La Corte ribalta la sentenza

Grandi rischi, assolti sei ex componenti. Due anni per l’abruzzese De Bernardinis

L’AQUILA. La Corte d’appello dell’Aquila ribalta la sentenza di primo grado e, dopo una camera di consiglio durata sei ore, manda assolti sei componenti su sette della vecchia commissione Grandi Rischi dalle accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni.

Il colpo di spugna che le parti civili ritenevano non potesse esserci a fronte di tante vittime, c’è stato eccome.

Nessun colpevole, dunque, per le rassicurazioni degli scienziati nella riunione del 31 marzo 2009. I giudici (Francabandera, De Matteis, Flamini) hanno assolto con formula più ampia, ovvero «il fatto non sussiste», Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Mauro Dolce, Claudio Eva.

Il «cerino acceso» è rimasto in mano soltanto a Bernardo De Bernardinis, l’unico imputato di origine abruzzese (di Ofena) al quale, a fronte dei sei anni che insieme agli altri aveva preso in primo grado, è andata comunque di lusso: due anni di reclusione con tutti i benefici di legge ed eliminazione di qualunque pena accessoria. Una condanna che, solitamente si infligge a chi causa involontariamente la morte di qualcuno in un incidente stradale. E se De Bernardinis non avesse rilasciato quella intervista televisiva invitando tutti «a bere un buon bicchiere di vino» forse sarebbe stato assolto pure lui.

De Bernardinis è stato condannato, sotto il profilo del risarcimento civile, a pagare una contenuta provvisionale solo a tredici parti civili, compreso il Comune dell’Aquila. Secondo la Corte, infatti, non tutte le parti civili costituite hanno dimostrato di essere state condizionate dal messaggio rassicurante. Una scrematura in tal senso c’è stata ed anche significativa.

Tra novanta giorni si conosceranno le motivazioni che saranno oggetto delle impugnazioni di Procura generale e, a ruota dalle parti civili.

I giudici, per quanto qualcuno dissenta, hanno sotterrato la pesantissima sentenza di primo grado pronunciata dal giudice unico Marco Billi (trasferitosi su sua richiesta al tribunale di Velletri), il quale andò ben oltre le richieste del pm Fabio Picuti, che invocò la condanna per tutti a quattro anni di carcere. Una sentenza le cui motivazioni ricalcarono in toto le argomentazioni della Procura.

La lettura del dispositivo da parte della presidente del ollegio, Fabrizia Ida Francabandera, 58 anni, di Manduria, ha spiazzato le parti civili e i loro avvocati. E probabilmente anche il procuratore generale Romolo Como, che aveva chiesto una sostanziale conferma della condanna di primo grado, ipotizzava una diversa conclusione.

La sentenza di appello andrebbe ad aggravare la posizione dell'ex capo del dipartimento nazionale di Protezione Civile, Guido Bertolaso. Il teorema è semplice: più si restringe la responsabilità della commissione, più aumenta quella di Bertolaso.

Ed è proprio il pg Como che segue il filone parallelo al processo alla Grandi rischi con Bertolaso unico indagato. Un filone che la Procura voleva archiviare. «Devo prima capire come si è arrivati a questa sentenza, leggerò il dispositivo e poi le motivazioni ma devo ritenere questo verdetto collegato a Bertolaso», spiega Como, «visto che il collegio ha concentrato le responsabilità sul vice capo della protezione civile De Bernardinis, evidentemente la cattiva informazione è stata ascritta alla Protezione civile e non agli scienziati. Quindi l'operazione mediatica tesa a rassicurare è stata attribuita non agli scienziati riuniti, ma al dipartimento».

Como lascia intendere anche che i tempi per il giudizio su Bertolaso si allungano. I giudici hanno 90 giorni per il deposito delle motivazioni: «Voglio valutare tutto, i miei pensieri sono a caldo».

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