l’inchiesta della procura, i retroscena 

La latitante pescarese tradita dai social e dalle telefonate

PESCARA. Era inserita nell’elenco dei 50 latitanti pericolosi redatto dal dipartimento Centrale della Polizia criminale del Ministero dell'Interno, ed è finita nella rete della procura di Pescara che...

PESCARA. Era inserita nell’elenco dei 50 latitanti pericolosi redatto dal dipartimento Centrale della Polizia criminale del Ministero dell'Interno, ed è finita nella rete della procura di Pescara che da alcuni mesi era sulle sue tracce. Romina Recchia, 49 anni, pluripregiudicata, con un mandato di arresto internazionale emesso dalla procura pescarese. È stata arrestata in Germania, a Duisburg, dopo sette anni di latitanza, dagli uomini della polizia tedesca coadiuvati dai carabinieri di Pescara che erano appunto coordinati in questa operazione dal procuratore aggiunto Annarita Mantini e dal sostituto Luca Sciarretta.
Un’operazione studiata nei minimi particolari e guidata dalla magistratura pescarese che da oltre tre mesi aveva avviato una serie di attività per arrivare a trovare dove si fosse rifugiata la latitante che aveva accumulato una lunga serie di condanne per un totale di 18 anni (per reati commessi in un arco temporale dal 2006 al 2017). Sentenze di condanna, molte delle quali passate ingiudicato, che l’avrebbero portata in carcere: di qui la decisione di far perdere le proprie tracce, lasciandosi alle spalle precedenti penali che riempiono pagine e pagine: quasi tutti per reati legati allo spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti e per evasione.
I due magistrati pescaresi, fecero prima formalizzare la dichiarazione di latitanza, per poi emettere il mandato di arresto internazionale.
Nel frattempo, sono state messe in campo tutte le attività utili e necessarie a rintracciare la donna, partendo in particolare dalle intercettazioni telefoniche (senza tralasciare le indagini svolte nei confronti dei familiari e amici che erano qui a Pescara), incrociate con una serie di attività investigative sui social e sui flussi di denaro che alla fine hanno permesso di individuare la donna in Germania. Una inchiesta che è andata a incrociarsi con una indagine che la procura di Chieti aveva avviato (qualche settimana dopo rispetto a quella di Pescara sulla latitante) per rintracciare la bambina di otto anni che la madre aveva sottratto dalla casa della nonna paterna. Comune denominatore, il fatto che la latitante altro non è che la zia della bimba e quindi la madre di quest’ultima aveva deciso di nascondersi in Germania in casa della parente dove è stata poi ritrovata nel momento del blitz delle forze dell’ordine tedesche e pescaresi (anche la madre della piccola nel frattempo era destinataria di un mandato di arresto europeo). Due indagini parallele che si sono quindi accavallate (con duplicazione di intercettazioni), ma che non hanno rallentato le attività di ricerca della latitante Recchia da parte dei magistrati pescaresi.
Insieme alla latitante, la polizia tedesca e i carabinieri del nucleo Investigativo di Pescara diretto dal capitano Giuseppe Sicuro e guidati dal responsabile del reparto Operativo dei carabinieri, il colonnello Giuseppe Saitta, hanno arrestato anche il compagno della donna che si trovava nella stessa casa: Halim Jahja, 48 anni, nato in Montenegro, ma residente a Spoltore, anche lui destinatario di un mandato di arresto europeo. Una operazione internazionale quella condotta dalla procura di Pescara, che ha permesso in un colpo solo di assicurare alla giustizia una latitante, il suo compagno e arrestare la madre della bimba sottratta nel maggio scorso a San Giovanni Teatino. (m.cir.)