La rabbia degli zingari: «Basta retate»
Svegliati all’alba per lasciare le case, prendono a calci e pugni le porte
PESCARA. «La volete smettere di fare i blitz alle 6 del mattino? Dobbiamo dormire!». Così polizia e carabinieri sono stati accolti ieri mattina negli appartamenti sgomberati a Rancitelli e Fontanelle. A raccontare l’aneddoto è stato Nicola Zupo, dirigente della squadra mobile e coordinatore del blitz. «Abbiamo ristabilito la legalità con un colpo a sorpresa», ha spiegato. E la sveglia all’alba non è affatto piaciuta ai rom che abitano a Fontanelle e Rancitelli.
A protestare sono state tanto le persone sfrattate, quanto i loro vicini di casa. Negli appartamenti affianco a quelli sgomberati vivono altri zingari, spesso dei parenti. Interi palazzi hanno mostrato la loro solidarietà alle “vittime” del blitz. Uomini, donne e bambini hanno lanciato accuse e insulti all’arrivo delle forze dell’ordine.
Al Ferro di cavallo, in via Tavo, il blitz è stato seguito in diretta da un folto pubblico che si è affacciato dai balconcini che danno sul piazzale interno. A guardare e commentare l’operazione delle forze dell’ordine state in particolare le donne. Gli uomini, con ancora il viso assonnato, sono scesi in strada e hanno osservato in disparte.
«Questa volta i giornalisti non gli avete portati?», ha gridato una ragazza pronta a dare spettacolo davanti a una telecamera o a una macchina fotografica. «Vi venga un cancro», si è sentito da un altro balcone.
Il tutto accadeva mentre nelle case degli sfrattati si vivevano scene tragicomiche. Gli zingari si sono premurati di mettere al sicuro gli oggetti a loro più cari: le tv al plasma da 40’ e gli impianti satellitari. Poi hanno cercato di fermare gli agenti. Una donna, in evidente sovrappeso, ha dichiarato di non poter lasciare la casa perché incinta. Quando gli agenti le hanno detto che sarebbe stata visitata da una ginecologa, lei ha fatto marcia indietro: «Comunque non sto male», ha detto e ha cominciato a fare i bagagli. Un’altra signora ha dichiarato di avere la malattia del momento: «Ho l’influenza A», ma la presenza di un medico ha fatto cessare le proteste.
In generale il blitz ha spiazzato i rom. Nessuno immaginava che tutta quella polizia fosse lì per degli sfratti. «Se mi devi arrestare dimmelo subito», ha gridato uno degli sfrattati al capo della mobile. E in alcune case si è arrivati al paradosso: «Se ti avessero dato i domiciliari, ora avremo ancora una casa», ha detto una donna al marito, reo di non essere stato abbastanza delinquente.
«Non si attendevano un’operazione di questo tipo», ha sottolineato Zupo. «Soprattutto erano certi che alla fine sarebbero riusciti a ritornare nelle loro case». Così non è stato. Dopo le forze dell’ordine sono arrivate le ditte di trasloco. Il mobilio degli sfrattati è stato caricato su delle autogrù, poi dei camion lo hanno portato in un magazzino messo a disposizione dall’Ater.
Quando i rom hanno capito di essere stati messi all’angolo, la reazione è stata violenta. In via Tavo gli sfrattati hanno rotto delle porte, frantumato bicchieri in terra, lanciato fuori dal balcone sale e zucchero. Il tutto accompagnato dai soliti insulti alle forze dell’ordine. «Ci siamo abituati», ha commentato l’ispettore Nicolino Sciolè. «La prossima volta saremo ancora più rapidi e incisivi».
A protestare sono state tanto le persone sfrattate, quanto i loro vicini di casa. Negli appartamenti affianco a quelli sgomberati vivono altri zingari, spesso dei parenti. Interi palazzi hanno mostrato la loro solidarietà alle “vittime” del blitz. Uomini, donne e bambini hanno lanciato accuse e insulti all’arrivo delle forze dell’ordine.
Al Ferro di cavallo, in via Tavo, il blitz è stato seguito in diretta da un folto pubblico che si è affacciato dai balconcini che danno sul piazzale interno. A guardare e commentare l’operazione delle forze dell’ordine state in particolare le donne. Gli uomini, con ancora il viso assonnato, sono scesi in strada e hanno osservato in disparte.
«Questa volta i giornalisti non gli avete portati?», ha gridato una ragazza pronta a dare spettacolo davanti a una telecamera o a una macchina fotografica. «Vi venga un cancro», si è sentito da un altro balcone.
Il tutto accadeva mentre nelle case degli sfrattati si vivevano scene tragicomiche. Gli zingari si sono premurati di mettere al sicuro gli oggetti a loro più cari: le tv al plasma da 40’ e gli impianti satellitari. Poi hanno cercato di fermare gli agenti. Una donna, in evidente sovrappeso, ha dichiarato di non poter lasciare la casa perché incinta. Quando gli agenti le hanno detto che sarebbe stata visitata da una ginecologa, lei ha fatto marcia indietro: «Comunque non sto male», ha detto e ha cominciato a fare i bagagli. Un’altra signora ha dichiarato di avere la malattia del momento: «Ho l’influenza A», ma la presenza di un medico ha fatto cessare le proteste.
In generale il blitz ha spiazzato i rom. Nessuno immaginava che tutta quella polizia fosse lì per degli sfratti. «Se mi devi arrestare dimmelo subito», ha gridato uno degli sfrattati al capo della mobile. E in alcune case si è arrivati al paradosso: «Se ti avessero dato i domiciliari, ora avremo ancora una casa», ha detto una donna al marito, reo di non essere stato abbastanza delinquente.
«Non si attendevano un’operazione di questo tipo», ha sottolineato Zupo. «Soprattutto erano certi che alla fine sarebbero riusciti a ritornare nelle loro case». Così non è stato. Dopo le forze dell’ordine sono arrivate le ditte di trasloco. Il mobilio degli sfrattati è stato caricato su delle autogrù, poi dei camion lo hanno portato in un magazzino messo a disposizione dall’Ater.
Quando i rom hanno capito di essere stati messi all’angolo, la reazione è stata violenta. In via Tavo gli sfrattati hanno rotto delle porte, frantumato bicchieri in terra, lanciato fuori dal balcone sale e zucchero. Il tutto accompagnato dai soliti insulti alle forze dell’ordine. «Ci siamo abituati», ha commentato l’ispettore Nicolino Sciolè. «La prossima volta saremo ancora più rapidi e incisivi».