La discarica dei veleni di Bussi, le prove dell'accusa “La Montedison sapeva, ecco il documento interno”
La requisitoria dei pm nel processo a Chieti sulla discarica: inquinamento già noto dalla fine degli anni ’60, nel ’72 l’amministrazione comunale chiese la rimozione dei rifiuti interrati e un documento interno "inchioda" l'azienda chimica
CHIETI. Tutti sapevano che il polo chimico di Bussi era una bomba ecologica nel cuore dell'Abruzzo. Lo sapevano molti cittadini, le cui denunce sono rimaste per troppo tempo sottovalutate. Lo sapeva il Comune di Pescara, i cui allarmi sono rimasti inascoltati. Lo sapeva la Montedison "incastrata", secondo le prime indiscrezioni sulla requisitoria dei pm nel processo a porte chiuse sulle discariche dei veleni, da un documento interno. I pm Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli lo hanno mostrato in Aula. Nel documento interno dell'azienda si segnalava che l'acidità delle scorie avrebbe potuto sciogliere i cassoni di cemento utilizzati per seppellire i rifiuti industriali nella discarica Tremonti.
È uno dei passaggi forti della requisitoria che ha anche denunciato come fino a tutti gli anni '60 il sito industriale chimico di Bussi abbia sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino. La Procura di Pescara ha anche reso pubblica una lettera inviata nel 1972 dal Comune di Pescara a firma dell'assessore Contratti ai vertici della Montedison di Bussi nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell'acquedotto Giardino che forniva l'acqua potabile a tutta la Val Pescara. Per i Pm questo dimostra come già allora si sapesse degli effetti letali dell'interramento dei rifiuti.
Da uno studio, ora agli atti della Corte, condotto dall’Istituto superiore di sanità, emerge che circa 700 mila persone, almeno sino al 2007, anno in cui la forestale sequestrò la discarica e mise i sigilli all’acquedotto, sarebbero entrate in contatto con sostanze inquinanti. Alla sbarra, con l’accusa di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso, ci sono 19 imputati quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison che vengono giudicati con il rito abbreviato. Per decenni la discarica sarebbe stata utilizzata per smaltire illegalmente rifiuti pericolosi, poi permeati nelle falde acquifere, tra cui cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni e metalli pesanti.
Intanto, Augusto De Sanctis, del Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua, parla di «notizie sconvolgenti». «Un’intera valle con due capoluoghi di provincia, Pescara e Chieti - afferma - è stata letteralmente massacrata dalla chimica. È urgente mettere in campo ogni azione per monitorare tutta la valle e avviare le azioni di disinquinamento».
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