poi, Ferretti lo confermò nell’interrogatorio salvo, poi, cambiare versione».
«Scempio della città». Il pm ha parlato di «ingordigia», «corruzione per fare palazzi più alti» e «pubblici ufficiali comprati per favorire gli imprenditori». Un passaggio sugli «accordi di programma scempio della città. Il sistema Montesilvano», ha detto Varone, «andò avanti fino a quando non si pestarono i piedi a vicenda e l’architetto Aurelio Colangelo minacciò di denunciare Cantagallo. Colangelo, sentito da me, è persona capace: sapeva come funzionava il sistema. Noi abbiamo opposto la nostra intellettualità alle provocazioni degli imputati».
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