La luce sui sotterranei dell'antica Pescara / Foto
Individuati nel 1973 e subito ricoperti, adesso c'è un progetto per restituirli alla città
PESCARA. Sotto qualche metro di terra umida, salvato da archi di mattoni cotti, c'è un pezzo di storia di Pescara: i resti dei sotterranei della fortezza spagnola. La scoperta, datata 1973, ha abbandonato facilmente la memoria di una città troppa impegnata in una disordinata crescita per curarsi del suo passato. A due passi dal mercato di Porta Nuova, tra il ponte di ferro ciclopedonale e quel che rimane del Bagno Borbonico, alcuni operai di una ditta che lavorava alla realizzazione del nuovo tracciato ferroviario individuarono un passaggio. Si calarono giù con una scala e trovarono dei locali abbandonati dagli anni immediatamemente successivi all'Unità d'Italia, quindi fine '800. Uno di loro ebbe la felice intuizione di avvertire Luigi Baldacci, pittore da sempre appassionato delle vicende pescaresi. Baldacci scattò alcune fotografie prima che il pertugio venisse richiuso in fretta e furia dagli operai a cui venne intimato di tacere.
Quelle affascinanti pellicole in bianco e nero, apparse già nel 1995, sono l'unica vera testimonianza di una parte del tesoro storico-culturale custodito nelle viscere di Pescara Vecchia. Siamo a poche decine di metri dal mosaico romano della golena del fiume che i sindaci D'Alfonso e Albore Mascia non sono riusciti a riportare degnamente alla luce e che solo da poco è stato messo in sicurezza.
Il nipote di Baldacci, l'ex presidente del consiglio comunale Licio Di Biase, autore di alcuni libri sulla storia di Pescara, ha da poco effettuato un sopralluogo informale sul posto insieme a un rappresentante delle Ferrovie di Stato. «Abbiamo individuato un posto dove si potrebbe scavare», dice Di Biase. «È mia intenzione chiedere all'amministrazione comunale un tavolo tecnico con Comune, Provincia, Soprintendenza ai Beni paesaggistici, Soprintendenza ai Beni archeologici e facoltà di Architettura, in modo da stabilire cosa fare. Poi, andremo in cerca dei mezzi finanziari necessari. Negli ultimi anni, Pescara ha acquisito una sensibilità che prima non aveva. È il momento giusto per restituire ai pescaresi una parte dell'antica fortezza borbonica».
In linea di massima, si parla di una struttura risalente alla metà del 1500, ma la cui progettazione è dell'inizio del secolo. Non si sa quanto sia estesi quei locali, nè la loro destinazione d'uso. Forse erano dei magazzini di merci, forse avevano uno scopo difensivo.
«Guardando le foto», aggiunge Di Biase, «mi viene da pensare alla struttura di San Clemente a Casauria. Di certo, la fortezza di Pescara era strategica per il regno delle Due Sicilie, ma invisa alla popolazione pescarese in quanto simbolo di oppressione. Adesso, l'amministrazione comunale ha l'obbligo morale di lavorare affinché i sotterrani vengano inviduati e il mosaico romano sia adeguatamente valorizzato. Ovviamente, non va neppure presa in considerazione la possibilità che il mosaico abbandoni la golena. Ricordo che sono già sparite delle antiche incisioni su pietra rinvenute a Rampigna, in quella che può essere una grande area archeologica». Ed è facile immaginare che tanta roba, a cominciare dalle armi, sia stata prelevata dal Bagno Borbonico. «Si dice sempre: "Pescara, città antica che non conserva testimonianze della sua storia". Bene, adesso abbiamo la possibilità di cominciare a invertire la tendenza».
In punto individuato per gli scavi è il terrapieno della ferrovia che sovrasta l'ingresso del ponte ciclopedonale. «Non mi sembra che ci siano particolari difficoltà tecniche», conclude Di Biase, «anche se non tocca a me stabilirlo. Per questo, in tempi brevissimi mi muoverò affinchè venga convocato un tavolo tecnico. Già mi vedo nei sotterranei. Un sogno? No, solo una manciata di anni fa, Pescara non sapeva nulla di Santa Gerusalemme, le cui antiche colonne adesso sono ben visibili davanti alla cattedrale di San Cetteo. Possiamo farcela».
Quelle affascinanti pellicole in bianco e nero, apparse già nel 1995, sono l'unica vera testimonianza di una parte del tesoro storico-culturale custodito nelle viscere di Pescara Vecchia. Siamo a poche decine di metri dal mosaico romano della golena del fiume che i sindaci D'Alfonso e Albore Mascia non sono riusciti a riportare degnamente alla luce e che solo da poco è stato messo in sicurezza.
Il nipote di Baldacci, l'ex presidente del consiglio comunale Licio Di Biase, autore di alcuni libri sulla storia di Pescara, ha da poco effettuato un sopralluogo informale sul posto insieme a un rappresentante delle Ferrovie di Stato. «Abbiamo individuato un posto dove si potrebbe scavare», dice Di Biase. «È mia intenzione chiedere all'amministrazione comunale un tavolo tecnico con Comune, Provincia, Soprintendenza ai Beni paesaggistici, Soprintendenza ai Beni archeologici e facoltà di Architettura, in modo da stabilire cosa fare. Poi, andremo in cerca dei mezzi finanziari necessari. Negli ultimi anni, Pescara ha acquisito una sensibilità che prima non aveva. È il momento giusto per restituire ai pescaresi una parte dell'antica fortezza borbonica».
In linea di massima, si parla di una struttura risalente alla metà del 1500, ma la cui progettazione è dell'inizio del secolo. Non si sa quanto sia estesi quei locali, nè la loro destinazione d'uso. Forse erano dei magazzini di merci, forse avevano uno scopo difensivo.
«Guardando le foto», aggiunge Di Biase, «mi viene da pensare alla struttura di San Clemente a Casauria. Di certo, la fortezza di Pescara era strategica per il regno delle Due Sicilie, ma invisa alla popolazione pescarese in quanto simbolo di oppressione. Adesso, l'amministrazione comunale ha l'obbligo morale di lavorare affinché i sotterrani vengano inviduati e il mosaico romano sia adeguatamente valorizzato. Ovviamente, non va neppure presa in considerazione la possibilità che il mosaico abbandoni la golena. Ricordo che sono già sparite delle antiche incisioni su pietra rinvenute a Rampigna, in quella che può essere una grande area archeologica». Ed è facile immaginare che tanta roba, a cominciare dalle armi, sia stata prelevata dal Bagno Borbonico. «Si dice sempre: "Pescara, città antica che non conserva testimonianze della sua storia". Bene, adesso abbiamo la possibilità di cominciare a invertire la tendenza».
In punto individuato per gli scavi è il terrapieno della ferrovia che sovrasta l'ingresso del ponte ciclopedonale. «Non mi sembra che ci siano particolari difficoltà tecniche», conclude Di Biase, «anche se non tocca a me stabilirlo. Per questo, in tempi brevissimi mi muoverò affinchè venga convocato un tavolo tecnico. Già mi vedo nei sotterranei. Un sogno? No, solo una manciata di anni fa, Pescara non sapeva nulla di Santa Gerusalemme, le cui antiche colonne adesso sono ben visibili davanti alla cattedrale di San Cetteo. Possiamo farcela».
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